tag:blogger.com,1999:blog-287250102024-03-07T17:02:13.709+01:00The Red River ShorePaolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.comBlogger875125tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-52303627765228089852018-10-08T11:02:00.000+01:002018-10-08T11:02:00.422+01:00Sangue nei solchi del cuore“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più grande scopritore di talenti della storia della musica (tra i tanti, Count Basie, Aretha Franklin, Charlie Christian, Billie Holiday, Bruce Springsteen e ovviamente Bob Dylan). Sta parlando con il produttore Phil Ramone, fondatore e proprietario di quelli che allora sono i più importanti studi discografici di New York, gli A&R Recording, che si trovano dove erano gli studi di registrazione della Columbia negli anni 60, e dove Dylan registrò i suoi capolavori, da Freewheelin’ a Highway 61. <br />
<br />
Hammond è perentorio, non ci sono alternative: Dylan è appena tornato alla Columbia, sua casa discografica storica, dopo un anno di esilio alla Geffen. Deve registrare un capolavoro o niente e ancora una volta Hammond sa già che sarà così. E’ la metà di settembre del 1974, e qualcosa di ancor più che magico verrà “catturato”. <br />
<br />
Questa è una storia che però comincia prima, esattamente il 14 febbraio precedente, quando Dylan scende dal palco del Forum di Inglewood, Los Angeles, dove è terminato l’ultimo concerto di quello che è stato chiamato il “Comeback tour”. <br />
<br />
Dopo otto anni di lontananza dai concerti, a parte qualche apparizione sporadica, il cantautore è tornato a fare un tour, per di più con gli storici accompagnatori di The Band, gli stessi che erano con lui durante l’ultima sua tournée, quella del 1966. Cinque milioni e mezzo di persone, il 7% della intera popolazione americana, aveva fatto richiesta per uno dei circa 500mila posti disponibili per uno dei 40 concerti previsti. Il tutto per una durata di un mese e 11 giorni (diversi concerti si tennero in due appuntamenti in un giorno solo, al pomeriggio e alla sera) in 21 città da una costa all’altra dell’America. Un successo stratosferico, un ritorno atteso come la seconda venuta di Gesù sulla Terra. L’unico che mentre scende le scale del palco è a disagio, insoddisfatto, è lui, Bob Dylan. Quel tour gigantesco, a bordo di jet privati, limousine, suite principesche negli alberghi, guardie del corpo, lo ha lasciato interdetto. Non sono più gli anni 60, pensa, “quando ci divertivamo”. Il mondo della musica degli anni 70 è invece un enorme business. A Dylan questo non basta.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/ekseenAzRRY" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Ma non ci sono solo motivi artistici dietro il suo malumore. Il rock’n’roll può essere pericoloso per le persone sposate. Perché un matrimonio resti in piedi, c’è bisogno di una buona dose di compromesso da entrambe le parti. Per otto anni Dylan è stato il marito e il padre di famiglia perfetto, lassù a Woodstock. Nello stesso tempo la sua vena artistica è andata scomparendo realizzando dischi insulsi di country melenso. Dylan e Sara Lownds, una ex pin up di Playboy che aveva divorziato dal marito fotografo dopo aver avuto da lui una figlia, si erano sposati in gran segreto il 22 novembre 1965, così segretamente che quasi nessuno lo sapeva, neanche le tante amanti e groupie che Dylan aveva a New York. Per molte di loro fu uno shock scoprirlo. <br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/10/6/BOB-DYLAN-More-Blood-More-Tracks-quel-sangue-sui-solchi-che-non-ha-mai-smesso-di-scorrere/842251/">clicca su questo link per continuare a leggere l'articolo</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-60513281008701050842018-09-28T10:17:00.001+01:002018-09-28T10:17:49.214+01:00When Jokers Attack / Sailor - The Brian Jonestown Massacre live in Castl...<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="https://www.youtube.com/embed/EL1lfvnSSsE" width="480"></iframe>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-20361153377590015232018-09-28T10:15:00.001+01:002018-09-28T10:23:16.805+01:00When Jokers Attack, i BJM alla Santeria di MilanoCon album che si intitolano Their Satanic Majesties’ Second Request, My Bloody Underground, Who Killed Sgt. Pepper’s (ma il nostro titolo preferito è senz’altro Thank God for Mental Illness, “grazie a Dio per la malattia mentale”), appare subito chiaro dove hanno sempre guardato i Brian Jonestown Massacre. A un revisionismo sonico che fa i conti con tutto quanto di sballato, esagerato, psichedelico è giunto a noi fin dagli anni 60. Il tutto frullato in una carica deflagrante e devastante di chitarre elettriche (alla Santeria ieri sera in alcuni brani l’assalto sonico era guidato da ben quattro di questi strumenti) che si può definire psichedelia punk o garage, fate voi. Il nome del gruppo a proposito di revisionismo la dice lunga: Brian Jones, naturalmente, il cui bel viso campeggia nel logo del gruppo sparato sullo sfondo del palco, ma anche il massacro-suicidio di massa avvenuto a Jonestown in Guyana nel 1979 di una setta comunista-religiosa americana, 917 morti tra cui molti bambini, il più grave nella storia degli Stati Uniti. Anton Newcombe d’altro canto ha sempre vissuto nel lato oscuro della vita, anche se sembra che finalmente l’abbia finita con la droga.<br />
Il progetto musicale di un autentico freak in acido, il geniale Anton Newcombe originario non per niente di San Francisco, la patria dei viaggi musicali cosmici a base di Lsd. Un genio che se ne è sempre fregato di ogni logica commerciale, facendo (e drogandosi) solo quello che voleva e così perdendo il treno per un meritato successo di massa, ma guadagnanonde in libertà personale e artistica: dall’esordio nel 1993 a oggi ha pubblicato 17 album, cinque compilation, cinque dischi dal vivo, 13 ep, 16 singoli. Nel 2018, per non smentirsi, pubblica due cd, il primo dei quali, Something Else, già uscito.<br />
Inutile cercare tra la formazione sul palco volti noti, a parte l’immancabile, adorabile Joel, unico che riesce a stare vicino a Newcombe sin dall’esordio (un tempo molti concerti finivano in risse tra musicisti o spettatori). <br />
<br />
<br />
Cappellino di lana, occhiali da sole sul cappellino, tamburello o maracas tra le mani per tutto il concerto, limitandosi a qualche seconda voce, se ne sta immobile a fissare il nulla davanti o il pubblico di sotto senza mai cambiare smorfia del viso, che è di puro godimento. Genio. I BJM infatti sono un ensemble aperto che raramente ha visto gli stessi musicisti per due volte nello stesso disco o nello stesso tour. In Australia, questa estate, ad esempio, alla batteria sedeva un ragazzino, a Milano una ragazzetta (brava) di massimo vent’anni. Ma non importa. Newcombe, che adesso vive a Berlino e pare abbia smesso di ingurgitare più droghe di quanto faceva Syd Barrett è la guida di un esperimento musicale che non ha pari: questa volta è riuscito a riempire la Santeria di Milano sold out con un pubblico di ragazzetti universitari e belle ragazze che ballavano sotto al palco come a un concerto dei Grateful Dead.<br />
Lui, che sembra ormai il fantasma di Neil Young, se ne sta sempre in disparte, davanti un muro di chitarre (tra cui una Rickenbacker dodici corde dal suono strepitoso) altri due chitarristi, poi un pazzoide al moog e ai trucchetti elettronici e talvolta chitarra. Il risultato che si ottiene è un muro del suono fragoroso ma mai disturbante, che vola in alto un po’ come facevano i Sonic Youth, per dare delle coordinate, in un trip mai noioso ma sempre carezzevole e sognante. A volte questo muro impazzisce e i tre chitarristi tenendo le stesse due note sono capaci di andare avanti quasi un quarto d’ora: tripping the live fantastic, man.<br />
E’ il caso del brano più amato del gruppo, When Jokers Attack, un brano dall’incedere alla Byrds che esplode in deflagrazioni soniche spaventose: questa sera dura “solo” dieci minuti, altre volte supera il quarto d’ora.<br />
Tante le gemme presentate, da What Happened to Them alla nuova Who Dreams of Cats, da That Girl Sucide a Anemone. Sul palco la definizione di cool: tutti con occhiali da sole, uno che sembra Tex Watson della Family di Charles Manson, vestiti e taglio di capelli da Beach Boys in acido, i BJM sono uno spettacolo anche solo per la vista.<br />
Ti portano così in alto che pensi che un muro di chitarre così potrebbe coprire tutte le bestialità di Donald Trump o Matteo Salvini e farci vivere una vita migliore. Ma i concerti rock durano due ore e le canzoni non hanno mai cambiato il mondo. Per qualche ora sì, però. E va bene così.Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-91255310529487724992018-09-13T09:54:00.000+01:002018-09-13T10:04:27.107+01:00La scopa del sistema"Mi manca chiunque", dice Rick Vigorous in La scopa del sistema, il primo importante libro di David Foster Wallace, uscito nel 1987. In quella frase c'è tutto l'uomo che si è impiccato il 12 settembre di dieci anni fa, a 46 anni di età. Era malato di depressione da quando aveva vent'anni, si era curato in modo assiduo, si era anche sposato. Ma si sa che dalla depressione non si esce mai del tutto, il cane nero ti rimane alle costole nella battaglia approfittando di un tuo momento di distrazione. <br />
<br />
Ma non è di depressione che scriveva Wallace, piuttosto di quella malinconia dolce e vibrante che vive chi si sente fatto di mancanza: mi manca chiunque. Non mi manca la mia donna, mia madre, il mio amico: mi manca tutto, mi manca ogni cosa. <br />
<br />
A dieci anni dalla sua morte, il mistero della sua arte è pari soltanto alle lodi sperticate e vertiginose che gli sono state tributate, già quando era ancora in vita, definito uno dei maggiori scrittori americani di sempre. Eppure libri come Infinite Jest (1996) con le sue 1400 pagine, sono una sfida aperta ancora oggi. Celano un mistero che probabilmente ancora nessuno ha carpito.<br />
<br />
<br />
<br />
