Wednesday, June 30, 2010

Not even in July



l’autentico,diretto, immediato frutto della consapevolezza è precisamente l’inerzia, ovverosia lo starsene-li-con-le-mani-in-mano.tutte le persone spontanee e gli uomini d’azione sono tali appunto perché ottusi e limitati.

Sono 56 ore che non dormo. Fa un caldo stomachevole per anche pensare soltanto di dormire. Quattro giorni che assumo calorie solo tramite alcol. Non è male come dieta, ce la posso fare credo ancora per un paio di giorni. Ho camminato per un'ora e mezza senza fermarmi, stasera, se non dieci minuti in un kebab per una birra tiepida e qualcosa da mangiare. La città era completamente deserta come dopo la terza guerra mondiale, eccetto per una macchina che mi passava accanto a intervalli regolari. Una buona macchina da guidare dopo una guerra. Nel kebab faceva un caldo torrido, e dentro c'era il mondo: uno slavo alto due metri, un rasta piccolino e due turchi, ovviamente. Sono uscito di corsa stringendo le mani in tasca, ho stretto il rosario che mi aveva regalato Skip, quel rosario lo terrò in tasca fino al giorno della mia morte. Non perderò anche questo, di rosario.



Messy hearts made of thunder

Nel mio i-pod sono rimasti solo due dischi, gli altri stranamente si sono cancellati. Uno è stato registrato in una chiesa dalle parti di Hudson, NY. Puoi sentire anche il respiro del cantante mentre le corde della chitarra si tirano. Not Even in July, il cantante si chiama JMB. Archi, violini, l'orchestra sulla porta del paradiso. La voce si riverbera tra le arcate di una chiesa probabilmente inesistente. La musica si fa sottile come il soffio dell'anima. Per chi ce l'ha ancora l'anima. L'altro disco nel mio i-pod urla sguaiatao, si impone prepotente: Mojo! Mojo! L'ho comprato dal Reverendo Zombie giù a New Orleans. Urla questo disco il sacro verbo del blues all'acido ingoiato in un garage, in una cantina, canned heat purissimo. E' il canto del demonio, ma in questo caldo appiccicoso è l'unica cosa da mandare già mandruppato con qualche sostanza illecita. Tom Petty il Seminole, Tom Petty e i Cuori Spezzati, troppa grazia Tom Petty non ci meritiamo dischi come questo. Mojo! tutta la notte, baby, steso sul divano davanti alle pale che girano maleducatamente inventandosi una brezza d'aria, JJ Cale, aspettando l'ultima alba.




The reason I write

is to make something

as beautiful as you are

When I’m with you

I want to be the kind of hero

I wanted to be

when I was seven years old

a perfect man

who kills


A proposito di luglio, avevo due chance per questo mese di luglio, per finire un libro che ormai comincio a pensare non finirò mai. Potevo andare a finirlo a New Orleans, ma ho avuto paura di incontrare veramente il Reverendo Zombie. Potevo andare a finirlo a Londra, ma ho avuto paura, semplicemente. Così resto a casa, da solo. Non credo che finirò il libro, comunque. Credo che se lo dovessi finire veramente, succederà qualcosa. E io non voglio che succeda quella cosa, almeno per adesso.

Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.

Non so dove sarò, ma ci sarò presto, molto presto. Da quando ho scoperto che il mio vicino di casa, il nuovo vicino di casa, ascolta i miei stessi dischi (Midlake, Tallest Man on Earth, la colonna sonora di Once) ho capito che i miei giorni sono contati. Mi stanno venendo a prendere. In quell'appartamento di fianco al mio non c'è nessuno in realtà. Ci sono io che sto aspettando me stesso, ma ancora non ci vogLio entrare là, in quell'appartamento. Ho un libro da finire. E devo incontrare questa persona, so che è da qualche parte che mi aspetta.

