Piccole voci le senti ogni tanto che sbucano da una radio mal sintonizzata. Sono piccole voci che hai conosciuto e amato tanto tempo fa. Poi le hai dimenticate. Tutto nella vita si dimentica, tranne il dolore. Quello che era il tuo miglior amico un anno fa oggi non è nessuno. Le piccole voci ti sussurrano di un tempo felice, se mai hai conosciuto per davvero la felicità. Le piccole voci si intrufolano nel tuo cuore ormai di pietra dura e ti chiedono di ascoltarle. Per favore. Sono le piccole voci che hai amato, dimenticate negli scaffali dei dischi, sepolte giorno dopo giorno mese dopo mese anno dopo anno da incombenze e da altre voci. Ma quelle venute dopo ti hanno tradito. Le piccole voci no, chissà perché. Ti cantano ancora la loro gioia e ricordano quelle lacrime d'amore che versavi chiuso in macchina nel parcheggio del supermercato, oggi che piangere non riesci più. Le piccole voci si alzano cristalline e sorridenti ma poi discrete scompaiono di nuovo. Non vogliono imporsi, solo dire: ecco io ci sono. Non dimenticarti di me. Non dimenticare la mia piccola voce. Per favore.
Thursday, September 25, 2014
Monday, September 22, 2014
Dacci oggi il nostro problema popolare
E' bello diventare vecchi. Ce lo dice Leonard Cohen, 80 anni appena compiuti e un disco nuovo nuovo che esce in questi giorni, "Popular Problems". Un disco che fa venir voglia di ridere. Non un riso beota come quello a cui siamo abituati, ma un riso di gioia, come quello di un bambino. Vecchio e bambino in fondo è la stessa cosa, entrambi hanno una innocenza che si perde nella strada di mezzo, anche se questo nostro mondo moderno ci fa credere che essere anziani è una cosa brutta e allora meglio soluzioni facili come l'eutanasia legalizzata per evitare il problema.
No, c'è un modo di diventare vecchi, che è davvero bello. Certo, dipende da come si è vissuta la vita. Se la si è sprecata in sogni, ideologie, simboli fasulli, superficialità, quelli di cui ci inondano le pubblicità televisive, diventare vecchi sarà un incubo. Se la vita la si è spesa alla ricerca della Bellezza, essere vecchi porterà al disvelarsi di questa ricerca.
Non che il nuovo disco del poeta canadese sia così gioioso, almeno per quanto riguarda le liriche, che tratteggiano invece un mondo infernale dove la violenza, lo stupro, la guerra, le ingiustizie sono cibo quotidiano (Ho visto gente morire di fame / Eccidi, stupri / I villaggi bruciati / E loro in fuga / Non potevo incontrare i loro sguardi / Fissavo le mie scarpe / Era acido, era tragico / Quasi come il blues). Ma è il modo con cui Cohen affronta questi "problemi popolari", perché ce li hanno tutti anche se fanno finta di non vedere, che è illuminante e rasserenante.
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No, c'è un modo di diventare vecchi, che è davvero bello. Certo, dipende da come si è vissuta la vita. Se la si è sprecata in sogni, ideologie, simboli fasulli, superficialità, quelli di cui ci inondano le pubblicità televisive, diventare vecchi sarà un incubo. Se la vita la si è spesa alla ricerca della Bellezza, essere vecchi porterà al disvelarsi di questa ricerca.
Non che il nuovo disco del poeta canadese sia così gioioso, almeno per quanto riguarda le liriche, che tratteggiano invece un mondo infernale dove la violenza, lo stupro, la guerra, le ingiustizie sono cibo quotidiano (Ho visto gente morire di fame / Eccidi, stupri / I villaggi bruciati / E loro in fuga / Non potevo incontrare i loro sguardi / Fissavo le mie scarpe / Era acido, era tragico / Quasi come il blues). Ma è il modo con cui Cohen affronta questi "problemi popolari", perché ce li hanno tutti anche se fanno finta di non vedere, che è illuminante e rasserenante.
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Thursday, September 11, 2014
Mele marce, telefoni a gettoni e canzoni rock
"Corporation sucks" era solo uno dei tanti slogan di quando la musica rock urlava orgogliosa la sua indipendenza. Fantasie da hippie fuori tempo massimo o da punkettari sognatori si dirà, in un mondo dove anche la musica rock non può fare a meno del motore propulsore del capitalismo e dove star come David Bowie si quotano a Wall Street. Se poi uno come Paul McCartney sia arrivato a fatturare più della British Airways si capirà come certi discorsi siano contradditori o ipocriti davanti alla realtà in cui ci muoviamo ed esistiamo.
