Tuesday, July 31, 2007
Desire
"La bellezza strappa fuori il nostro cuore dall'accomodamento al quotidiano, dal decadere nel niente, dal non essere presente a noi stessi" (Platone)
"Uomini che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura, ed essi bramano e desiderano più di quanto all'uomo sia consono aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso; Egli stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua bellezza. L'ampiezza della ferita rivela già quale sia lo strale e l'intensità del desiderio lascia intuire Chi sia colui che ha scoccato il dardo" (Nikola Kabasilas, teologo bizantino)
Che la nostra ferita sia sempre aperta.
Tuesday, July 17, 2007
“Milano, prega con me”
Antefatto.
Savona, 5 luglio 2007. Ferdinando Molteni, assessore alla Cultura del Comune di Savona dice a Patti Smith che a pochi chilometri dalla città, il 18 marzo 1536 a un anziano pastore di nome Antonio Botta, è apparsa la Madonna. Lei vuole sapere tutto di questo mistero e chiede di organizzare una gita al Santuario il giorno dopo. Accompagnata da Ezio Guaitamacchi (“il diretùr” come lo chiamo io, di Jam, carissimo amico che purtroppo vive di una fede sbagliata, quella milanista) a mezzogiorno di sabato 6 luglio Patti Smith è nella cripta che ricorda l’apparizione della Vergine ad Antonio, il vecchio pastore ligure. Bacia il pavimento, si raccoglie in preghiera, fa mille domande su quel luogo sacro.
Alla sera, durante il concerto, più volte giunge le mani in preghiera e ringrazia “Antonio, per essere stato tramite tra la Vergine e noi”.
(La chiesa N.S. della Misericordia, Santuario di Savona)
Intermezzo.
“La crocefissione di Cristo, la sua trasfigurazione, è un atto che si può a malapena comprendere in questa epoca intrisa di scienza” (Patti Smith, durante una intervista degli anni 90).
Finale.
Milano, 16 luglio 2007. È l’ultima serata di un tour di 47 date, e Patti Smith, 60 anni da poco compiuti, a tratti mostra tutta la fatica. Non importa. Davanti a un pubblico debordante (doveva essere un concerto per pochi intimi, sono arrivati in migliaia), la cantante si commuove più volte, ringrazia la città e il suo pubblico. Durante l’esibizione di Are You Experienced? (Jimi Hendrix), cade in ginocchio, improvvisa alcuni versi e a un certo punto dice “Milano, prega con me, non siamo fatti per morire, siamo fatti per rinascere”.
E se mi piace citare una debordante versione di Blitzkrieg Bop dei Ramones (ho aspettato tutta la vita di sentirla fare, soprattutto adesso che i fratelli Ramones sono andati tutti là nel paradiso dei rocker) in cui lei si limita a ballare e saltellare mentre Lenny Kaye e JD Daugherty fanno del loro meglio per farci sentire come se fossimo al CBGB’s, là sulla Bowery, in una sera di metà anni 70, non posso fare a meno di citare la conclusiva, parossistica, devastante, lunghissima e abrasiva Rock’n’Roll Nigger. Presa una chitarra, Patti sale sulla batteria lanciando strali di feedback. Non è più una donna di 60 anni anni, mistica e dolcissima, come lo era stata pochi minuti prima quando aveva eseguito Perfect Day di Lou Reed (“Domani mi fermo qua” dice “vado alla Scala a sentire la Traviata. Per cui non vi lascio, sarò tutto il giorno insieme a te, Milano”), adesso è la selvaggia ragazza punk che ricordavamo trent’anni fa. A un certo punto comincia a staccare a una a una, in modo lento e intenso, le corde della chitarra. La alza alta verso il cielo e dice, declamando forte: “No more fucking bombs, no more fucking wars, this is our instrument of war, there is only one war, the war of rock’n’roll”.
Detto da chiunque altro, sarebbe semplicemente stupido. Detto da lei, in questa afosa notte milanese in cui il rock’n’roll è riuscito misteriosamente a compiere ancora una volta la sua missione, quella di spaventarci, ispirarci, farci guardare verso un “oltre”, è maledettamente giusto. E anche vero.