Thursday, June 24, 2010

La piazzetta (dei miracoli)

Che mese di giugno. Pieno di anniversari e rimembranze assortite. Il 15 giugno di 45 anni fa Bob Dylan ultimava le registrazioni della più grande canzone rock di tutti i tempi, Like a Rolling Stone. Il 24 giugno sempre di 45 anni fa i Beatles suonavano a Milano per l'unica volta. Il 21 giugno di 25 anni fa Bruce Springsteen suonava in Italia per la prima volta (io c'ero). Il 27 giugno di 48 anni fa io nascevo (e c'ero anche quella volta. Purtroppo ci sono ancora). Oggi 24 giugno la nazionale italiana è stata eliminata dai mondiali al primo turno, cosa che non succedeva dai mondiali del 1974 che me la ricordo bene Italia-Haiti e io che andavo in camera da letto a piangere sul mio lettino da dodicenne. Oggi non piango più per le eliminazioni dai mondiali. Come dice il mio amico Simo, solo la Juve poteva fare due punti con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia.

Chissenefrega. Il bello del tempo che passa è che ci dice continuamente che noi non apparteniamo al tempo e che il tempo non ci appartiene. Tutto va, scorre e niente si ferma. Time is a jet plane, it moves too fast, e questo ci dice semplicemente che la vita non ci appartiene e non ce la diamo noi. Siamo - piuttosto - molto bravi a scartare di lato e a inventarci distrazioni di ogni tipo. Ha ragione Dylan, come sempre:

Most of the time
I’m halfway content
Most of the time
I know exactly where it went
I don’t cheat on myself, I don’t run and hide
Hide from the feelings that are buried inside
I don’t compromise and I don’t pretend
I don’t even care if I ever see her again


Come Dylan, sto imparando anche io a non fare compromessi e non pretendo più nulla dal tempo che mi resta. Stasera ad esempio passavo per la solita piazzetta vicino a cui prendo il metro ogni sera dopo il lavoro. La mia amica Anna mi aspettava sula scalinata della grande chiesa. Nell'ora degli happy hour in cui ti ingozzano di schifezze per cifre spropositate e devi fare a botte per prendere un drink, qua c'è un sacco di gente seduta sulle scalinate che beve e mangia tranquilla. In mezzo alla piazzetta un buffet. Chiedo, dove faccio lo scontrino? Il barista, faccetta buffa e vestito elegante come non glielo avevo mai visto prima (ogni tanto quando esco dall'ufficio, sulla mia strada verso casa mi fermo a bere un calice di vino) sorride e mi dice: stasera non si paga. Lei ogni tanto venendo nel mio bar mi ha aiutato. La ringrazio. Offro io stasera.
Be', nella Milano dei tanti cialtroni c'è ancora gente dabbene. Un gentleman, direbbero a Londra. Fa bene sentirsi dire che hai aiutato qualcuno, che anche se non è vero nella fattispecie, sai che quel signore lì ha il senso della gratitudine. Io e Anna ci sediamo sui gradini con un paio di drink. La gente intorno ha belle facce. Dei bambini sulla scalinata giocano a un due tre stella. Il tempo sta passando anche stasera. Il tempo e questa vita che non ci appartengono. Ma il tempo si è anche fermato stasera. Quel signore del bar e questa gente stasera non sono di questo mondo, non hanno il senso del tempo. Sliding doors, si direbbe.
Vabbè. L'unica cosa che mi girano le palle a manetta è che il giorno del mio compleanno Paul McCartney suona a Londra. Ho fatto solo un altro rock'n'roll birthday nella mia vita, il 27 giugno 1993 quando Bob Dylan fece un fantastico concerto a Milano, il più bel concerto di Dylan a cui ho mai assistito. Paulie ci sarebbe stato bene, ma va bene così. Most of the time. Mi sto organizzando per il 50esimo. Spero che il 27 giugno del 2012 ci sia un concerto di Elvis, da qualche parte. Quello sarebbe da non perdere veramente.

Mmmm. Mi sa che stasera ho finito anche le canzoni. Non ne ho più nessuna da postare. Meglio così,non ho più nessuno a cui dedicarne una stanotte. A parte il piccolo barista della piazzetta dei miracoli. Lascio parlare Nick Hornby, lui sì che se ne capisce di musica. Ci vediamo in piazzetta, qualche sera. La prossima volta offro io.

