Friday, November 30, 2007

Rock is dead

Lo dico da anni, mi hanno sempre preso per un cretino, ma finalmente ho la prova provata da sbattervi sotto il naso. Ha!
Mia figlia mi sta sottoponendo a dosi massicce di Tokyo Hotel, il gruppo per teenager del momento (unica consolazione è che la ragazza si sta dedicando a della musica, seppur adolescenziale, almeno simil-rock e non a certi fenomeni hip-hop-napoletan rap- funkygallo-tizianocel’hadiferro etc), così li ho ascoltati abbastanza.
Ebbene, sono una copia in formato melodico e popettaro dei Nirvana. Il loro hit più famoso, Monsoon, è un plagio addomesticato di Smells Like Teen Spirit.
Risultato: i Tokyo Hotel hanno recentemente riempito il Forum di Assago e i loro dischi si stravendono.

Bene.
Sono passati 16 anni da quando Nevermind fu pubblicato e la domanda che viene ovvia è questa: se nel 2007, per creare un gruppo di successo si deve ancora fare riferimento a quanto è successo 16 anni fa, vuol dire che in questi 16 anni non è successo nulla di significativo a cui ispirarsi. È come se, nel 1979, 16 anni dopo l’esplosione del fenomeno Beatles, discografici e produttori costringessero ancora i gruppi a rifarsi musicalmente a She Loves You Yeah Yeah Yeah. E invece, in quei 16 anni che separano il 1963 dal 1979 è successo di tutto: il british blues, i songwriter, il folk-rock, la psichedelia californiana, il country-rock, il progressive, il punk, l’hard-rock, l’heavy metal, il soft-rock e tanto altro ancora.
Che cosa è successo, musicalmente, dal 1991 ad oggi? Una bella ciufala di niente.

Sunday, November 25, 2007

Informazioni di Vincent

Mi sono accorto in oltre un anno di 'bloggin' around' di aver speso pochissime parole su dei musicisti italiani. Probabilmente perché ascolto pochissima musica italiana. Eppure, trent'anni fa o giù di lì, c'era un tempo che di musica italiana ne ascoltavo moltissima, e certe canzoni hanno definito passaggi importanti della mia vita. Incontro, di Francesco Guccini, ha tutt'oggi per me un fascino che poche canzoni (anche non italiane) hanno.
Ma di questi ascolti antichi, c'è ne è uno che mi affascina e mi incuriosisce ormai da un sacco di tempo, da quando ascoltai Rimmel per la prima volta trent'anni e più fa, da quando vidi l'autore di quel brano in concerto per la prima volta durante il Banana Republic tour del '79, anche se fu un concerto di circa un anno dopo, in un caotico palazzetto dello sport a Genova, che a me sembrò paragonabile all'esibizione di un gruppo punk, a lasciare il primo vero punto di domanda: Francesco De Gregori: chi è costui?

In Left & Right - Documenti dal vivo di Francesco De Gregori, poi, la fin troppa generosa inclusione del mio nome nei credits non ha nulla a che fare con la musica, per cui questo disco potrei anche recensirlo. Ma vorrei andare oltre, capire la lunga strada da quel concerto genovese alle esibizioni raccontate in questo disco.
E' l'ennesimo live del cantautore romano, ed è quello che narra di uno stato di grazia musicale raggiunto che ha pochi paragoni nel nostro Paese e soprattutto nella sua stessa carriera. Lo scrittore americano Greil Marcus una volta mi disse che ci sono - rari ma ci sono - momenti in cui non è più il musicista che esegue della musica, ma è la musica che attraverso il musicista si esprime indipendentemente. La musica "passa attraverso". Me lo avete già sentito dire, credo. Ma ogni volta che mi ci ritrovo davanti, "lfet and right", è sempre una epifania. Per riuscire a fare ciò, come documentato in questo live, ma avvisaglie si erano già avute nei due recenti dischi di studio Pezzi e Calypso, De Gregori ha fatto una lunga strada, estremamente faticosa come chi si intende di musica suonata può percepire, e non priva magari di errori. Lui è andato avanti, fino ad ottenere una genesi musicale che adesso, con un songbook ammirabile dietro le spalle e ottime nuove recenti composizioni, gli permette di fare uso di questo canzoniere per lasciare che la musica parli attraverso le sue canzoni: è come essere finalmente entrati in possesso di una magnifica Ferrari - o meglio ancora, una Lamborghini - e lasciare che il suo motore ruggisca a piacimento su una autostrada deserta, fino allo sfinimento.