Come Douglas Coupland, l'autore di due capolavori come Generazione X e Generazione Shampoo, Wallace aveva colto in maniera straordinaria la sperdutezza della sua generazione, abitanti di centri commerciali alienanti, di college dove il massimo delle aspettative era lo sballo, di palestre di fitness e di sport come il tennis, insomma della solitudine immensa che ormai avvolge una nazione, gli Stati Uniti, dove il numero dei suicidi è da decenni in crescita vertiginosa. Per Wallace, forse, la sfida era stata cercare di capire cosa potesse esserci dietro il fallimento conclamato del sogno americano: "La letteratura si occupa di cosa vuol dire essere un cazzo di essere umano" disse in una intervista. Per Wallace e la sua generazione il mondo non era il posto dove viviamo la nostra vita, ma qualcosa che ci impatta addosso e ci lascia doloranti e spaventati. Ma anche ci si ride sopra, cosa che Wallace sapeva fare. <br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2018/9/13/LETTURE-David-Foster-Wallace-quando-il-tarlo-dell-infinito-non-da-tregua/838844/">CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-30231170288374322582018-08-02T17:18:00.000+01:002018-08-02T17:18:36.172+01:00If you don't become the ocean, you'll be seasick every day<i>“Let us fancy we see hell, and imagine what is worst to behold – a horrible cavern full of black flames. Sulphur, devils, dragons, fire, swords, arrows, and innumerable damned who roar in despair. Imagine the worst you can, and then say, ‘All this is nothing compared to hell”</i><br />
- St. Ignatius of Loyola<br />
<br />
Una gelida sera di gennaio dei miei vent’anni o poco più ero in motorino in viale Fulvio Testi dopo aver fatto una consegna. Facevo il fattorino, come servizio civile alternativo al militare. Non avevo neanche il parabrezza, e a gennaio a Milano fa così freddo che mi veniva da piangere. Ma pensavo: ecco, tutta questa fatica, questa sofferenza costruirà il mio futuro. Mi sto temprando, pensavo, sto diventando uomo cominciando dal livello più basso. Un giorno tutto cambierà.<br />
36 anni dopo ho raggiunto il basso più basso che ci sia, ma la colpa è solo mia. <br />
<br />
Ricordo quando negli ultimi mesi del 1979 con un amico parlavamo del nuovo decennio che sarebbe cominciato di lì a poco: negli anni 80 avremo fatto tutto quello che dobbiamo fare nella vita, ci dicevamo con grande soddisfazione. Troveremo il nostro lavoro, ci sposeremo, avremo dei figli. Tutto quanto insomma. A parte che mi sono sposato nel 1991, non ho mai trovato un vero lavoro (sempre colpa mia), ma ho avuto due figlie (sempre negli anni 90). Cazzo facevo negli anni 80?<br />
<br />
Ricordo che pensavo che la vecchiaia, sperando di non avere problemi fisici, sarebbe stato il tempo del giusto riposo e delle soddisfazioni per una vita pienamente vissuta. Non potrò riposarmi mai da vecchio, dovrò lavorare fino all’ultimo giorno di vita (per colpa mia) e ho vissuto la mia biografia, non una vita vera. <br />
<br />
Ricordo che un prete mi disse qualche anno fa che diventando vecchi cominciano i problemi. Mi incazzai, perché mi avevano sempre detto il contrario. Invece aveva ragione.<br />
<br />
Ricordo che da qualche parte ho letto questa cosa: "Lo spirito religioso si associa in genere ad un'attitudine mentale positiva, che 'protegge' da malattie che si associano a personalità poco duttili, come ictus o colite ulcerosa. Ed è infine documentato che la religiosità protegge dalla depressione, notoriamente a sua volta associata a malattia e morte".<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/vbjRTN3-jCg" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Palle. Sono stato religioso tutta la vita, ma ho sofferto come un cane per tutta la vita. Palle. Ho la depressione da anni, ma probabilmente è ancora colpa mia. “Per il credente l’esperienza del dolore è ancora più temibile che per il non credente, perché significa anche l’esperienza del silenzio di Dio”: ricordo di aver letto anche questo ed è una cosa che sento più vera.<br />
<br />
Ricordo che ho contato sul prossimo tutta la vita, salvo scoprire (troppo tardi) che nessuno può aiutare nessuno. Non sempre per cattiveria (spesso), ma perché ognuno è diverso dall’altro, quello che sono io non sei tu e cosa puoi saperne di come aiutarmi. La frase, dai andiamoci a fare una birra mettetevela nel culo. Insieme alla pacca sulle spalle.<br />
<br />
Ricordo la prima volta che ho sentito una canzone uscire dalla radio, forse era Elton John, forse erano i Beatles, forse era Bob Dylan. Ricordo che ho pianto. <br />
Una canzone può salvarti la vita? Può un canto cambiarla, alterare fondamentalmente il suo corso? Può succedere un momento del genere, magari da diventare parte di ciò che sei, di chi stai per diventare?<br />
<br />
Sì, può succedere. A me è successo, e non con una canzone sola, ma con diverse. D'altro canto sono vecchio abbastanza per poter dire che ascolto canzoni da più di 40 anni. E ne ho ascoltate tante, sin da quando, ragazzino, infilavo la radio sotto il cuscino la sera a letto<br />
per ascoltarle senza farmi scoprire dai miei genitori. La musica è sempre stata il mio angolo sicuro sin da quando avevo 13 anni per nascondermi e difendermi da un mondo che là fuori mi terrorizzava. Quando ascoltavo un disco, nulla e nessuno poteva toccarmi, ero<br />
protetto, diventavo invisibile. Continuamente, come se una radio fosse sempre accesa nella<br />
mia testa, fluiscono senza interruzione. Quando dormo, quando cerco di distendere i nervi in silenzio, quando mi inginocchio a pregare. C'è sempre una melodia che spunta fuori. Una canzone. Quel mondo là fuori continua a terrorizzarmi.<br />
<br />
Le canzoni sono le mie preghiere.<br />
<br />
“Le canzoni sono la mia religione” <br />
- Bob Dylan<br />
Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-36978436086881974542018-07-27T08:07:00.001+01:002018-07-27T08:07:54.085+01:00ALANIS MORISSETTE/ Milano Summer Festival: come uscire vivi dagli anni 90<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/7/27/ALANIS-MORISSETTE-Milano-Summer-Festival-come-uscire-vivi-dagli-anni-90/832167/#.W1rEwP9VD21.blogger">ALANIS MORISSETTE/ Milano Summer Festival: come uscire vivi dagli anni 90</a>: Tutto esaurito al Milano Summer Festival per l'unica apparizione italiana di Alanis Morissette, protagonista di un concerto di rara bellezza e potenza musicale. PAOLO VITESPaolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-52620213257916665452018-07-13T11:47:00.000+01:002018-07-13T11:49:05.183+01:00Solidarnosc rockCi sono alcune foto, della prima metà degli anni 80, in cui si vede la pop star inglese Elton John seduto a un tavolaccio di legno in una umile abitazione con a fianco il leader di Solidarnosc, Lech Walesa. E' l'abitazione dove il sindacalista stava trascorrendo gli arresti domiciliari dopo il colpo di stato filo sovietico del generale Jaruselski. Elton John, uno dei primissimi se non il primo artista rock occidentale invitato a esibirsi in Polonia, era andato a trovarlo, affascinato dalla figura di quel piccolo uomo che da solo aveva cercato di opporsi all'impero comunista di Mosca. <br />
<br />
Sebbene difficilmente il concerto di Elton John si possa definire un concerto rock come siamo abituati a viverli noi, con il pubblico in gran parte composto da membri della casta del partito comunista, con un dispiego di forze dell'ordine quasi maggiore degli spettatori e il manganello pronto per rimettere seduto chi si lasciava prendere dalla musica e osava alzarsi in piedi, l'episodio nella sua interezza la dice lunga di quanto la musica rock sia stata fondamentale nel processo del crollo del Muro di Berlino e come ci fosse una linea forte di reciproca empatia tra artisti rock e dissidenti. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8sjzIGlM2mKNgvAONKh3nHAwk5jNp0ANTOg8LLUB68bcF0dqJCleAzBr_BqFPwMwGFBxXsmB7eB29uS5YzoVkQiuJwjtAPR3y6WEc916zY7pDHPjObr3qoukRruqucekgI4V3eg/s1600/article-2168779-13ED700B000005DC-527_468x286.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8sjzIGlM2mKNgvAONKh3nHAwk5jNp0ANTOg8LLUB68bcF0dqJCleAzBr_BqFPwMwGFBxXsmB7eB29uS5YzoVkQiuJwjtAPR3y6WEc916zY7pDHPjObr3qoukRruqucekgI4V3eg/s400/article-2168779-13ED700B000005DC-527_468x286.jpg" width="400" height="244" data-original-width="468" data-original-height="286" /></a></div><br />
La famosa "rivoluzione di velluto" che il futuro presidente cecoslovacco Vaclav Havel lanciò a fine anni 60 prendeva nome e ispirazione dal suo gruppo preferito, i Velvet Underground di Lou Reed ("il velluto sotterraneo") mentre Joan Baez che si era esibita in alcune abitazioni di dissidenti cecoslovacchi, scampò per pura fortuna all'arresto.<br />
<br />
In Russia e in tutti i paesi dell'est europeo la musica rock era severamente bandita, nonostante questo molti giovani riuscivano a far entrare di nascosto i dischi dei Beatles, che poi artigianalmente ristampavano per un fiorente mercato clandestino a cui il KGB dava la caccia in modo sistematico, con la violenza e il carcere. Gruppi rock fiorivano nelle cantine di Mosca e Leningrado sistematicamente vittime di violenze della polizia quando venivano scoperti. Ma l'anelito di libertà si diffondeva comunque.<br />
<br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/7/13/ROLLING-STONES-Se-Lech-Walesa-chiede-aiuto-a-Mick-Jagger-per-la-liberta-in-Polonia/829736/">CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-77239104046567613482018-06-01T08:33:00.004+01:002018-06-01T08:45:50.476+01:00Green green grass of home<i>Disclaimer: scritto dopo 5 ore di sono senza rilettura e fregandomene dei refusi<br />
</i><br />
<br />