Savona, 5 luglio 2007. Ferdinando Molteni, assessore alla Cultura del Comune di Savona dice a Patti Smith che a pochi chilometri dalla città, il 18 marzo 1536 a un anziano pastore di nome Antonio Botta, è apparsa la Madonna. Lei vuole sapere tutto di questo mistero e chiede di organizzare una gita al Santuario il giorno dopo. Accompagnata da Ezio Guaitamacchi (“il diretùr” come lo chiamo io, di Jam, carissimo amico che purtroppo vive di una fede sbagliata, quella milanista) a mezzogiorno di sabato 6 luglio Patti Smith è nella cripta che ricorda l’apparizione della Vergine ad Antonio, il vecchio pastore ligure. Bacia il pavimento, si raccoglie in preghiera, fa mille domande su quel luogo sacro.
Alla sera, durante il concerto, più volte giunge le mani in preghiera e ringrazia “Antonio, per essere stato tramite tra la Vergine e noi”.
(La chiesa N.S. della Misericordia, Santuario di Savona)
Intermezzo.
“La crocefissione di Cristo, la sua trasfigurazione, è un atto che si può a malapena comprendere in questa epoca intrisa di scienza” (Patti Smith, durante una intervista degli anni 90).
Finale.
Milano, 16 luglio 2007. È l’ultima serata di un tour di 47 date, e Patti Smith, 60 anni da poco compiuti, a tratti mostra tutta la fatica. Non importa. Davanti a un pubblico debordante (doveva essere un concerto per pochi intimi, sono arrivati in migliaia), la cantante si commuove più volte, ringrazia la città e il suo pubblico. Durante l’esibizione di Are You Experienced? (Jimi Hendrix), cade in ginocchio, improvvisa alcuni versi e a un certo punto dice “Milano, prega con me, non siamo fatti per morire, siamo fatti per rinascere”.
E se mi piace citare una debordante versione di Blitzkrieg Bop dei Ramones (ho aspettato tutta la vita di sentirla fare, soprattutto adesso che i fratelli Ramones sono andati tutti là nel paradiso dei rocker) in cui lei si limita a ballare e saltellare mentre Lenny Kaye e JD Daugherty fanno del loro meglio per farci sentire come se fossimo al CBGB’s, là sulla Bowery, in una sera di metà anni 70, non posso fare a meno di citare la conclusiva, parossistica, devastante, lunghissima e abrasiva Rock’n’Roll Nigger. Presa una chitarra, Patti sale sulla batteria lanciando strali di feedback. Non è più una donna di 60 anni anni, mistica e dolcissima, come lo era stata pochi minuti prima quando aveva eseguito Perfect Day di Lou Reed (“Domani mi fermo qua” dice “vado alla Scala a sentire la Traviata. Per cui non vi lascio, sarò tutto il giorno insieme a te, Milano”), adesso è la selvaggia ragazza punk che ricordavamo trent’anni fa. A un certo punto comincia a staccare a una a una, in modo lento e intenso, le corde della chitarra. La alza alta verso il cielo e dice, declamando forte: “No more fucking bombs, no more fucking wars, this is our instrument of war, there is only one war, the war of rock’n’roll”.
Detto da chiunque altro, sarebbe semplicemente stupido. Detto da lei, in questa afosa notte milanese in cui il rock’n’roll è riuscito misteriosamente a compiere ancora una volta la sua missione, quella di spaventarci, ispirarci, farci guardare verso un “oltre”, è maledettamente giusto. E anche vero.
Thursday, July 12, 2007
tweedle dee & tweedle dum
Forse la gente ha preso davvero sul serio il messaggio del concertone salva-mondo, altrimenti noto come Live Earth: lo share televisivo in Inghilterra e Stati Uniti è stato infatti così basso che viene da pensare che nessuno abbia acceso il televisore per risparmiare un po' di energia e contribuire così alla salvezza del nostro povero eco-sistema. Di fatto le esibizioni musicali sono state così penose (a parte gli immortali Spinal Tap e i sempre tosti Metallica) che non valeva propio la pena guardare una accozzaglia di giovinastri stonati e incapaci di stare sul palco (due nomi su tutti: Kasabian e James Blunt).
Sembra che Madonna, poi, con la sua esibizione abbia prodotto più sostanze inquinanti di un volo di linea 747.
