Monday, October 08, 2018

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più grande scopritore di talenti della storia della musica (tra i tanti, Count Basie, Aretha Franklin, Charlie Christian, Billie Holiday, Bruce Springsteen e ovviamente Bob Dylan). Sta parlando con il produttore Phil Ramone, fondatore e proprietario di quelli che allora sono i più importanti studi discografici di New York, gli A&R Recording, che si trovano dove erano gli studi di registrazione della Columbia negli anni 60, e dove Dylan registrò i suoi capolavori, da Freewheelin’ a Highway 61.

Hammond è perentorio, non ci sono alternative: Dylan è appena tornato alla Columbia, sua casa discografica storica, dopo un anno di esilio alla Geffen. Deve registrare un capolavoro o niente e ancora una volta Hammond sa già che sarà così. E’ la metà di settembre del 1974, e qualcosa di ancor più che magico verrà “catturato”.

Questa è una storia che però comincia prima, esattamente il 14 febbraio precedente, quando Dylan scende dal palco del Forum di Inglewood, Los Angeles, dove è terminato l’ultimo concerto di quello che è stato chiamato il “Comeback tour”.

Dopo otto anni di lontananza dai concerti, a parte qualche apparizione sporadica, il cantautore è tornato a fare un tour, per di più con gli storici accompagnatori di The Band, gli stessi che erano con lui durante l’ultima sua tournée, quella del 1966. Cinque milioni e mezzo di persone, il 7% della intera popolazione americana, aveva fatto richiesta per uno dei circa 500mila posti disponibili per uno dei 40 concerti previsti. Il tutto per una durata di un mese e 11 giorni (diversi concerti si tennero in due appuntamenti in un giorno solo, al pomeriggio e alla sera) in 21 città da una costa all’altra dell’America. Un successo stratosferico, un ritorno atteso come la seconda venuta di Gesù sulla Terra. L’unico che mentre scende le scale del palco è a disagio, insoddisfatto, è lui, Bob Dylan. Quel tour gigantesco, a bordo di jet privati, limousine, suite principesche negli alberghi, guardie del corpo, lo ha lasciato interdetto. Non sono più gli anni 60, pensa, “quando ci divertivamo”. Il mondo della musica degli anni 70 è invece un enorme business. A Dylan questo non basta.



Ma non ci sono solo motivi artistici dietro il suo malumore. Il rock’n’roll può essere pericoloso per le persone sposate. Perché un matrimonio resti in piedi, c’è bisogno di una buona dose di compromesso da entrambe le parti. Per otto anni Dylan è stato il marito e il padre di famiglia perfetto, lassù a Woodstock. Nello stesso tempo la sua vena artistica è andata scomparendo realizzando dischi insulsi di country melenso. Dylan e Sara Lownds, una ex pin up di Playboy che aveva divorziato dal marito fotografo dopo aver avuto da lui una figlia, si erano sposati in gran segreto il 22 novembre 1965, così segretamente che quasi nessuno lo sapeva, neanche le tante amanti e groupie che Dylan aveva a New York. Per molte di loro fu uno shock scoprirlo.

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