City in the smog, city in the smog… Sali in machine e pigi l'acceleratore, vuoi soltanto allontanarti il più possibile dalla fottuta sporca città nello smog. Cominci a lasciarti dietro palazzoni infami pieni di vite disperate e ti trovi in mezzo agli alberi, l'aria fresca entra dal finestrino, vuoi allontanarti dalla giornata di umiliazioni, rabbia ingoiata a forza, delusioni, tristezza e sconfitta. Non sai neanche cosa ascolterai, non sai chi sono, ma a Milano non c'è più spazio neanche per la musica, ti hanno venduto due grattacieli per ingannarti una volta di più. Arrivi a Cantù che manco capisci dove sei, parcheggi, le scalette che portano sotto terra all'1&35. Sì, dove noi apparteniamo, lontano degli occhi del mondo malvagio. Che vogliamo lasciare fuori della porta. La porta è aperta, quel piccolo corridoio sotto una volta curvata che porta sotto, pieno di locandine, foto, manifesti, eroi che sono passati di qua, di colpo hai perso il senso del tempo e del luogo: è il 1974 e stai scendendo all'inferno, CBGB's sulla Bowery, è questo il posto? Scusami Dio per il ritardo. Poi entri la sala è piena di gente, la stessa sala che a volte è il Grand Ole Opry di Nashville, altre il Roxy di Los Angeles, altre ancora il Folk Club del Greenwich. Stsera chenneso sono venuto qui a riposare l'anima ferita, datemi qualunque cosa andrà benissimo per lenire il mio dolore.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/ej8OJswsbZ4" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Sul palco riconosco un amico, persona buona, Jimmy Ragazzon, con due dei suoi Mandolin Brothers. Ecco, Blind Willie McTell per segnalare che ho scelto la serata giusta, poi una sorta di lungo country progressive con la chitarra acustica che sembra Dave Matthews e le tastiere jazz e lui all'armonica. Già sto bene,<br />
Poi infilandosi a fatica attraverso il pubblico attaccato e sudato al palchetto si infilano cinque ragazzoni alti, sembrano arrivati direttamente dalla Bing Pink lassù a Woodstock, invece sono di Austin, Texas. Partono dritti come il midnight train che attraversa Alabama, Georgia Tennesseee: le due voci soliste che si alternan, le due chitarre soliste che si innalzano a lottare fra loro, una più bluesy e a voltes lied, una secca e incalzante come quella della New York post punk, i Television tra le note. Sarà una notte magica, tra un Elton John, quello di Tumbleweed Connection con Ballad of a Well -Known Gun, quando Sir Reginald sognava di far parte di The Band, che poi arrivano comunque con una focosa When I Paint My Masterpiece.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/RjUMveZX_Cc" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Il senso della serata sarà questo, un mix tra Little Feat e The Band, assoli di chitarra che sembrano non saziarsi mai, che si arroventano in alto, altissimo, canzoni bellissime piene di soul e country, come The Green Grass of California, inno alla marijuana non quella da sballo, ma quella dell'amore e della cura di se stessi; una sezione ritmica secca precisa pulsante e grasse note di Hammond e deliziosi interventi pianistici honky tonk. Questi ragazzi sanno suonare di tutto. Il finale tira giù tutto, You Wreck Me di Tom Petty è un assalto frontale con le chitarre punk e l'energia pazzesca che oggi non trovi più da nessuna parte.<br />
Il sogno è finito, si torna allo smog e alla nostra tristezza quotidiana. Ma santoiddio, il rock'n'roll resiste ancora.<br />
<br />
<i>Grazie a Carlo Prandini per la solita ineffabile accoglienza (ma quelli con la maglietta dei gobbi non dovrebbero entrare); grazie a Cesare Carugi per aver portato questi ragazzi in Italia. Grazie alla vita, quando vince.</i>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-4500935268385770882018-04-11T10:01:00.000+01:002018-04-11T12:52:04.456+01:00The streets of RomePrendiamo al volo la macchina parcheggiata in vicolo della Desolazione, e schizziamo per le strade di Roma, in cerca di un posto ancora aperto dove mangiare qualcosa. Lo troviamo, entriamo e ci troviamo al tavolo al fianco di un signore dalla bella barba bianca tutto vestito di bianco, bianco anche il turbante. Con lui alcune ragazze, splendenti in elegantissimi abiti bianchi anche loro, velo sul capo e un diadema in fronte a unire il copricapo. Sono bellissimi. <br />
Ci guardiamo negli occhi e ci riconosciamo, mezz'ora prima ci eravamo stretti la mano uscendo dalla sala dell'Auditorio Spazio della Musica, che come dice De Gregori ha davvero una acustica infame, benché sia la gloria musicale della capitale. Erano seduti in prima fila ed era impossibile non notarli, rilucevano di bianco come degli angeli, magari scesi tra la folla per applaudire uno che di angeli ha bisogno e li ha sempre cercati.<br />
Ci spiega il sikh dalla carnagione bianchissima come le sue ragazze, "quando Bob Dylan è in città non si può non andarlo a vedere". Così faranno anche nelle due sere seguenti di permanenza del cantautore americano a Roma, sempre in prima fila. Da quando li ho notatila prima sera ho pensato subito fossero ospiti speciali di Dylan, che ama tanto ogni tipo di religione, anche se dice che "le canzoni sono la mia religione". In realtà erano sì ospiti, ma non perché di religione sikh, ma perché musicisti anche loro. L'anno scorso hanno pure vinto un premio Grammy, ci tengono a spiegare, per il miglior disco new age, si chiamano White Sun. Sono di Santa Monica, California, a Roma hanno un centro yoga.<br />
Usciamo nella notte romana e ci ritroviamo da qualche parte, con un senso di smarrimento e dolce perdutezza. Qualcosa è successo questa notte, ma noi non sappiamo csa, "do ya Mr. Jones"? Che concerto abbiamo visto? Chi era dietro il pianoforte che muoveva continuamente i piedi calzati in stivaletti bianchi tenendo il ritmo di una musica conosciuta a lui, l'unica parte del corpo che non riusciva a stare ferma, dietro a quella maschera impassibile e quel corpo rigido da sembrare una statua? Ha ragione il mio amico americano che da anni mi dice che andare a vedere Bob Dylan in concerto è come andare ad ammirare il Mount Rushmore? Ma dobbiamo andare, abbiamo appuntamento con la nipote di Botticelli. E un paio di bottiglie di vino rosso calabrese.<br />
<br />
"<i>Quando ero un ragazzino e vivevo a La Jolla, in California, una piccolissima cittadina, ogni 4 di luglio c'era una parata. Ricordo chiaramente i veterani della Guerra Civile che marciavano lungo la strada principale, alzando la polvere. La prima volta che ho ascoltato Bob Dylan, mi sono tornati alla mente. E ho pensato a lui come se fosse uno di quei veterani della Guerra Civile. Una sorta di troubadour del 19esimo secolo. Uno spirito americano antagonista. L'asprezza della sua voce e e la frugalità delle sue parole vanno dritte al cuore dell'America</i>" (Gregory Peck)<br />
<br />
La prima sera quando iniziano i bis ci eravamo lanciati sotto al palco, alto mezzo metro, come quelli dei vecchi concerti rock degli anni 70, che si vedono nei film dell'epoca, dove ti appoggi comodamente al palco stesso. Chiedo al tipo della security se posso fare un paio di foto senza flash ovviamente, mi risponde ridendo "ormai le fanno tutti, che te devo dì"<a href="https://www.facebook.com/paolo.vites/videos/10214574328659238/"> e registro 15 secondi di video</a>, invece, mai stato così vicino al cantante, in quasi 40 anni di suoi concerti, senza spintoni, senza donnine deliranti, senza fan allucinati, tutti invece ad ammirarlo in estatico silenzio e lui contento. Alla fine manda un bacio sorridente alla donna a fianco a me, evidentemente la conosce bene.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDaMz9up7cMYB8e64GM9NXCA_N1ymx3PUTKhNc_V_kT_UGVk2-SAGLiw3J0nl5zAKcEyC9lyRjWgElgehDDHhDodc-H-50QukEoy-5KquJie_suWjf5YLhJU2IA6Zot5KrGWxuvQ/s1600/29683424_10214575056197426_889824880976523200_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDaMz9up7cMYB8e64GM9NXCA_N1ymx3PUTKhNc_V_kT_UGVk2-SAGLiw3J0nl5zAKcEyC9lyRjWgElgehDDHhDodc-H-50QukEoy-5KquJie_suWjf5YLhJU2IA6Zot5KrGWxuvQ/s640/29683424_10214575056197426_889824880976523200_n.jpg" width="480" height="640" data-original-width="720" data-original-height="960" /></a></div><br />
La sera dopo invece la security è imbestialita e ci blocca prima della prima fila di poltroncine urlando "ordine dell'artista se fate come ieri sera dice domani non suonerà". Boh. A un certo punto un maori imbruttito si lancia dal palco su uno spettatore che ha fatto l'imprudenza di tirare fuori il cellulare, la sera prima il maori probabilmente lo avevano chiuso a chiave nei camerini. Lo insulta, lo minaccia fisicamente, poi se ne torna sul palco. Lui, il cantante, ci guarda malissimo mentre sembra che voglia andarsene dopo i primi due versi di Blowin' in the Wind. Forse invece sta guardando malissimo la security. Tutto sembra fuori controllo. D'altro canto Phil Ochs negli anni 60 diceva che "Dylan sul palco è LSD puro". Lo è ancora, a quasi 77 anni di età. Lo sguardo è una fessura cattiva cattiva, sembra di essere agli ultimi istanti della sfida all'OK Corral, scruta tra la folla per vedere se là in mezzo ci sono ancora William Zanzinger e il Gobbo di Notre Dame. Ci sono vibrazioni cattive, fantasmi dell'elettricità che però non hanno nulla di buono da dire. Infatti se ne va senza lanciare nessun bacio. In sala restano solo il Roving Gambler e Dio, aspettano Casanova per uscire da lì per tornare nel vicolo della Desolazione. O riprendere l'highway 61 dove li aspetta Robert Johnson e il suo amico Lucifero.<br />
<br />
"<i>Il suo modo di suonare qualunque strumento è del tutto ibrido. Non ha senso dal punto di vista musicale. Quando suona il piano, non ha alcun senso se non per l'ascoltare e lui stesso. Se sei un musicista ti viene da dire: Be', ma che ci stai a fare qui? Non ha alcun senso. Lo stesso quando suona la chitarra. E' come se qualunque cosa suoni tu debba aspettare un anno o due per avere l'approccio giusto per essere in grado di apprezzarlo. Al primo ascolto, ogni cosa che fa sembra senza speranza. Poi ci ripensi e realizzi che era perfetto, del tutto giusto"</i> (Eric Clapton)<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjer_zzYZkJjhwpcWl7xYzuW0-5shCRnKKDPewiCaJk0YDA_grAnD1IZmfEkGNSirwWlZrwOzPC7lHNgPAsxUByfZfWeBj1_NgzKuUTnf7kIaRqLpwKOHxcNpf6Q7j2rEpazQiNAg/s1600/29595353_10214980204445912_1323669436791590770_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjer_zzYZkJjhwpcWl7xYzuW0-5shCRnKKDPewiCaJk0YDA_grAnD1IZmfEkGNSirwWlZrwOzPC7lHNgPAsxUByfZfWeBj1_NgzKuUTnf7kIaRqLpwKOHxcNpf6Q7j2rEpazQiNAg/s640/29595353_10214980204445912_1323669436791590770_n.jpg" width="360" height="640" data-original-width="540" data-original-height="960" /></a></div><br />
A Milano, oltre un palco alto quasi due metri, le prime due file di poltroncine sono divise dal resto della platea da una specie di muretto. Il palco è gigantesco, e lui e la band si mettono in fondo in fondo, il più lontano possibile dalla folla. Nessuno stasera ha voglia di vedere se c'è Johanna, nessuno sente alcun tipo di dolore, stanotte mentre siamo tutti soli sotto la pioggia.<br />