I love the relationship that anyone has with music: because there’s something in us that is beyond the reach of words, something that eludes and defies our best attempts to spit it out. It’s the best part of us, probably, the richest and strangest part…

AGGIUNTA DELL'ULTIMA ORA: evidentemente ho dei santi in paradiso, il concerto di Paulie del 27 giugno in diretta su youtube, meglio che quello che sapete già

Monday, June 21, 2010

Be Yourself

Is the image I'm making
The image I see
When the man in the mirror
Is talking to me

(Graham Nash, Man in the Mirror)




Era considerato l'anello debole di CSN&Y, ma ha scritto, nella sua semplciità, un sacco di belle canzoni. In un momento di grazia, tra il 1969 e il 1971, quando le incideva con CSN nel loro primo disco, nel 1970 con CSN&Y su Deja Vu, e nel 1971 per il suo primo disco solista, lo splendido Songs for Beginners, ne scrisse la maggior parte. Per me le canzoni più belle di Graham Nash sono nel disco di CSN uscito nel 1977, ma quella è un'altra storia che ho già raccontato su questo blog da qualche altra parte.

"BE YOURSELF" GRAHAM NASH 2010 TRIBUTE ADVANCE EPK #2 promo from (((folkYEAH!))) on Vimeo.



Che le canzoni di Nash fossero davvero belle e non un'illusione di quei giorni da hippy californiani, lo dimostra il tributo che un manipolo di indie folk dei giorni nostri ha deciso di pubblicare. Si intitola Be Yourself e dentro, a rifare per intero Songs for Beginners, ci sono gente come Bonnie ‘Prince’ Billy, Robin Pecknold (dei Fleet Foxes), Brendan Benson (dei Raconteurs), Vetiver, Alela Diane, Sleepy Sun, Mariee Sioux & Greg Weeks (degli Espers), i Port O Brien con i Papercuts, The Moore Brothers e anche la figlia di Graham, la brava Nile Nash. Il risultato è un disco delizioso e caldo, come il sole di California. E se i raggi di quel sole non arrivano fino a qua, le note di queste canzoni bastano e avanzano per riempire il cuore. Che non è mai abbastanza.

Friday, June 18, 2010

E' questo, il mare?

Uomo libero, amerai sempre il mare. il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito dell’onda che rotola
Baudelaire



Per uno che è stato battezzato alla musica al suono di una chitarra acustica, un violino, basso, batteria e due voci, di uomo e di donna che duettano, si rincorrono, si amano, ogni disco dal suono analogo e dal tentativo pressocché identico dovrebbe avere valore di immaginetta sacra. Il disco del battesimo è sempre quello, Desire, Bob Dylan, anno di grazia 1976. Il disco immaginetta, ascoltato, abbandonato, ignorato, poi ritrovato e adesso amato alla follia (grazie, come sempre a The Mighty Diana) è Is It the Sea?, di Bonnie Prince Billy, l'anno è il 2008. Registrato live in Scozia con musicisti locali, ha il medesimo sound: una chitarra acustica, un violino, basso, batteria e due voci, di uomo e di donna che duettano, si rincorrono, si amano.

Il titolo, non so perché Bonnie Prince lo abbia intitolato così, ma è quanto di più aderente alla musica che scorre nel disco. Come le onde del mare, che si abbattono sulla riva languide e dolenti, poi si innalzano furiose, così è la musica di queste canzoni dal fascino evocativo immenso. E' questo il mare? Sì lo è. E per uno che al mare ci è nato, e che ogni giorno lo rimpiange e un giorno spera di tornarci a morire, davanti a quel mare, questo "è" il disco. Come tutto è cominciato, per me, con Desire, tutto adesso potrebbe finire con Is It the Sea? E' il mare, questo, della vita, che contiene lo schiacciante desiderio del cuore, infinito come il mare. "Time is an ocean, but it ends at the shore", cantava Dylan nei solchi di Desire.
"In the night time when you feel me And the backs of your knees conceal me And your eyeballs unreal me Love comes to me" canta Bonnie Prince Billy. Più o meno la stessa cosa. Come dice una mia amica, "L’unica cosa che conta davvero è quello che rimane nel tempo. Noi siamo e rimaniamo, oltre". Come il mare. Che rimane nel tempo. E oltre il tempo.