Se ascoltate l'iniziale Numeri da scaricare, vi accorgerete che il chitarrista "sulla destra" - almeno per come è impostato il mio impianto di amplificazione - non fa mai due volte lo stesso assolo pur intervenendo nel pezzo numerosissime volte. In Mayday, dopo un andamento per tre quarti del brano alquanto modesto e privo di scossoni, il chitarrista esplode in un assolo terrificante, al limite del noise, prendendosi il rischio di guidare l'intera band sul palco con lui non sappiamo per dove. Il cantante si limita ad offrire la sua voce, che si colora di sfumature e di tinte perfetamente adeguate a quanto accade intorno a lui, e ogni volta che riascolti quel pezzo, esso si apre a nuove interpretazioni. In Un guanto, è il musicista seduto dietro alla pedal steel che a un certo punto si prende la briga di partire per "il viaggio", emergendo e sprofondando continuamente nell'impasto sonoro dietro di lui. Ma, sempre, è il cantante ed autore che sta offrendo ai suoi musicisti una autostrada dove, insieme, far correre quella Ferrari o Lamborghini che sia. Accade una comunione sul palco, si esprime una coralità, per cui non c'è più "un cantante e la sua band", ma "una band con un cantante". E' profondamente diverso, ed è molto americano come accezione musicale.

Ci sono pochi artisti, anche a livello internazionale, capaci di tutto ciò. Ovviamente viene in mente il nome di Bob Dylan, a cui evidentemente De Gregori si è ispirato per anni, fino ad avergli carpito qualche segreto che probabilmente sfugge anche a Bob Dylan stesso, in fatto di esecuzioni live. Chi di musica ci azzecca poco, continua a ripetere fino alla nausea che sì, De Gregori fa come Bob Dylan, stravolge le canzoni, ne cambia la struttura, le rende "incantabili" rispetto alla versione originale. Che è quanto di più sbagliato si possa dire di Bob Dylan. E di De Dregori. Se ciò avviene, qui, avviene nella conclusiva Buonanotte fiorellino, che non è più un valzer, ma un blues. E infatti a me piace poco. Come ha detto proprio Bob Dylan, non è possibile stravolgere la struttura di una canzone. E' possibile invece lasciare che la canzone ti prenda per mano e ti conduca verso il mistero che è la musica stessa. Allora De Gregori - e Bob Dylan - ottengono una vittoria. Nel dvd allegato a questo disco c'è una resa live di Rimmel: la canzone segue la struttura originale linea per linea, eppure non è mai stata eseguita in modo così soddisfacente, brilla di luce cento volte maggiore che nell'originale. Come è possibile ciò? Evidentemente il cantante è riuscito a impossessarsi del mistero della sua stessa canzone.
Una volta Bob Dylan ha detto: "(essere sul palco) è vivere ogni sera, o sentirsi vivi ogni sera. Rischi la tua vita suonando musica, se lo fai nella maniera giusta".
C'è un grosso rischio, nella musica di questo ultimo live del cantautore romano, ed è ciò che lo rende così unico e appassionante. C'è il senso della musica vissuta come un rischio che percepii per la prima volta in quel caotico palazzetto dello sport genovese che a ogni cosa si poteva prestare, tranne che - apparentemente - alla musica. Ma qualcosa, quella notte, era cominciato, e quel qualcosa continua ancora oggi.

Monday, November 19, 2007

He was made to love magic

Si dice che il giorno “that music died” sia stato quello in cui Buddy Hollie precipitò con il suo aeroplano, il 3 febbraio 1959. Il giornalista inglese Nick Kent preferisce dire che il giorno in cui la musica è morta per sempre è quello che coincide con la scomparsa del cantautore inglese Nick Drake, la notte fra il 24 e il 25 novembre 1974.
Quel giorno, il 24 novembre di 33 anni fa, è una fredda e nuvolosa giornata autunnale, il sole è tramontato alle ore 16 e 04 del pomeriggio. Nick ha la sua stanza al piano superiore della villetta di Far Leys a Tanworth in Arden dove vive la famiglia Drake. Dopo il fallimento della sua carriera artistica e la forte crisi depressiva che lo ha colto ormai da qualche anno, è lì che si è ritirato a vivere.
Quella sera Nick si ritira in camera sua molto presto. L'ultima persona a vederlo in vita è la madre, Molly. Lo ricorda mentre lo saluta nello specchio della porta della sua stanza. Molly ricorda anche che generalmente il figlio era abituato a svegliarsi piuttosto tardi al mattino perché durante la notte aveva difficoltà a riposare. Per questo motivo nessuno, né lei né il padre, si preoccupano quando al mattino Nick non scende a far colazione.

Rodney, il pade, dirà che di solito il figlio si alzava durante la notte per scendere in cucina. La madre lo sentiva sempre passare accanto alla loro camera, si alzava e scendeva a fargli compagnia. Anche quella notte Nick si era alzato, avrebbero trovato i resti di un frugale pasto a base di cornflake il giorno dopo, ma questa volta nessuno se ne era accorto.