Il cantante è in grande forma stasera, sputa i versi come fosse una mitragliatrice, scardina le coordinate del buon senso musicale cercando una melodia impossibile che solo lui sente nella testa attorcigliato nel dolore. La mia amica che lo sta vedendo per la prima volta dice che c'è un grande senso di dolore nel modo in cui canta, malinconia e tristezza. Tangled up in blue. D'altro canto, "love sick" ed è un "melancholy mood" quello che ci avvolge tutti.<br />
Poi si ricorda di quando rivoltava il mondo tanto che qualcuno scrisse che se mai ci si ricorderà di Bob Dylan, ci si ricorderà di un fottuto uomo di rock'n'roll. Sono i minuti più esaltanti della serata, sembrano i tempi quando scendeva da una Buick 6 e stendeva tutti a terra, anche Stones e Beatles. Non c'è ne è per nessuno. ma quei minuti volano anche questi via presto. E' tutto un succedersi di memorie, ricordi tra la nebbia, pillole di anfetamina, e lacrime, come fossi una bambina. In fondo siamo tutti soli nella vita.<br />
<br />
Usciamo nella pioggia e abbiamo in mente solo le foglie che cadono con grazia in autunno, anche se questa è primavera. E' una vita piena di dolore e qualcuno deve farsene carico per noi, che altrimenti ci spezzeremmo in due. Lui ha portato il peso del mondo per decenni, e ancora lo fa. Io penso a due ragazze lasciate a Roma e se mai le rivedrò. Vado a casa, intrappolato nel blu, ad ascoltare Leonard Cohen.<br />
<i><br />
The falling leaves drift by the window<br />
The autumn leaves of red and gold<br />
I see your lips, the summer kisses<br />
The sun-burned hands I used to hold</i>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-9971280066388675302018-01-18T11:19:00.003+01:002018-01-18T11:19:55.164+01:00Salvation"La vita è davvero fragile, non puoi mai sapere cosa ti succederà, non sai se ti ammalerai o se ti succederà qualcosa, non puoi dare mai niente per scontato, questa è la verità sulla vita". Con la capacità profetica che solo le grandi anime possono avere, quelle più sensibili e sofferenti, Dolores O'Riordan qualche anno fa in una bellissima intervista concessa alla giornalista Valeria Rusconi del mensile XL, aveva espresso il medesimo sentimento che John Lennon, poco prima di morire, aveva fatto suo: "La vita è quella cosa che ti capita mentre sei occupato a fare altre cose". La vita non la decidiamo noi, non ci appartiene, ci supera e ci sorprende. Anche e soprattutto con la morte che non sappiamo mai quando busserà alla nostra porta. Non abbiamo deciso noi di nascere e non decideremo noi quando morire, anche se tutto nella mentalità contemporanea, quella che discende dal vecchio slogan "la vita è mia e me la gestisco io" vuole farci credere che possiamo esserne padroni.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/SHoHIL2ABVQ" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
"Non puoi mai dare niente per scontato, questa è la verità". Secondo le ultime persone che avevano visto e parlato con la cantante dei Cranberries nelle ultime settimane, lei stava bene ed era contenta. Lo aveva detto anche lei in un messaggio ai fan dopo essersi esibita nella settimana di Natale a una serata dell'industria discografica, era il suo primo concerto dopo mesi, dopo aver dovuto cancellare il tour estivo dei Cranberries, previsto anche in Italia. L'ex chitarrista dei Kinks Dave Davies aveva detto che l'aveva sentita al telefono, gioiosa e di buon umore: "Sembrava piena di vita, scherzava ed era felice di vedere me e mia moglie in questi giorni". Il suo nuovo fidanzato e musicista nel suo nuovo progetto Ole Koretsky aveva postato delle foto su Instagram della coppia serena e contenta in giro per New York. <br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/1/18/DOLORES-O-RIORDAN-La-cantante-dei-Cranberries-tornero-come-un-angelo-a-sussurrarvi-all-orecchio-/802183/"><br />
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-46224582281723527682018-01-15T09:26:00.001+01:002018-01-15T09:26:02.397+01:00Gimme ShelterA volte, per scrivere una canzone di protesta non c'è bisogno di slogan, di accuse eclatanti, di prese di posizioni ideologiche. Basta una strofa, per rispecchiare in modo efficace una intera epoca storica. Come nel caso di You Can't Always Get What You Want, brano dei Rolling Stones pubblicato nel 1969, ma scritto e inciso nel 68: "Sono andato giù alla manifestazione per ottenere la giusta quota di abusi cantando Sfogheremo la nostra frustrazione se non lo facciamo, faremo saltare una miccia da cinquanta ampere". C'è tutto in queste quattro righe: le manifestazioni che erano all'ordine del giorno in quel 1968, la partecipazione di tanti giovani che non capendone neppure le motivazioni ideologiche vi prendevano parte per sfogare la loro frustrazione rabbiosa di persone che si sentivano escluse dalla società, le botte della polizia, la minaccia di passare dalle marce alle bombe, come sarebbe in effetti successo da lì a poco. Nel ritornello, la canzone affermava una massima di saggezza zen rara a quei tempi. Mentre per le strade i giovani gridavano "vogliamo il mondo e lo vogliamo adesso" gli Stones si distaccavano con il realismo di "you can't always get what you want", non puoi ottenere sempre quello che vuoi.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/TLV4_xaYynY" frameborder="0" allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
"Una canzone non serve alla rivoluzione se non sei tu a seguirla con l'azione" diceva Joan Baez, la regina del movimento per i diritti civili, lasciando trapelare quanto la musica non fosse abbastanza per "cambiare il mondo". In realtà, le canzoni rock hanno sempre riflesso quello che accadeva intorno, una sorta di ripetitore satellitare, più che incitare a scendere per le strade. Il 68 ci sarebbe stato anche senza la musica rock, per capirci, ma la musica rock ne è stata la colonna sonora, cogliendone aspetti e limiti molto più di ogni altra forma di comunicazione. Come sempre d'altro canto, perché non c'è mezzo di comunicazione più profondo, appassionato e intelligente delle canzoni. <br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/1/13/LE-CANZONI-DEL-68-50-anni-dopo-siate-realisti-chiedete-l-impossibile/801227/">clicca su questo link per continuare a leggere l'articolo</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-60949211851717843352018-01-05T10:55:00.001+01:002018-01-05T10:55:53.786+01:00ADRIANO CELENTANO/ Gli 80 anni del ragazzo della Via Gluck<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2018/1/5/ADRIANO-CELENTANO-Gli-80-anni-del-ragazzo-della-Via-Gluck/800009/#.Wk9LnftVCq4.blogger">ADRIANO CELENTANO/ Gli 80 anni del ragazzo della Via Gluck</a>: Adriano Celentano compie domani 80 anni, da 60 è l'artista italiano più amato: era il 1957 quando fece la sua prima apparizione che lo lanciò nel mondo dello spettacolo. PAOLO VITESPaolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-17454229154078005602017-12-13T13:53:00.001+01:002017-12-13T13:53:38.506+01:00LETTURE/ 'Il Vangelo secondo Bruce Springsteen': da Flannery O'Connor a Born to Run<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2017/12/13/LETTURE-Il-Vangelo-secondo-Bruce-Springsteen-da-Flannery-O-Connor-a-Born-to-Run/796895/#.WjEixQ7s-yY.blogger">LETTURE/ 'Il Vangelo secondo Bruce Springsteen': da Flannery O'Connor a Born to Run</a>: Un libro importante fra i tanti scritti su Bruce Springsteen, questo del giornalista Luca Miele, che ne analizza l'aspetto religioso nelle canzoni. La recensione di PAOLO VITESPaolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-52002020339913620062017-11-19T17:26:00.000+01:002017-11-19T17:26:37.432+01:00Sympathy for the Lord<i>"Non puoi combattere la musica gospel. Non puoi combattere una Messa di Beethoven, o l'altezza delle guglie di una cattedrale. Non esiste una canzone che dica: Vieni avanti ateo! Non puoi vincere"</i><br />
(Randy Newman)<br />
<br />
<br />
Chi è buono e chi è cattivo? Puoi davvero servire un padrone solo, che sia il diavolo o il Signore? O piuttosto sarà una battaglia lunga tutta la vita, dentro e fuori di te, con il sangue dell'Agnello ai piedi della croce, che a volte si avvicina e altre volte si allontana?<br />
Alla fine resterai come il predicatore, a predicare nella chiesa vuota e abbandonata, fino a lasciarti andare su una panca, scuotendo la testa sconsolato?<br />
Bob Dylan aveva portato sui palcoscenici di mezzo mondo questa lotta sovrumana. Più che un predicatore intenzionato a salvare il mondo, il cantante aveva fatto quello che aveva sempre fatto: mettere a nudo su un palcoscenico davanti a migliaia di persone la sua umanità incerta come ogni passero che cade, come ogni granello di sabbia. Lui, e quella banda di fuorilegge e quelle donne bellissime, nessuna chiesa dall'Alabama alla Virginia li avrebbe mai fatti entrare a esibirsi. No, perché facevano paura. Era evidente che in mezzo a loro c'era un ospite indesiderato. Lucifero. Quei concerti, più che una liturgia gospel, furono qualcosa come un ascensore per l'inferno: potevi entrarci ma non sapevi se ne saresti uscito vivo.<br />
In questo cofanetto ogni cd si apre con una sinuosa, serpeggiante, viziosa versione di Slow Train che ti entra sottopelle e ti possiede, non ti molla più, che incredibilmente suona sempre diversa, la migliore delle quali resta quella provata in studio con i fiati, una orchestra tuonante e senza pietà, che Dylan dovette lasciare a casa perché avere le coriste e anche i fiati era troppo costoso per un tour così inaspettato nel suo contenuto che non si sapeva neanche se la gente sarebbe andata a vederlo. Ci andarono, in massa, perché mai musica fu suonata così in grazia di Dio. E del diavolo.<br />