Wednesday, June 16, 2010

The Little Bastard


Era il 1999, credo, quando un manipolo di prodi giornalisti - o imbucati, fate un po' voi - si imbarcò su un aeroplanino direzione Francoforte sul Meno. Non Reno, Meno. Obbiettivo: un concerto del Little Bastard in persona, John Mellencamp, anche noto come John Cougar. In Italia, dopo essere stato ospite di Pippo Baudo in giovane età, aveva giurato di non rimetterci mai più piede, e la promessa l'aveva proprio mantenuta. Così ci selezionarono fra le menti più acute della critica musicale, tra cui yours, the good doctor, e Zambo Voodoo Zambo, e ci portarono a questo localino in pieno centro medievale della città tedesca. Gran concerto fu, con carrellata di tutti i suoi pezzi migliori, band portentosa e gran divertimento, inclusa secchiata d'acqua in testa agli spettatori delle prime file. Una gran festa rock'n'roll, e delle migliori.



Una sorta di rock'n'roll party ci fu anche dopo l'esibizione, anzi un after show party. Tra cibarie e bevandaria e i membri della Mellencamp band in mezzo a noi. Ovvio, io mi fiondai addosso alla bella violinista Miriam non rircordoche, che mi gelò con un "Ah sei tu, il giornalista greco di cui mi ha parlato John...". Greco? Parlato di me? (avevo intervistato Mellencamp al telefono qualche giorno prima). Vabbè, l'importante fu arrivare al sodo. John no, lui non si mischiò fra i comuni mortali, ma a notte inoltrata ci portarono in una saletta nascosta dove, quasi fosse il papa, ci aspettava The Little Bastard per fare udienza. Un po' imbarazzante per tutti, ma in fondo divertente. Soprattutto sapendo che i giornalisti inglesi non erano stati invitati all'evento perché uno di loro aveva scritto male cose del nuovo disco di Mellencamp, e lui li aveva banditi dalla guest list dell'evento. Davvero un little bastard.



Il mio vero after show party ci fu però dopo, quando tornai nella mia lussuosa - o lussuriosa - camera d'albergo già abbondantenente bevuto. Sfasciare una camera d'albergo è l'apoteosi del rock'n'roll lifestyle e tutti almeno una volta nella vita dovrebbero farlo. Io però lo feci perché nel tentativo di scolarmi l'intero frigo bar presente in camera, non riuscendo date le mie condizioni a trovare il cavatappi, mi misi ad aprire le bottiglie contro il davanzale della finestra spaccandolo esattamente a metà. Visto l'andazzo, concludere l'opera di devastamento alberghiero fu semplice obbligo di procura. Il mattino dopo ci aspettava un violo all'alba per cui avrebbero scoperto il malfatto solo quando avremmo superato i patrii confini. Credo che la casa discografia di John abbia poi ricevuto un conto abbastanza salato.

Tutto questo sproloquiare per segnalare apposito link alla recensione di "The Rural Route 7609", bellissimo cofanetto non antologico di John Mellencamo in uscita nei prossimi giorni. Ascoltare questo cofanetto è stato davvero emozionante: riscoprire una delle voci più autentiche d'America una gran gioia. Se poi decidessi di venire a suonare in Italia, non ci farebbe schifo e non ci costringerebbe a distruggere stanze di alberghi tedeschi...
JOHN MELLENCAMP/ "On the Rural Route 7609", nel nuovo cofanetto 30 anni di storia del rock | Pagina 1

Friday, June 11, 2010

Mr Bojangles

Behind every beautiful thing there’s been some kind of pain

Le mani. Gli occhi e le mani. La voce, naturalmente. E le mani. La voce, l'armonica soffiata con disprezzo, perché troppa è l'urgenza del canto - apocalittico, iracondo, dantesco. Ma le mani. Il cantante senza la chitarra, che fa da scudo tra la sua persona e il pubbliico là davanti. Il cantante senza la chitarra è nudo. Deve difendersi: dal pubblico, dalla canzone, dai demoni che infestano quel palco quella sera in quella città. Si difende con le mani. "Dissi a Bob, Bob usa di più le tue mani" racconta Patti Smith. "Quando eri giovane, negli anni Sessanta, osservavo le tue mani incantata, le tue mani che usavi lasciando la chitarra. Usa le tue mani Bob". Patti si riferiva a quelle immagini dal film Eat the Document, adesso conosciute da tutti, quando durante il tour inglese del 1966 Dylan non conteneva se stesso. La musica lo traforava e debordava e allora lui usava le mani. Portandole alla bocca come un megafono per urlare, se possibile. di più. Questo era il 1966, ed è quasi 45 anni fa. Poi era il 1975, ed è 35 anni fa. Ma oggi è il 2010, ed è adesso. Le mani.