A proposito di voli di linea: la cosa più divertente erano i messaggi pro-ambiente che venivano trasmessi tra una esibizione e l'altra, probabilmente frutto della geniale mente del simpatico Al Gore. Tipo: prendete l'aereo solo se indispensabile! Certo Al, scusa: di solito vado a fare la spesa all'Esselunga con un Boeing, ma adesso non lo farò più. Accidenti.
Saltando di palo in frasca, da buon genitore mi sono dovuto arrendere all'enesima richiesta-ricatto di mia figlia, che ha voluto come regalo di compleanno un i-pod. Ho potuto constatare di persona quello che avevo sempre pensato: l'oggetto più obsoleto che le brillanti menti del marketing mondiale ci hanno regalato (regalato?? 150 euro per un oggetto che come costi puri di fabbricazione ne vale neanche 30): qualità sonora della musica infame; aspetto oggettistico irritante e demenziale (già so che finirò per sedermici sopra prima o poi, visto che è quasi invisibile); modalità d'uso impraticabile (devi strusciare il ditino su e giù per cambiare le funzioni... i vecchi comodi tasti sono una cosa poco trendy per il terzo millennio, vero?); concezione della fruizione musicale nulla: come ha detto recentemente il grande songwriter Loudon Wainwright, “la gente scarica le mie canzoni una qua e una là, fregandosene dell’ordine con cui ho deciso che andrebbero ascoltate sul disco”. Aggiungo io: è come prendere i capitoli di un libro qua e là e pretendere di dire di aver letto un libro. Dimenticavo: una volta avevamo la presunzione che un disco fosse un oggetto che trasmettesse”cultura”, proprio come un libro. Oggi con l’i-pod la musica si ascolta un tanto al chilo: mi dia due canzoni di Britney Spears, ci metta in mezzo una di Bob Dylan e poi faccia anche tre di Tiziano Ferro…
Bah... decisamente sono ormai tagliato fuori dal mondo di Al Gore e degli i-pod, ma meglio così. Il mio mondo era molto meglio. Vi lascio con la foto di un amico inglese: notare il look praticamente identico: men in black... soprattutto men in... bald...
Che la vostra sia una buona estate.
Sembra che Madonna, poi, con la sua esibizione abbia prodotto più sostanze inquinanti di un volo di linea 747.
A proposito di voli di linea: la cosa più divertente erano i messaggi pro-ambiente che venivano trasmessi tra una esibizione e l'altra, probabilmente frutto della geniale mente del simpatico Al Gore. Tipo: prendete l'aereo solo se indispensabile! Certo Al, scusa: di solito vado a fare la spesa all'Esselunga con un Boeing, ma adesso non lo farò più. Accidenti.
Saltando di palo in frasca, da buon genitore mi sono dovuto arrendere all'enesima richiesta-ricatto di mia figlia, che ha voluto come regalo di compleanno un i-pod. Ho potuto constatare di persona quello che avevo sempre pensato: l'oggetto più obsoleto che le brillanti menti del marketing mondiale ci hanno regalato (regalato?? 150 euro per un oggetto che come costi puri di fabbricazione ne vale neanche 30): qualità sonora della musica infame; aspetto oggettistico irritante e demenziale (già so che finirò per sedermici sopra prima o poi, visto che è quasi invisibile); modalità d'uso impraticabile (devi strusciare il ditino su e giù per cambiare le funzioni... i vecchi comodi tasti sono una cosa poco trendy per il terzo millennio, vero?); concezione della fruizione musicale nulla: come ha detto recentemente il grande songwriter Loudon Wainwright, “la gente scarica le mie canzoni una qua e una là, fregandosene dell’ordine con cui ho deciso che andrebbero ascoltate sul disco”. Aggiungo io: è come prendere i capitoli di un libro qua e là e pretendere di dire di aver letto un libro. Dimenticavo: una volta avevamo la presunzione che un disco fosse un oggetto che trasmettesse”cultura”, proprio come un libro. Oggi con l’i-pod la musica si ascolta un tanto al chilo: mi dia due canzoni di Britney Spears, ci metta in mezzo una di Bob Dylan e poi faccia anche tre di Tiziano Ferro…
Bah... decisamente sono ormai tagliato fuori dal mondo di Al Gore e degli i-pod, ma meglio così. Il mio mondo era molto meglio. Vi lascio con la foto di un amico inglese: notare il look praticamente identico: men in black... soprattutto men in... bald...