Quello che strappa la pelle alle ossa in queste performance, lo si trova quasi tutto nel primo cd, che contiene esecuzioni da ognuno dei tre anni di gospel tour. When You Gonna Wake Up, come venne suonata quella sera ad Oslo nel 1981, è qualcosa che nessuno, in quel periodo storico, poteva fare. Comincia con le sole tastiere a sorreggere un Dylan apparentemente disperato, sconsolato, che implora, poi entra tutta la band e le coriste ed è un bing bang, è un sabba rock'n'roll come nessuno poteva neanche immaginare di sfiorare in quei giorni, né gli Stones, né Springsteen, nessuno dei sopravvissuti coetanei a Dylan. E' furia selvaggia, è un ritmo torrenziale secco e incalzante dettato dalla chitarra di Tackett che batte il tempo sincopato e funk, dal basso poderoso dello scatenato Drummond, dalla batteria che rulla implacabile alzando ill ritmo e da un Dylan realmente posseduto. E' ferocia allo stato puro. Poi per l'ultimo ritornello il tempo si fa ancora più veloce e chi gli sta dietro a questi qua? Ai tempi dicevano, "eh be' canta canzoni reazionarie e noiose e poi fa anche un R&B gospel standard, senza vita, vecchio". <br />
Accade di nuovo in Saved e Solid Rock, in quest'ultima la lotta sul palco fra Dio e satana è più evidente che mai, quando la corista esplode due urli in successione che vogliono spaventare il cantante, quasi osceni: è posseduta. Chi avrebbe voluto in una chiesa questa banda di angeli e diavoli, di apocalisse e di ira di Dio? Accade tutto nel momento e quando il cantante si siede al piano come lo si vede nel dvd per cantare una magnificente e impressionante When He Returns, tutti i pezzi del puzzle cadono ai suoi piedi: non ha mai cantato così bene in vita sua, non lo farà mai più. Sono incalzato dalla chiamata del Signore, e allora non resta che prendere in mano la rosa che la ragazza sotto al palco gli offre, accennare leggermente col capo e scomparire nei corridoi dietro al palco. Non c'è pace e non c'è conforto, quest'uomo è nato per combattere la guerra della vita, solo.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/VtavmAwf9wY" frameborder="0" gesture="media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Ma c'è un incantevole angolo di purezza e di rassicurazione, di gentilezza e di perdono. E' nascosto in mezzo alle mille gemme di questo cofanetto e potrebbe passare inosservato. Una chitarra acustica che fa strumming su e giù per le corde, le voci del cantante e della cantante un po' indietro, in una sala che immaginiamo buia e mal microfonata. Cantano una melodia antica come il mondo, alternandosi nelle strofe e poi unendosi insieme. Avrebbe potuto inciderla Elvis, e infatti lo fece, poco prima di morire. E' tale la perfezione e la purezza del canto, che vorresti metterti in ginocchio e pregare e lasciare che Rise Again scorra per sempre senza sosta nella tua notte più oscura, Perché è una luce quella che accende.<br />
Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-88724707325697003442017-11-07T09:38:00.002+01:002017-11-07T09:38:31.881+01:00The king will walk in Tupelo!Euchrid Eucrow è tornato dall'inferno, è uscito dalle acque fangose di Tupelo, si è innalzato su ogni tragedia e ha battezzato il mondo. L'angelo Beth ha avuto pietà di lui: The King will walk on Tupelo!<br />
"Tutto noi in un certo senso siamo in lutto, se non per noi stessi per il mondo. La cosa più bella per me, quella che mi ha cambiato, quella che mi fatto venire fuori da quel posto terrificante è stato capire che in questo ci siamo dentro tutti assieme. È la vita. L’ho capito a un livello profondo quando sono tornato a suonare dal vivo dopo la morte di mio figlio. Mi sono letteralmente sentito salvato dal pubblico. Questo tour è come una comunione di massa. È qualcosa di straordinario. Non sono mai stato parte di un tour come questo. È qualcosa di religioso".<br />
<br />
Così è stato. Il reverendo Nick Cave ha voluto dimostrare che si può risorgere anche dalle tragedie più orrende, un padre non dovrebbe mai sopravvivere a un figlio, e ha invitato tutti a fare altrettanto. Dall'inizio alla fine è stato un continuo cercare le mani degli spettatori, ci ha guardati tutti fissi negli occhi come dire: ora tocca a te. Poi il reverendo è sceso a camminare in mezzo alla gente, si è lasciato toccare, abbracciare e baciare. Ha alzato le mani in alto al cielo e ci ha benedetti. E' arrivato addirittura a scambiare un calzino con una spettatrice/spettatore. <br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/bY-X_g0JW7Q" frameborder="0" gesture="media" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
E' stato il rito purificatore più grande della storia del rock, il giorno dopo che un folle aveva massacrato la folla di fedeli che era andata alla messa della domenica, il reverendo si è stagliato alto contro tutto il male del mondo. Che cosa rende possibile tutto questo? Lo ha dimostrato nel finale, quando con un centinaio di persone sul palco, fra tutti quelli (e quelle) che poteva scegliere, ha preso un metallaro a torso nudo e l'ha stretto forte al suo cuore mentre lui chiudeva gli occhi come un bambino e gli ha detto, e ci ha detto: "some people say it’s just rock and roll, oh but it gets you right down to your soul". Per tutti noi reietti della società che l'altra sera eravamo lì, è quanto basta e anche di più. Alla fine anche Stagolee ha pianto.<br />
<br />
The King will walk on Tupelo!Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-55746343318313806762017-08-17T16:18:00.001+01:002017-08-17T16:18:12.163+01:00Can't help falling in love with youMorire sulla tazza del gabinetto non è esattamente una morte da re. Morire perché da giorni non riesci ad evacuare, e lo sforzo è tale da procurare un arresto cardiaco, rimanendo disteso sul pavimento del bagno per molto tempo perché nessuno si accorge di quello che sta succedendo non è una morte da re. Ma fu questa, così banale, la morte di un re, quello del rock'n'roll, Elvis Presley. <br />
<br />
In mano gli resta il libro che stava leggendo, (The Scientifc Search For The Face Of Jesus di Frank Adams). In quei suoi ultimi giorni portava al collo una croce, una stella di davide e una mezza luna islamica. Non si sa mai, scherzava, meglio essere pronti per qualunque Dio ci aspetti. Ginger, la sua fidanzata è a letto, sono circa le otto del mattino ed Elvis non ha chiuso occhio come sempre, ingoiando sonniferi e medicinali vari tutta la notte. Alle 19 di quel 16 agosto ha un aereo che lo aspetta per portarlo a Cleveland dove comincerà un'altra serie infinita di concerti, cosa che lui odia. E' annoiato a morte di quella manfrina che sono diventati i suoi concerti. Tutti uguali, le stesse canzoni, i grandi successi che il suo pubblico, di mezza età anche loro, gli ex ragazzini che lo adoravano negli anni 50 ormai diventati ricchi borghesi della midlle class vogliono sentire. E lui che si deve vestire sempre come un cretino, con tanto di mantello. Perché lui è il re, del rock'n'roll. <br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/FraOJiReW18" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Sono circa le due del pomeriggio quando Ginger lo scopre a pancia in giù nel bagno. La corsa in ospedale è inutile: alle 15 e 30 viene dichiarato morto. Accanto a lui c'è il dottor Nick, un medico senza scrupoli (esattamente come quello che lasciò morire Michael Jackson) che lo segue dal 1970, lo ha fatto diventare una discarica chimica. Nel solo ultimo anno di vita, otto mesi, gli ha prescritto diecimila dosi di medicinali: eccitanti per tirarsi su, sonniferi per scendere giù. Elvis aveva problemi di ipertensione, un’arteriosclerosi coronarica, danni al fegato. C'è chi dice che avesse anche problemi al colon ma che avesse rifiutato di farsi operare per vergogna.<br />
<br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2017/8/16/ELVIS-PRESLEY-40-anni-fa-la-morte-del-re-del-rock-n-roll-che-ha-cambiato-il-mondo/776191/">CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-5662839794242681742017-07-23T16:13:00.001+01:002017-07-24T08:53:36.998+01:00Rockin' all the way down to ItalyPoteva essere una cantina da qualche parte tra Juarez (ma non era il giorno di Pasqua) e il Rio Grande. Il cortile interno di un vecchio edificio ottocentesco pieno di piante, erbe rampicanti, birra a fiumi e vino bianco ghiacciato. Poteva essere il Texas, poteva essere ed è stata una serata magnifica. Dopo una settimana passata fra ospedali, centri di riabilitazione, a vomitare il sangue che usciva copioso, appena tolto il tappo, dal buco nero della mia esistenza, in mezzo a lutti e a domandarsi perché la musica non può, non sa alla fine, salvare l'anima dei più disperati, come ha detto Springsteen, "la vita non è che una tragedia intervellata da momenti di gloria".<br />
Così è stato l'altra sera a Gallarate, nient'altro che una cantina nascosta tra Varese e Milano, tra Lubbock e Austin, un momento di gloria, da incassare e custodire gelosamente per il resto della nostra tragedia quotidiana, in modo che la vita faccia meno male possibile.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgItJ4mkOB9FRITsQd4vwYkquIPJDxh5N9hyphenhyphenGnWTAskvO0idMTpg_mmf8PFxn_UQvhREJujER7l2zbu-N0UX_GOgfHF4qVNkyDeDdGLgKAbBo0wFdvs4GKoDo_asJBr_tY9PQvM0w/s1600/20228446_10212541880849313_4496741196484065825_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgItJ4mkOB9FRITsQd4vwYkquIPJDxh5N9hyphenhyphenGnWTAskvO0idMTpg_mmf8PFxn_UQvhREJujER7l2zbu-N0UX_GOgfHF4qVNkyDeDdGLgKAbBo0wFdvs4GKoDo_asJBr_tY9PQvM0w/s400/20228446_10212541880849313_4496741196484065825_n.jpg" width="225" height="400" data-original-width="526" data-original-height="935" /></a></div><br />
Francesco D'Acri, uno dei pochi cantautori italiani capace con solo una chitarra acustica, di attirare l'attenzione e tenerla desta con un mix di dolcezza (la versione tenerissima con cui ha aperto la serata di Seaf of Heartbreak) e il rock'n'roll furioso di Portami a ballare, ha tenuto fuori ogni tristezza di plastica della canzone d'autore italiana, quell'indie fasullo costruito a tavolino senza coraggio e senza alcun contenuto originale che abbaglia i ragazzi di oggi. <br />