Bob Dylan - Isis (Live 1975)

Stephen | MySpace Video



La canzone del 1975 era Isis, la violenza davanti all'amore che non riusciamo a possedere. La canzone del 2010 è Not Dark Yet, non è ancora buio, ma quasi. Allora aveva 34 anni, adesso ne ha 69. Allora era giovane, adesso è anziano. Ma le mani. Eccole, le mani. Adesso che la chitarra non la può più usare perché le mani fanno male. Le ha sacrificate, le mani, per la musica, la buona musica. E l'armonica. Si dondola dolcemente al tempo della musica malinconica, l'anziano cantante. Adesso lui è diventato Mr Bojangles, il ballerino di colore che danza, danza per il giovane e per il vecchio, per la ragazza e la madre abbandonata, per il santo e il peccatore. Mr Bojangles. E' di nuovo nudo senza la chitarra, ma adesso non ha bisogno di farsi scudo, di difendersi. E le mani ballano anch'esse dolcemente al tempo della musica che è mestizia, che è dolore, ma che è pace. Perché dietro a ogni cosa bella c'è un po' di dolore. La guerra è finita. La corsa, quasi. Non è ancora buio, ma ci siamo vicini. La bellezza cammina sul filo del rasoio, e questo signore l'ha già fatta sua. Quel giorno è vicino, ormai. L'amore gli verrà incontro sorridendo, perché nessuno lo possiederà più. L'amore è tutto in tutti, adesso, e il poeta lo sa. Mr Bojangles.




Ma il poeta va anche in bicicletta, ogni tanto. Non centra niente, ma va bene lo stesso, a questo punto.

http://www.cas.sk/minigallery/196588?foto=0

Tuesday, June 08, 2010

Welcome (back) to the Hotel California

Non potrai mai andartene veramente di qui, cantavano gli Eagles. Da quell'hotel California che da sogno sognato si era trasformato in incubo. Dall'hotel California si poteva andare via solo in due modi: dentro una cassa da morto, come avrebbe fatto Warren Zevon, o negando l'esistenza dell'hotel stesso, come hanno fatto gli Eagles per circa trent'anni. Di fatto, ci sono rimasti intrappolati dentro, Don Henley e compari, in quella sorta di Overlook Hotel pieno di presenze maledette. Ma il fascino di quel posto deve essere tale che ogni tanto qualcuno prova a riaprirne le porte cadenti e a darci un'occhiata dentro. Ci troverà solo fantasmi, un Jack Nicholson impazzito e l'eco di una canzone.



L'ultimo che ha sfidato la sorte per vedere cosa c'era dentro, è questo tipo matto che si fa chiamare Phosphorescent ma in realtà si chiama Matthew Houck. Quel soprannome bizzarro gli serve probabilmente da amuleto per scacciare i demoni. Lo aveva già fatto pagando tributo a un vecchio cowboy, in quel gran bel disco che si chiamava To Willie, amorevolmente dedicato a Willie Nelson e a tutti gli outlaw heroes del Texas. Adesso sfida Eagles, California e Jackson Browne sin dal titolo, che fa il verso al secondo inno della West Coast e cioè Take It Easy. Il suo nuovo disco si chiama Here's to Taking Easy, dedicato al prendersela con calma. E il disco è un viaggio alcolico, strambalato ma pieno d'amore per quei suoni di California che non esistono più. Canzoni che hanno del country solo l'amarezza post sbornia, il sentimento, ma che si sfilacciano nel tentativo di stare in piedi. Chitarre che riecheggiano le note "on the beach" di un altro santone di quei posti là, Neil Young, per finire in gloria nell'esplosione lunghissima, acida, contorta, degna delle pagine migliori di Time Fades Away così come di Hotel California, che è la conclusiva Los Angeles. Sogno o incubo, l'hotel california ha di nuovo chiuso i battenti. Per un po'. Avanti un altro.