Che la vostra sia una buona estate.
Thursday, July 05, 2007
Me and Blind Willie McTell
I still remember that day. As Greil Marcus said, those were the days, like already in 1965-67, when you were afraid of entering a record shop because you knew how many good albums you could find and buy. So it was a 1978 afternoon when I entered my local record shop, and the guy, as soon as he saw me, started to yell: “Check this, check this! Great music!”. What the fuck is that, I thought, another Sex Pistols look-a-like band? I wasn’t much into the music of those days, punk music they called it, honestly, the Clash were something I would discover only one year later, with the magnificent London Calling album. But yes, every day there was a new band to check. So I asked to listen to it, and soon as the notes of the very first Dire Straits album came out from the speakers, I knew that something special was in that album and in that band.
Almost 30 years later, I finally had the chance to meet the leader of the band, now a solo artist with some wonderful solo albums behind him and a new one coming out in September: Mark Knopfler.
I’m sitting in front of this almost 60 year-old man, dressed in black with green sunglasses, and you can’t help but notice the tons of charisma coming out of him, something I noticed only once in my life, ten years ago, when I met Robbie Robertson.
He is a great cool guy, a funny one too, and in the end we get so well that he even asks me if I know some cool small club in my town where he can come and play next September. When I tell him that my then 14 year-old wife saw him in concert with the Dire Straits, the very first time they came to Italy in 1979, he just smiles and asks: “Did she have a good time?”.
But, like Robbie Robertson, Mark Knopfler was with a certain Bob Dylan during a very special moment. In fact, he recorded with him what I consider Bob Dylan’s best song after Like a Rolling Stone. The song is Blind Willie McTell, and when I ask Mark if he was surprised when that masterpiece wasn’t included in the album the two recorded together (Infidels), he just laughes and says: “No. I already knew what kind of person Bob Dylan is”.
He also tells me that a third still not circulating version of the song was recorded, just Dylan on piano and himself on electric guitar. Wow. Could you send me a copy, Mark?
About that song, he said that “With a song like that, which is such a great song, the old St. James Infirmary song, it doesn’t matter what instrumentation you use, because it’s a great construction, and a fantastic conception. It wouldn’t make any difference. You could have a concertina and a trumpet and it would be great”.
Knopfler first saw Bob Dylan in concert in Newcastle, UK, his hometown, in 1966, during the legendary first Dylan electric tour: “I was so involved when I saw him that night. I was already a Bob fan. I remained a Bob fan and I will always be a Bob fan”.
Do you need to ask him something more?
Almost 30 years later, I finally had the chance to meet the leader of the band, now a solo artist with some wonderful solo albums behind him and a new one coming out in September: Mark Knopfler.
I’m sitting in front of this almost 60 year-old man, dressed in black with green sunglasses, and you can’t help but notice the tons of charisma coming out of him, something I noticed only once in my life, ten years ago, when I met Robbie Robertson.
He is a great cool guy, a funny one too, and in the end we get so well that he even asks me if I know some cool small club in my town where he can come and play next September. When I tell him that my then 14 year-old wife saw him in concert with the Dire Straits, the very first time they came to Italy in 1979, he just smiles and asks: “Did she have a good time?”.
But, like Robbie Robertson, Mark Knopfler was with a certain Bob Dylan during a very special moment. In fact, he recorded with him what I consider Bob Dylan’s best song after Like a Rolling Stone. The song is Blind Willie McTell, and when I ask Mark if he was surprised when that masterpiece wasn’t included in the album the two recorded together (Infidels), he just laughes and says: “No. I already knew what kind of person Bob Dylan is”.
He also tells me that a third still not circulating version of the song was recorded, just Dylan on piano and himself on electric guitar. Wow. Could you send me a copy, Mark?
About that song, he said that “With a song like that, which is such a great song, the old St. James Infirmary song, it doesn’t matter what instrumentation you use, because it’s a great construction, and a fantastic conception. It wouldn’t make any difference. You could have a concertina and a trumpet and it would be great”.
Knopfler first saw Bob Dylan in concert in Newcastle, UK, his hometown, in 1966, during the legendary first Dylan electric tour: “I was so involved when I saw him that night. I was already a Bob fan. I remained a Bob fan and I will always be a Bob fan”.
Do you need to ask him something more?
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