Quando poi sono entrati in scena Luca Rovini e i suoi Companeros, è stata una scossa elettrica di purissimo rock'n'roll che da Tom Petty si ricongiunge a Dough Sahm, Merito dello straordinario chitarrista americano Peter Bonta (ex Nighthawkes, i corrispondenti americani dei Nine Below Zero, la miglior bar band da Washington DC a San Francisco, capace di jammare con chiunque, anche con Gregg Allman come successe una sera di fine anni 70, e poi accompagnatore e produttore di dozzine di grandi nomi, uno per tutti Mary Chapin Carpenter) con il suo tocco ora raffinatissimo che lega tutto insieme, ora con i suoi assoli dall'imprinting country al blues, al rock più rotolante e vibrante. In mezzo una sezione ritmica basso e batteria precisa come un metronomo, mai fuori delle righe, pulsante e capace di alzare e calmare il climax come onde di oceano.<br />
E naturalmente Luca Rovini, autore di ballate cristalline dalla vena melodica classica ma originalissima, che in veste rock'n'roll guadagnano un altro aspetto: sempre puro, sempre onesto, ma così incalzanti da non lasciare prigionieri.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNPrlIoiSRqOxC4CLOA69n3yM_sGR-ntaIVwcRoZL_t9f-w3qWauOJJaFi5REBJrIwtrg_FMZ1dcP3q8wW-f9yWtMP0Yh5Q8FxXBxjxagtFth9nl4Unb1v5cUlwZc1kV4ZoMJ40g/s1600/20257943_10212550122535350_5749112753649174657_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNPrlIoiSRqOxC4CLOA69n3yM_sGR-ntaIVwcRoZL_t9f-w3qWauOJJaFi5REBJrIwtrg_FMZ1dcP3q8wW-f9yWtMP0Yh5Q8FxXBxjxagtFth9nl4Unb1v5cUlwZc1kV4ZoMJ40g/s400/20257943_10212550122535350_5749112753649174657_n.jpg" width="400" height="300" data-original-width="960" data-original-height="720" /></a></div><br />
E finalmente si svela quello che in Italia si insegue da decenni sempre sfiorandolo ma mai riuscendoci fino in fondo: può un italiano fare musica rock? Sì, se sono Luca Rovini e questa band. L'inserimento di un musicista americano fa il tasso di differenza, ma le canzoni sono italianissime (niente inglese, please), le storie sono le nostre, cuori spezzati e migranti rifiutati, la voce è rotonda ma incazzata. Il risultato è un mix perfetto che oggi qua da noi non ha paragoni.<br />
Il divertimento e le lacrime si mischiano, tutti i presenti, anche chi venuto a cenare senza sapere chi si sarebbe eseguito o se si sarebbe eseguito qualcuno, si fermano ammutoliti ad ascoltare. Non è il solito bar dove ognuno si fa i cazzi suoi, e un motivo ci sarà. E dopo essersi ammutoliti girano le sedie verso chi sta suonando e non perdono una canzone, si agitano sulle sedie, ballano, si esaltano. Quando mai lo vediamo nella noia dei nostri bar da happy hour da poveracci?<br />
La musica vola in alto, tra blues serrati e magnifiche ballate rock, e adesso siamo davvero a Juarez, and it's Easter time too.<br />
Quando poi Peter Bonta prendeo la chitarra acustica, regalandoci un brano inciso dai Nighthawks nel 1978 e che Nils Lofgren, qualche anno dopo fece sentire a Rod Stewart che decise immediatamente di inciderlo l'anello è completo. Non siamo più americani, non siamo più italiani, siamo gente di musica, e per questo benedetti in ogni angolo del globo.<br />
E ieri sera giuro che ho visto ridere contento sotto i baffi l'unica persona che tutti aspettavamo giungere da un momento all'altro: era lì, appoggiato al muro insieme a Townes Van Zandt, Guy Clark, Rick Danko. Perché questo era quello il posto dove bisognava esserci. Insieme all'ultimo hobo, Carlo Carlini, Dio lo benedica, a cui Rovini ha dedicato l'omonima canzone da lui scritta.<br />
La musica è un momento di gloria in mezzo a una tragedia, ma fino a quando ci saranno gente come D'Acri e Rovini in giro da qualche parte, io ci sarò. Ho bisogno di serate di gloria. Chi invece nella stessa serata invece ha preferito andare altrove, buon per lui. Ci ha perso soltanto lui.Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-35236716679422873482017-06-25T17:21:00.002+01:002017-06-25T17:31:16.830+01:00Canzoni della buona speranzaE ci sono state le lacrime e c’è stata una stella cadente che ha attraversato il cielo aprendosi in due. E ci sono state preghiere e c’è stata consolazione e redenzione. C’è stato che solo ieri sera mi sono accorto che hai due anni soltanto meno di me (portati solo un filo meglio…) e allora solo ieri sera ho capito una cosa di cui non mi ero mai accorto, ho capito cosa mi aveva sempre dato fastidio, impaurito, allontanato da te. Che siamo della stessa generazione io, te, Kurt, Chris, ma mi facevate troppa paura, per cui me ne stavo alla larga. Usavo la scusa dei gusti musicali, ma in fondo ero morbosamente attratto da voi e dal vostro male. Perché era lo stesso mio male. Generazione X senza saperlo, figli di un boom economico falso, violento, spacca famiglie. Ognuno di noi cresciuto in quegli anni 60 è stato lasciato solo. Certo che tu o Kurt avete passato una adolescenza peggio della mia, che pure è stata devastante. E allora ieri sera ho capito che la nostra strada si è finalmente incrociata e ti ho riconosciuto. “Aveva un diavolo su una spalla e uno sull’altra, che le dicevamo, fuma, bevi, sniffa, scopa. Io avevo un diavolo che mi diceva solo fuma, bevi, bevi e fuma. Poi un giorno a Milano ho incontrato un angelo che mi ha detto: amami”. E la tua vita è cambiata, perché noi abbiamo sempre solo avuto bisogno di qualcuno che ci amasse, mendicanti dell’amore, mendicanti di una mano tesa.<br />
Allora la bottiglia di vino stasera è solo una scusa per fare un sorso e brindare “A questo santo patrono della vostra città che non ho mai sentito nominare” e poi anche un sorso di birra e un “vaffanculo” come dire: ma sì stasera è festa grande e fatemi fare lo stupido. Non come tre anni fa che eri sempre attaccato alla bottiglia. Solo un sorso di vino e birra.<br />
Si capisce dal primo istante quando ti si illuminano gli occhi: “E’ la prima volta che suono da solo davanti a tante gente (50mila persone)… Solo in Italia succedono queste cose…”. E si capisce che sarà una serata speciale, diversa da ogni altra.<br />
E ci sono state le lacrime quando alla fine di Black continuavi a ripetere al tuo amico Chris Cornell “come back come back” fino a quando la voce ti si è spezzata in un singhiozzo e gli occhi colmi di lacrime. E c’è stata una meraviglia quando alla fine di Imagine, per una volta apparsa non come la banalità buonista spazzatura come è stata ridotta, ma come un desiderio davvero sincero in questi tempi che ci ammazzano i figli ai concerti quando una stella cadente ha attraversato il cielo e si è spezzata in due punte di fuoco, una per Chris e una per John. E una per tutti noi, che davvero possa arrivare la pace. “Io sono uno, voi siete tanti, ma siamo tutti insieme tutti una cosa sola”. E’ stato un segno, lanciato da Qualcuno lassù che è sembrato dire: la strada è questa, the long road”, mandando la sua benedizione.<br />
“Stasera c’è la luna crescente, ma non si vede, però c’è. E’ come Dio: c’è ma non si vede... forse”. Perché hai voluto condividere tanta intimità con noi? <br />
Da solo con una chitarra elettrica strapazzata alla morte per le più feroci canzoni del tuo gruppo (e quello sguardo, anche se hai fatto pace con il tuo demone del fumo e del vino, sempre allucinato, lo sguardo di un killer, lo sguardo dell’allucinazione, che riemerge ogni volta che canti una di quelle canzoni scritte nella disperazione della nostra generazione, fa ancora paura), con l’acustica per pagare pegno ai nostri maestri, da “Uncle Neil” a Cat Stevens ai Pink Floyd (maltrattta ugualmente...)<br />
Insieme a un busker di Dublino, alla fine, a cantare insieme “society have mercy on me if I disagree…”, abbiate di pietà di chi non riesce a tenere il passo di questa società della follia e della morte, due mondi diversi che si mischiano. Lui un busker dell’amore implorato, e della misericordia, tu un busker punk, ma come cazzo siete uguali mentre spaccate ogni corda delle vostre chitarre.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCsWHs_uZreNWj8mJnKbYMVD4q3u7PebLdoNojxun-nyyx199I_tvJ0ASbS1bNtH_JQJBKYSDOkh7gmgrlfltZN3BAp64aI-Lzn9ZnCd91Gcz3i2lsOYlM5hUKAOpmzgrxEClbTQ/s1600/eddie-593x443.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCsWHs_uZreNWj8mJnKbYMVD4q3u7PebLdoNojxun-nyyx199I_tvJ0ASbS1bNtH_JQJBKYSDOkh7gmgrlfltZN3BAp64aI-Lzn9ZnCd91Gcz3i2lsOYlM5hUKAOpmzgrxEClbTQ/s400/eddie-593x443.jpg" width="300" height="400" data-original-width="1200" data-original-height="1600" /></a></div><br />
<br />
E che sei un uomo umile, un uomo buono, lo si capisce quando, a differenza di tutti i tuoi colleghi, per il momento climax della serata in cui scendi in mezzo al pubblico invece di cantare una canzone tua ne fai una di Glen Hansard, la canzone della buona speranza, come un augurio, come un abbraccio: “<i>And I know where you've been<br />
It's really left you in doubt<br />
Of ever finding a harbor<br />
Of figuring this out<br />
<br />
And you're gonna need<br />
All the help you can get<br />
So lift up your arms now<br />
And reach for it<br />
And reach for it”</i><br />
<br />
Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, alza le tue braccia e raggiungilo: condividere è il segreto, unire invece che dividere, abbracciare invece che scansarsi, accettare il nostro limite e andare avanti giorno per giorno, che tutto è una benedizione.<br />
Così la nostra generazione troverà pace. Grazie dell’insegnamento, forse risparmierò qualche soldo in psicanalisi. Grazie dell’amore. Grazie delle lacrime. E grazie della musica. Perché ci vuole il rock'n'roll per tenerci la mente sana e lontana dal dolore e dalla paura che avremo sempre dentro di noi, e allora vai di mulinello alla Pete Townshend e poi salya, salta sugli amplificatori. Ma va bene anche l’ukulele.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/8z9ei95alSc" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-71786078394021373292017-06-07T14:57:00.000+01:002017-06-07T14:57:07.610+01:00“Canta, o Musa, e attraverso me narra la storia”<i>"Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost his leg years ago trying to attack Moby with a knife…". </i><br />
<br />
La voce di Bob Dylan scorre profonda e melodiosa, con un ritmo incalzante e cadenzato, con battiti precisi, come se stesse leggendo una poesia e non un discorso. La sua voce è così: è ritmo, è musica, è il vecchio schiavo fuori della capanna dello Zio Tom che intona il blues senza accompagnamento strumentale, è l'ebreo errante che legge i salmi nelle sinagoghe di tutto il mondo, è il soldato sudista lacero e sconfitto dopo la guerra civile, è Omero che recita l'Odissea, è il contadino hillbilly seduto tra le rovine della sua fattoria al tempo della grande depressione.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/6TlcPRlau2Q" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