Sunday, June 06, 2010

Sunday morning music

Tra le outtake di Exile on Main Street c'è un brano straordinario, come si saranno accorti tutti quelli che le hanno ascoltate. Giustamente, di quel brano ne hanno fatto anche un bellissimo videoclip ufficiale che recupera lo spirito del Sud degli States di cui è intriso Exile. E' Following the River, straordinaria ballata country soul intrisa di umori gospel e vibrazioni black, con un Mick Jagger che quasi non riesce a raggiungere le note che vorrebbe tanto è trasportato lui stesso in quel luogo magico dove solo la grande, grandissima musica può portare. Combatte, Jagger, una battaglia fra la sua condizione limitata di essere umano e l'esplosione di bellezza cosmica che lo sta attraversando grazie alla musica che gli scorre dentro e intorno. Ma il risultato è formidabile lo stesso, forse proprio perché il cantante non riesce a esprimere totalmente quello che vorrebbe, con la sua voce. Conoscendo la meticolosità del cantante degli Stones, Following the River fu scaratata probabilmente per questo, perché non è una esecuzione tecnicamente perfetta. La domanda che ci si pone però: come diavolo gli Stones non hanno mai pensato di recuperare un pezzo di siffatta bellezza in qualche disco successivo, o come fa uno che ha scritto un tale brano, a non scriverne più di uguale portata? Una risposta, in realtà, c'è.



Nel 1993 Mick Jagger pubblicò l'unico disco veramente bello tra i suoi solisti. Si intitolava Wandering Spirit e seppure in una produzione troppo patinata, conteneva un sacco di splendide canzoni, tutte degne d finire in un grande disco degli Stones. Fra queste due bellissime ballate country soul, Wedding Gown e Hang on to me Tonight. Ricordo che comprai questo disco appena uscì e mi trovavo a Londra, non so perché lo feci, ma lo comprai. Ascoltando Following the River la prima volta mi è sembrato subito di sentire una linea melodica che già conoscevo. Poi un breve verso, "the cards are on the table". Ecco. E' stato allora che ho riconosciuto Hang on to me Tonight come la naturale evoluzione di Following the River. C'è anche lo stesso verso, "the cards are on the table". Evidentemente Mick Jagger si è portato nel cuore per vent'anni Following the River. Anche lui, dopo tutto, sapeva che vent'anni prima aveva scritto una canzone straordinaria, troppo bella per dimenticarsela. Adesso le abbiamo tutte e due, e non c'è musica della domenica mattina migliore di questa.

Saturday, June 05, 2010

I shall be released


"Your article could, quite literally save a life". Il tuo articolo potrebbe letteralmente salvare una vita. Uhm. Già. Quella che mi ha appena scritto queste parole via e-mail non è la solita rock star a cui sono avezzo da un ventennio a questa parte, e non stiamo parlando di consigli su come smettere di bere o peggio. E' il presidente di una delle più importanti organizzazioni di assistenza ai malati di cefalea a grappolo, una donna di 44 anni che soffre anche lei di quella malattia così come ne soffre uno dei suoi figli. Che cos'è la cefalea a grappolo non ne ho più voglia di parlarne, mi è pesato abbastanza leggerne e vedere dei video mentre facevo ricerche per quest'articolo. Ne trovate abbastanza su wikipedia, se volete saperne. E' comunque una terribile malattia bastarda, così bastarda che la chiamano anche "mal di testa da suicidio", perché la gente che ne soffre arriva a un tal punto di disperazione da suicidarsi. Non se ne conoscono tutt'oggi le cause scatenanti né si conoscono cure adeguate e ufficialmente valide.

Helen, comunque, mi ci sono imbattuto per puro caso quando in redazione, visto che siamo sempre abituati a fare i fenomeni, abbiamo detto, ci vuole una bella intervista, ma ci vuole un esperto americano della faccenda. Poi ho intervistato anche un esperto italiano, che conosceva anche lui l'OUCH, l'organizzazione di cui Helen è presidente e che anche lui ha definito questa associazione il miglior aiuto che esista al mondo per questi poveri malati. Helen doveva solo essere un'altra di tante interviste, si è trasformata nei giorni in qualcosa di più. "Nessuno mi aveva fatto domande così profonde e appassionate su questa malattia", mi ha detto ad esempio Helen. Il fatto è che non capita tutti i giorni sentirsi dire che un tuo articolo può salvare la vita di qualcuno. E' una bella responsabilità. E' vero che noi "rocker" siamo soliti dire che una canzone può salvare la vita, e che "l'altra notte un dj mi ha salvato" anche lui "la vita", ma sono in fondo frasi buone appunto per una canzone, foss'anche di un genio come Lou Reed. Una canzone non può salvare la vita, al limite renderla più sopportabile. Be', a dire il vero negli ultimi due mesi la musica forse non mi ha salvato la vita, ma certamente ci è andata vicina, molto vicina, ma questa è un'altra storia che nessuno ha voglia di sentire.