La Apple poi è la creatura di un ex hippie, uno che è stato fidanzato con Joan Baez che era stata fidanzata di Bob Dylan, che dello stesso Dylan faceva collezione di registrazioni pirata e si faceva anche un sacco di spinelli. Che questo ex hippie secondo certe notizie piuttosto attendibili poi abbia instaurato un sistema aziendale basato sullo sfruttamento del lavoro nel terzo mondo, lo spionaggio industriale, il licenziamento coatto di chi lo contraddiceva, ci fa scandalo? Un po' sì, in effetti. La Apple non ha in realtà niente di diverso oggi dalle grandi corporazioni industriali che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo, più spesso il cattivo tempo in realtà.
Ma non è questo il punto. Il punto è che la presenza degli U2, una band nata in piena etica punk, quella del "do it yourself" (fattelo da solo, in sostanza), in tempi non sospetti sia apparsa sul palco della Apple al termine della presentazione del nuovo prodotto, l'iPhone 6, questa volta in coppia anche con un orologio, suscita scompensi emotivi e sta aprendo dibattiti e discussioni nel mondo della Rete.
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La Apple poi è la creatura di un ex hippie, uno che è stato fidanzato con Joan Baez che era stata fidanzata di Bob Dylan, che dello stesso Dylan faceva collezione di registrazioni pirata e si faceva anche un sacco di spinelli. Che questo ex hippie secondo certe notizie piuttosto attendibili poi abbia instaurato un sistema aziendale basato sullo sfruttamento del lavoro nel terzo mondo, lo spionaggio industriale, il licenziamento coatto di chi lo contraddiceva, ci fa scandalo? Un po' sì, in effetti. La Apple non ha in realtà niente di diverso oggi dalle grandi corporazioni industriali che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo, più spesso il cattivo tempo in realtà.
Ma non è questo il punto. Il punto è che la presenza degli U2, una band nata in piena etica punk, quella del "do it yourself" (fattelo da solo, in sostanza), in tempi non sospetti sia apparsa sul palco della Apple al termine della presentazione del nuovo prodotto, l'iPhone 6, questa volta in coppia anche con un orologio, suscita scompensi emotivi e sta aprendo dibattiti e discussioni nel mondo della Rete.
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Friday, September 05, 2014
Jiahdi John & The Black Beatles
"Sono tornato, Obama". Le immagini di "Jihadi John" come è stato soprannominato il killer di James Foley e adesso di Steven Sotloff e le sue parole di sfida fanno quasi venire in mente un film western, del tipo "Sfida all'OK Corral". O anche una brutta e disgustosa versione di un classico di Sergio Leone. Gli ingredienti ci sono tutti: il deserto, la vittima in attesa di essere giustiziata, il carnefice con il coltello in mano invece di una Colt 45, il soprannome degno appunto di apparire tra il buono, il brutto e il cattivo, tra Clint Eastwood e Eli Wallach. E le sue parole di sfida: precise, pensate, impietose.
C'è un altro elemento però: "Jihadi John", che si è meritato anche una pagina di wikipedia, è inglese, come si è capito dal suo accento da perfetto est londoner. Pare che nella sua vita precedente fosse un dj o anche un rapper. Il nome "John" l'ha preso in prestito da John Lennon in quanto la cellula terroristica di cui faceva parte a Londra si faceva chiamare i "Black Beatles" e i suoi compagni George e Ringo.
Non è la prima volta che i Beatles finiscono dentro a un episodio di orrore. Nel 1969 la gang di Charles Manson, quella che massacrò Sharon Tate e alcuni suoi ospiti ponendo fine al sogno hippie di pace e amore, usò la loro canzone Helter Skelter per firmare la strage, scritta con lettere di sangue delle vittime sui muri della casa in cui avvenne il fatto.
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C'è un altro elemento però: "Jihadi John", che si è meritato anche una pagina di wikipedia, è inglese, come si è capito dal suo accento da perfetto est londoner. Pare che nella sua vita precedente fosse un dj o anche un rapper. Il nome "John" l'ha preso in prestito da John Lennon in quanto la cellula terroristica di cui faceva parte a Londra si faceva chiamare i "Black Beatles" e i suoi compagni George e Ringo.
Non è la prima volta che i Beatles finiscono dentro a un episodio di orrore. Nel 1969 la gang di Charles Manson, quella che massacrò Sharon Tate e alcuni suoi ospiti ponendo fine al sogno hippie di pace e amore, usò la loro canzone Helter Skelter per firmare la strage, scritta con lettere di sangue delle vittime sui muri della casa in cui avvenne il fatto.
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