L'abbiamo sentita, la voce di Bob Dylan, cantare le sue canzoni, canzoni che spesso sono "raccontate" più che cantate. Questa è la sua voce, che canti o che parli. Una voce mistica, vecchia come è vecchio il mondo. Provate a metterci sotto una base ritmica elettronica, sentirete l'unico vero rapper al mondo che declama e non ferisce le orecchie andando fuori tempo. D'altro canto il primo brano autenticamente hip hop lo scrisse lui, un bianco del Minnesota, nel 1965, Subterranean Homesick Blues. La sua voce è rock'n'roll allo stato puro, ma è anche William Shakespeare che legge passi dell'Amleto ai suoi attori.<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2017/6/7/BOB-DYLAN-Premio-Nobel-il-discorso-Le-nostre-canzoni-sono-vive-nel-mondo-dei-vivi-/767780/"><br />
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-62872010259730724812017-04-24T14:35:00.002+01:002017-04-24T14:35:24.788+01:00Glory Days<i>Happy days well they'll pass you by <br />
Happy days in the wink of a young girl'eyes</i><br />
<br />
Negli anni 70 avevamo: Le strade di San Francisco (con un giovanissimo Michael Douglas e il celeberrimo Karl Malden, l'attore che impersonava il sacerdote nel capolavoro Fronte del porto e che aveva vinto un Oscar due anni prima interpretando sempre con Marlon Brano Un tram chiamato Desiderio); Starsky & Hutch (anche se in realtà in Italia cominciò a essere trasmesso nel 1979) e Happy Days.<br />
<br />
Se il primo era già per un pubblico un po' più adulto, le immagini di San Francisco furono comunque abbastanza per farci cominciare a sognare l'America, mentre il secondo ci faceva rimpiangere un'America già passata di moda, quella dei pantaloni zampa di elefante, e quella Los Angeles ci appariva contemporaneamente un mondo troppo lontano dalla nostra realtà provinciale italiana. Ma Paul Glaser e David Soul erano davvero fighi, così fuori dalle righe, da farceli sognare.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/KD7TxG5BgkE" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
Con Happy Days invece, benché si svolgesse in un'America lontanissima e inimmaginabile, quella dei primissimi anni 60, c'eravamo dentro tutti. Andata in onda per la prima volta in America nel 1974, nel pieno del revival per quei tempi innocenti e pieni di speranza riportati alla ribalta dal film capolavoro American Graffiti uscito l'anno prima e in cui recitava anche Ron Howard, il Ricky Cunningham di Happy Days, era il naturale prosieguo di quel film. <br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2017/4/24/ERIN-MORAN-In-compagnia-con-Ralph-Potsie-e-Fonzie-c-era-anche-Dio-Happy-Days-mi-ha-insegnato-qualcosa/760930/">CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-26683641455920420502017-04-14T16:42:00.001+01:002017-04-14T16:42:48.199+01:00Love & Hate<i>When you're lost in the rain in Juarez when it's Easter time, too and your gravity fails and negativity don't pull you through</i><br />
<br />
<br />
Dove c'è amore c'è odio, dove c'è ammirazione, c'è antagonismo, dove c'è fiducia c'è sospetto. Amore e odio sono la consistenza del nostro io e del modo in cui conosciamo e apprendiamo il mondo. Sono indipendenti, ma solo nel senso che non puoi avere l'uno senza l'altro, ma anche perché uno nutre l'altro. Il modo in cui amiamo qualcuno dipende da come lo odiamo e viceversa. Questa modalità fa parte di noi fino dentro a ogni singola cellula del nostro corpo. Questo vale anche per il modo in cui guardiamo e sentiamo noi stessi: ci amiamo e ci odiamo. In questo modo noi osserviamo, calcoliamo e respiriamo. La gran parte del nostro tempo la spendiamo a criticare noi stessi e gli altri. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd1-Krurs5N0ADWV7d_8O_HstmMqiOciBkD2-Y2xrK7xIxoE5Rb7vBt2UXGPYphsjHKU0-aFFXTerlgDXY8ejPWy09OgxNQnn6JmET4Q5lWctYt_j97dcRIKPjOu_Jx3Hi6gB4Cg/s1600/subway-1681222_960_720.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd1-Krurs5N0ADWV7d_8O_HstmMqiOciBkD2-Y2xrK7xIxoE5Rb7vBt2UXGPYphsjHKU0-aFFXTerlgDXY8ejPWy09OgxNQnn6JmET4Q5lWctYt_j97dcRIKPjOu_Jx3Hi6gB4Cg/s400/subway-1681222_960_720.jpg" width="400" height="267" /></a></div><br />
Ci facciamo un male incommensurabile, ci mutiliamo e godiamo a vederci sanguinare in modo tale che non possiamo neppure immaginare una vita diversa. Così ogni mattina quando ci svegliamo aspettiamo la nostra dose quotidiana di insoddisfazione, ogni giorno non sarà mai quello che vorremmo che fosse, perché lo abbiamo già deciso noi. Ci rassegniamo, nella nostra viltà, a sprofondare con godimento nella rassegnazione di un cinismo senza sbocchi e senza fine. In questo modo passeremo la vita a punirci, perché è quello che ci rende corazzati, vittime supreme, indelebili a qualunque proposta la vita ci faccia. E dopo? L'autodistruzione. Felicità, infelicità, e la prigione che ci siamo imposti. Null'altro conta. Di una cosa sola era certo: la sua propria inadeguatezza. <br />
Chiuso il libro, appoggiato sul comodino, messi via gli occhiali, spenta la luce, chiuse gli occhi. Mentre i fantasmi come ogni sera si radunavano attorno al suo letto.<br />
Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-1754467851631235112016-11-12T13:41:00.001+01:002016-11-12T13:41:17.363+01:00Death of a ladies' manE' una giornata di sole oggi a Los Angeles. D'altro canto a Los Angeles c'è sempre il sole. L'anziano signore, sempre elegantemente vestito, sobrio ma con cura, si gode quei raggi caldi nel piccolo giardino della sua modesta abitazione. Il lusso e quel genere di cose non l'hanno mai interessato più di tanto. <br />
Era cresciuto sì in una grande e bella casa del quartiere ebraico, uno dei più signorili di Montreal in Canada, ma nella vita si era abituato sempre allo stretto necessario. Fin da quando poco più che ventenne aveva vissuto in una stanzetta fredda e minuscola a Londra, per scrivere il suo primo romanzo. <br />
Oggi a Los Angeles è una bella giornata, ma lui sente una inquietudine strana, un dolore sconosciuto. Non si preoccupa più di tanto. Ha sempre convissuto con il dolore, la malinconia e la tristezza e alla fine ha capito che sono le cose che danno gusto alla vita: "C'è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce". La sofferenza per troppo amore. Ogni tanto sorseggia una tazza di caffè nero, si accende anche una sigaretta. Quando aveva smesso di fumare, più di vent'anni fa, con una battuta aveva detto: "Ricomincerò a 80 anni". Era il suo classico umorismo ebraico, in realtà voleva dire che a 80 anni non ci sarebbe mai arrivato. Aveva sempre aspettato la morte nel corso della sua vita. Aveva flirtato con lei, l'aveva derisa e l'aveva implorata, specie quando la depressione si era fatta forte e devastante tanto che i suoi musicisti lo avevano soprannominato "Capitan Mandrax", dall'anti depressivo che prendeva a dosi massicce quando era in tour, per darsi la forza di salire sul palco e cantare, lui uomo discreto, riservato e umile. Una volta, in Israele, mentre cantava So Long Marianne era scoppiato in lacrime e aveva interrotto il concerto. Poi gli era venuta una idea assurda: un intero tour negli ospedali psichiatrici, qualcosa che nessuno aveva e avrebbe mai fatto. Non sapeva più come era venuta fuori quell'idea, forse perché lui con quella gente si trovava in sintonia più che con quelli che stavano fuori dei manicomi.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/DgEiDc1aXr0" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
"Ho visto il futuro del rock'n'roll e il suo nome non è Leonard Cohen" aveva scherzato quando era stato celebrato alla Rock'n'roll Hall of Fame qualche anno prima, davanti a quel Jon Landau che con quelle parole aveva lanciato un vero rocker, Bruce Springsteen. Già, lui non era mai stato parte di quel circo, pensava.<br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2016/11/12/LEONARD-COHEN-Morte-di-un-donnaiolo-c-e-una-crepa-in-ogni-cosa-e-da-li-passa-la-luce/732680/">CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-43577245435594194382016-10-21T14:47:00.002+01:002016-10-21T14:57:10.808+01:00I diari del CalaChiariamo subito. Esistono i liguri della costa est e quelli della costa ovest. I primi sono dei signori, abitano tra Genova (la superba, in tutti i sensi) e le cinque terre (premio Nobel alla bellezza). In mezzo ci stanno località come Portofino, Sestri Levante e naturalmente Chiavari, dove sono cresciuto io - sono nato giusto dall'altra parte del ponte, a Lavagna, ma sulle tracce di Dante Alighieri, che per dispetto la cancellò dalla sua Commedia, l'ho attraversato ben presto). <br />
Sulla costa ovest ci stanno i liguri più sfigati. Loro hanno le spiagge (noi no), e per questo si devono sorbire milioni di milanesi e torinesi che si fiondano da loro ogni weekend intasandone strade e spiagge. Da noi c'è il turismo vip: Berlusconi ad esempio parcheggiava il suo yacht nel porto di Lavagna e Roberto Vecchioni aveva una casa a Sestri Levante, a cui dedicò anche una canzone quando un bagnino del posto andò a letto con la moglie. Mica stiamo a pettinare le bambole noi.<br />
Ma abbiamo una cosa in comune. Siamo tutti malmostosi. Anche quelli come me e Il Cala che di origine non siamo liguri (vi sembrano cognomi liguri Calandriello e Vites?), ma abbiamo respirato la malmostosità a pieni polmoni appena in fasce. Belìn, quanto siamo permalosi, incazzosi e grebani. Il Cala poi da quando si è messo a scrivere libri è diventato lo scrittore più letto a casa mia. Moglie e figlie che hanno sempre ignorato i miei libri, i suoi se li divorano e ridono un casino. Questo mi fa girare il belino ancora di più, considerando che è pure gobbo.<br />
Però, anche se mi gira il belino, devo ammetterlo: il Cala sa scrivere. Ha fatto ridere anche me.<br />