Io non credo che neanche un articolo di giornale possa salvare una vita, eppure Helen ci crede: "Mi è capitato spesso di parlare con gente così depressa da pensare veramente al suicidio come la sola possibilità di uscire dal dolore. Poi è capitato loro di leggere un articolo sulla cefalea a grappolo e hanno capito che non erano dei pazzi, condannati a un dolore insopportabile. Il fatto che tu abbia scritto un articolo sul una tale condizione orribile, una condizione che molte persone non sanno capire e con cui non sanno come comportarsi, aiuterà molte persone e molte famiglie a capire e a esserne aiutate. Non succede spesso che un articolo di un giornale possa cambiare la vita di una persona, ma te lo posso garantire: il tuo articolo riuscirà a farlo".

God bless you Helen, dovunque tu sia.

The Organisation for the Understanding of Cluster Headaches
www.ouch-us.org

Wednesday, June 02, 2010

A streetcar named Desire

"There's no facet, no aspect, no moment of life that can't be improved with pizza"
(Daria Morgendorffer)


C'è un murale enorme, vicino al mio ufficio. C'è su il faccione enorme, sdoppiato di Elvis Presley. Mi domando cosa ci faccia il re del rock'n'roll, l'icona pop di Andy Warhol a pochi metri da uno dei tesori più emozionanti dell'architettura religiosa milanese, che poi è proprio di fronte agli unici resti della Roma imperiale. Probabilmente si sta chiedendo anche lui, Elvis, cosa ci faccia lì sopra, sopra alle facce beote dei milanesi da happy hour che manco alzano lo sguardo e manco si sono accorti di lui. Comunque.

C'è un vento del cambiamento che spazza via il cielo di Milano stamattina, e spazza le stradine oggi deserte per festività del centro mentre passo per la piazza più bella di questa città sporca, davanti a una madonnina sul muro d'angolo del mio bar da colazione che a differenza dell'Elvis gigantesco è tutta scolorita e abbandonata. C'è un oroscopo che dice che un cambiamento drammatico senza possibilità di errore sta arrivando. E' tutta la vita che lo aspetto, il vento sta cambiando. In quella piazza ci furono miracoli un tempo, quando ancora i miracoli accadevano.

C'è una ragazza triste oggi da qualche parte, e ce ne è un'altra che balla da sola davanti a un muro in rovina sui pochi metri di prato disponibile. "Sono brutta oggi" dice la ragazza triste. Non è possibile essere brutte. C'è l'amore che non esiste più e mai è esistito, e c'è l'amore a cui darsi perché da soli non si può stare. C'è chi desidera l'impossibile e fa bene a desiderarlo e ci sono lacrime su questa lettera che scrivo. La persona che ami e quella che ti ama non saranno mai la stessa persona, è ovvio.



C'è un'amica che mi manda una foto di un cielo di una bellezza impossibile da qualche parte sopra un lago vicino, un cielo impossibile come il desiderio che abbiamo. E ci troviamo d'accordo che il paradiso è già cominciato, adesso. Possiamo dirlo, perché siamo stati all'inferno e ne siamo tornati. E lasciatecelo dire, fu bellissimo.

C'è una canzone fissa sul mio i-pod da giorni ormai. E c'è una chiesa nel Texas dove questa rock'n'roll band la sta suonando. Sopra di loro una croce enorme. C'è un verso con cui inizia questa canzone, e mai canzone cominciò in modo più adeguato e perfetto: "I’m fixing a drink in the morning with the wavy jar".



(Special thanx to Bob Dylan, Louis Borges, Chuck Palahniuk e il cielo sopra Milano)

Post scriptum: ieri notte quando ho biascicato queste cose e soprattutto il titolo del post, non sapevo che uno dei miei songwriter preferiti ha un disco nuovo in uscita. In cui c'è questa canzone. Di cui c'è già il videoclip. Coincidenze? I don't think so. We believe in magic, ya know.

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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