"I diari della varicella" li ho divorati in mezz'ora (tranqui, non sono molte pagine, adesso non esageriamo).<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkaSP3afUH0bKQinPeC7RhjJrlYThQ0_Ky1-sErKWZbxasBI_WRj0McHQq7Ks3K3GyxHTYejOd5sYet3BqFXEU_qBin347fS07s47a-7peJ6KbcxpjRd0BYOl2Ro1CvuuGFOwwEQ/s1600/47815_10200749679291914_1624824201_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkaSP3afUH0bKQinPeC7RhjJrlYThQ0_Ky1-sErKWZbxasBI_WRj0McHQq7Ks3K3GyxHTYejOd5sYet3BqFXEU_qBin347fS07s47a-7peJ6KbcxpjRd0BYOl2Ro1CvuuGFOwwEQ/s400/47815_10200749679291914_1624824201_n.jpg" width="305" height="400" /></a></div><i>Me and Il Cala, malmostosi e con borsello scacciafiga</i><br />
<br />
<br />
I malmostosi hanno qualcosa in più, hanno un X Factor che gli altri non hanno. Sono realisti. Fin troppo. Si accorgono di cose che gli altri non vedono neanche. Per questo sono sempre così incazzati. Non sono mai soddisfatti e non si accontentano di quello che a tutti gli altri basta per sopravvivere. Noi vogliamo il mondo e lo vogliamo adesso. Il Cala è così. <br />
Ha uno sguardo che va al fondo, vede tutto, lo digerisce e poi lo descrive con autoironia straordinaria. Nei "Diari della varicella" si tratta della vita di famiglia, con due bambine ("le sorelle catarro" mi fa morire), le piccole fatiche quotidiane del crescerle, la sindrome di Münchhausen che colpisce tutti gli uomini, credersi malati per attirare le attenzioni su di sé e aumentare a dismisura i propri malanni perché in fondo siamo dei cagasotto ("del resto 37,4 è un febbrone da cavallo no?").<br />
"Scusa, Ameri, i diari del calcetto" (pubblicato adesso anche questo su cartaceo e con una parte inedita in più rispetto alla precedente edizione e-book) tocca un argomento più delicato, la passione per il calcio. Il Cala è juventino e avrei già detto tutto. Ma anche qui ironia, simpatia, gusto del bello sono profusi a piene mani. E ci si commuove anche quando racconta del massacro dell'Heysel, vissuto alla televisione ancora da ragazzino e che lo ha segnato. E' la "perdita dell'innocenza" come la chiama lui, e tocca a tutti prima o poi. <br />
In questi due libri ci siamo dentro tutti, è questo che li rende speciali, perché noi non lo sapremmo dire in modo altrettanto onesto e divertente.<br />
Anche se Il Cala quando giocava lo mettevano sempre in porta, come si fa con i più scarsi, quando scrive è tra i migliori. Perché noi liguri siamo malmostosi, ma abbiamo il cuore grande. Anche se non sembra.<br />
<br />
<b>(tutti e due i libri Matisklo Edizioni; ovviamente meglio il cartaceo dell'e-book, come sono meglio i vinili dei cd e i cd sono meglio degli mp3)</b>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-54799277202857639942016-10-14T14:43:00.001+01:002016-10-14T14:43:45.549+01:00Poems In Naked WonderE' un afoso giorno di giugno del 1970. Nell'aria solo il frinio delle cicale, fastidioso e inquietante come solo è il verso delle cicale. Una lussuosa limousine arranca verso la prestigiosa università di Princeton, dove per la prima volta verrà concessa una laurea in musica, honoris causa, a un cantautore rock. Dentro, oltre all'autista, ci sono due delle più famose rock star al mondo e la moglie di uno di loro. Uno dei due si appresta a ricevere la laurea. Non sembra molto entusiasta. Anzi. Tornerà a casa infastidito a tal punto da scrivere subito una velenosa canzone su quella giornata: "As I stepped to the stage to pick up my degree the locusts sang off in the distance... I glanced into the chamber where the judges were talking darkness was everywhere, it smelled like a tomb... I was ready to leave, I was already walkin’ I put down my robe, picked up my diploma... Took hold of my sweetheart and away we did drive Straight for the hills, the black hills of Dakota... sure was glad to get out of there alive…". Felice di essere uscito vivo da lì, da Princeton.<br />
<br />
Bob Dylan è il primo cantautore rock il cui lavoro viene riconosciuto da una università americana. Quello del 9 giugno 1970 è un momento storico, Ad accompagnarlo l'amico David Crosby che letteralmente lo spinge sul palco al momento della consegna. E' l'incontro/scontro tra due mondi, quello accademico della cultura ufficiale e quello dell'allora controcultura, di cui Bob Dylan è considerato dai giovani di tutta America la voce più forte e influente. Anche gli accademici se ne rendono conto tanto che nel discorsetto di premiazione dicono: “Anche se tutti sanno che non gradisce la notorietà e le situazioni pubbliche e sebbene si stia avvicinando alla pericolosa età dei 30 anni, Bob Dylan rimane l’autentica espressione della turbata e impegnata coscienza della giovane America”. In effetti il cantautore ha 29 anni e a quei tempi era d'uso dire: “Non fidarti di chi ha più di 30 anni”. A 30 anni si era vecchi e si apparteneva all'establishment.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgUCFIfu3Tg22WTtuiw1WELSjxJxOqXF07YhMpc15U1Y0yvp6lX4JXSeUetMT0Py07SsXV9vAlhNArmgwFHI2CsA0HzyK6BEUzMitJOukS4-xo-aspKyFqHHXtx8VcF1fBpcZ6wg/s1600/14725479_10209884021444489_1200950781958222869_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgUCFIfu3Tg22WTtuiw1WELSjxJxOqXF07YhMpc15U1Y0yvp6lX4JXSeUetMT0Py07SsXV9vAlhNArmgwFHI2CsA0HzyK6BEUzMitJOukS4-xo-aspKyFqHHXtx8VcF1fBpcZ6wg/s400/14725479_10209884021444489_1200950781958222869_n.jpg" width="400" height="250" /></a></div><br />
Contro accademici, professori e ceto medio borghese Dylan aveva scritto canzoni taglienti e piene di disprezzo: “You've been with the professors and they've all liked your looks... with great lawyers you have discussed lepers and crooks You've been through all of F. Scott Fitzgerald's books... you're very well-read, it's well-known” (Ballad of a Thin Man).Erano due mondi in collisione.<br />
<br />
Nei decenni successivi il palmares del cantautore si sarebbe riempito oltremisura di premi e onorificenze, da quello Oscar per la miglior canzone da film, nel 2001, a un'altra laurea honoris causa nel 2004 concessa questa volta dalla più antica e celebre università scozzese, la St Andrews (nelle foto dell'evento lo si vede letteralmente addormentato in mezzo a professori e accademici), al Premio Kennedy, la più importante onorificenza americana all'arte e alla cultura, data a Dylan dalle mani di Barack Obama, dalla Legione d'onore francese ("drogato e pacifista non può meritarla" protestò un generale) al Neustadt International Prize for Literature, a un Pulitzer alla carriera. E ancora: il National Book Critics Circle Awards per la sua autobiografia, (Chronicles; insieme a Tarantola, l'unico libro mai scritto dal cantautore) e ancora il Premio Principe di Asturias con la motivazione che “la canzone e la poesia della sua opera crea scuola e determina l’educazione sentimentale di milioni di persone”.<br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2016/10/14/BOB-DYLAN-Premio-Nobel-per-la-letteratura-la-poesia-e-tornata-per-le-strade/728084/"><br />
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a>Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-28725010.post-29928466705539126532016-08-03T17:09:00.001+01:002016-08-03T17:09:58.546+01:00Hey mr. deejay woncha hear my last prayer"I can't say that I'm sorry for the things that we done at least for a little while, sir me and her we had us some fun", non posse dire che mi dispiace di quell che abbiamo fatto, almeno per un po', signore, io e lei ci siamo divertiti. <br />
Una grande canzone è quella che è in grado di superare la collocazione temporale del momento in cui viene scritta e pubblicata. Restare attuale cioè anche se l'argomento è circoscritto a un particolare episodio. Quasi mai l'autore è consapevole che una determinata canzone potrà avere questo risultato, essa nasce come particolare esigenza di un preciso sentimento vissuto dal suo autore che, quando è onesto verso il suo lavoro, diventa solo lo strumento espressivo di qualcosa che si impone per essere comunicato. Nel suo caso Springsteen lo ha descritto perfettamente: "Le mie canzoni conoscono me più di quanto io conosca me stesso". <br />
Di fronte alla strage continua e apparentemente senza senso che accompagna questo luglio rosso (di sangue) Nebraska di Bruce Springsteen chiede di emergere dagli anfratti del tempo e con autorità si impone come chiave interpretativa di quel qualcosa che è il "male". Come sempre nel caso di un grande disco, esso verrà a bussare nel momento che esso lo ritiene più opportuno. Un ascolto antico, quasi rimosso, nello scaffale delle cose scontate improvvisamente cadrà da quello scaffale per farsi raccogliere d irti, anche più di trent'anni dopo: ascoltami, io sono qui per essere ascoltato.<br />
<br />
<iframe width="420" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/iir_xAbt-ak" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
E' impossibile, leggendo e ascoltando quei versi messi a inizio di questo articolo, non vedere davanti a noi le facce dei ragazzini che stanno insanguinando l'Europa: "Io e lei ce ne andammo a fare un giro, signore, e dieci persone innocenti sono morte (…) ho ucciso ogni cosa che ho incontrato". A questo livello, l'altro, l'alterità e la sua morte sono un fastidio da togliersi di dosso come una zanzara nella calura estiva. Ma procura anche "divertimento" di fronte all'assenza di significato che la vita è diventata. Non si è più nemmeno in grado di distinguere quello che è bene o male: abbiamo ucciso, ma almeno per un po' ci siamo divertiti. Potrebbe dirlo qualunque tagliagole dell'esercito del califfato islamico, là in Siria e in Iraq.<br />
Ai ragazzi di origine algerina o tunisina o afgana, per qualche curioso effetto che oltrepassa la nostra volontà, si sovrappone improvvisamente il volto di Charles Raymond "Charlie" Starkweather, autore, tra il 21 e il 29 gennaio 1958 di dieci omicidi (il 30 novembre 1957 aveva già ucciso un'altra persona) in un caso di furia omicida durato circa due mesi, mentre si spostava in fuga dal natio Nebraska al Wyoming accompagnato dalla fidanzata 14enne Caril Ann Fugate.<br />
<br />
<br />
<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2016/7/29/SPRINGSTEEN-Nebraska-il-male-che-attraversa-le-canzoni-il-killer-dentro-di-noi/716736/"><br />
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO</a><br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Paolo Viteshttp://www.blogger.com/profile/13904780684425272320noreply@blogger.com0