Verso mezzogiorno del 25, Molly decide che è ora di svegliare il figlio: “Non lo disturbavo mai. Ma era quasi mezzogiorno ed entrai in camera sua perché pensai che era ormai ora di alzarsi. Lui giaceva sul letto riverso a metà. La prima cosa che notai furono le sue gambe, le sue lunghe gambe”.
Secondo il dottore che per primo lo esamina nel pomeriggio del 25, Nick è deceduto all’incirca verso le sei del mattino o poco prima. Il fatto che si stato trovato in quel modo, riverso malamente sul letto e non in una normale posizione di riposo, indicherebbe un improvviso attacco cardiaco.
Non esiste nessuna certificazione di quante pillole di Tryptizol (il medicinale anti depressivo che gli era stato prescritto) Nick avesse effettivamente preso quella notte. La sorella Gabrielle avrebbe dichiarato anni dopo che Nick avrebbe ingerito 30 pillole, ma non esiste nessuna prova di ciò: “Personalmente” dirà la donna “preferisco pensare che Nick si sia suicidato, nel senso che preferisco pensare che morì perché fu una sua scelta piuttosto che pensare che sia stato il risultato di un tragico errore. Non posso accettare l’ipotesi di un tragico errore”.

Il giornalista Nick Kent parlando con diversi amici di Nick poco dopo la sua morte, trovò una donna che gli disse che “tre giorni prima di morire, Nick era andato nel suo appartamento e aveva detto alle persone presenti: ‘Vi ricordate di me? Vi ricordate di come ero? Ditemi come ero. Avevo un cervello, ero qualcuno. Che cosa mi è successo?”.

Il mistero di Nick Drake è ancora aperto. Il suo talento è oggi ancor più formidabile, immenso, nella sua capacità melodica di racchiudere tutto il mistero della vita. Forse quando lui se ne è andato, la musica è veramente finita per sempre. Lui, come recitava una delle sue canzoni, aveva “una pelle troppo sottile” per sopportare la difficoltà del vivere.


I was born to sail away
Into a land of forever
Not to be tied to an old stone grave
In your land of never.

I was made to love magic

(Nick Drake)

Thursday, November 15, 2007

Inseguendo un sogno

Solo il provincialismo e la cialtroneria che ci contraddistingue in materia di rock'n'roll (e non solo...) ha fatto sì che questa band sia venuta in Italia una volta sola, vent'anni fa, e sebbene avessero a disposizione un loro set in apertura serata, erano il gruppo accompagnatore di un certo Bob Dylan. Poi su di loro è calato un silenzio imbarazzante. Almeno nella nostra italiota immaginazione.

Lascio ai fan di Bruce Springsteen disquisire su quale sia la miglior rock'n'roll band del mondo e altre amenità: di certo, sono stati gli Heartbreakers di Tom Petty ad accompagnare "mostri" come Johnny Cash e Bob Dylan. Non certo la E Street Band.

Se negli anni 60 i Byrds furono l'anello di congiunzione tra Dylan e i Beatles, dieci anni dopo gli Heartbreakers sono stati l'anello di congiunzione tra il meglio dei sixties e l'era punk, forgiando una miscela incendiaria che ha ridato dignità e consapevolezza al rock'n'roll stesso.

Fuorilegge di questa musica, Tom Petty già vent'anni e più fa combatteva con le case discografiche per abbassare il prezzo di copertina, e adesso porta avanti la battaglia dell'ultimo dj.

Ovviamente nei cinema italiani non uscirà mai, e allora fareste cosa buona a non farvi sfuggire il dvd Runnin' Down a Dream, storia di questi uomini coraggiosi filmata da Peter Bogdanovich, un grande di Hollywood come loro sono stati dei grandi del rock'n'roll.

Peter Bogdanovich's Runnin' Down A Dream

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Come disse una volta Bob Dylan: "Loro sono l'ultima grande rock'n'roll band americana".

Friday, November 09, 2007

Tom Ovans' blues

First time I heard Tom Ovans’ "Gonna Be Missing You", I thought, “this must be the best Dylan’s song Bob Dylan never wrote”. It was easy to fall under the bloody damn “a new Bob Dylan” label, but it was just for a while. Tom Ovans is his own man, as I later discovered on a series of incredibile great albums, from the majestic Tales from the Underground to the recent, new and terrific Party Girl.
To quote Neil Young, Tom Ovans is “a lonely visitor”, from the days of the Greenwich Village to Nashville and now Austin, he is here to tell us the uncofortable truth: that life might be lonely, but there is always another match to strike. His music is the sound of a desperate blues, like Robert Johnson meeting Nick Drake. And more than that.


Here from a conversation I have had with Tom recently about his new album, "Party Girl" (for more infos about him, check here http://nsr.home.texas.net)

THE NEW ALBUM
I kind of really knew the sound I was looking for when I went in the studio to record Party Girl. When I was recording my previous album Honest Abe, which was done on a 4 track, I found myself really digging back deep into my street rock, folk and blues roots. Getting back to keeping it loose and really letting the feel of where the songs come from and where they want to go come through. I was getting back to a place where I hadn't been to in a long time. Recording by myself I just felt free to do what I do and not care about whether it made sense to anybody else. In fact I didn't even know I was recording an album when I was doing it. I thought I was just making some demos but some people, and the label heard it and we decided to release it as is. For me "Party Girl" is a kind of continuation of that album and rambling spirit except that it was recorded in a proper studio with other musicians. I made a conscious decision to find a small unknown studio and work with different people to push myself harder and get out of any comfort zone I might of fallen in. I was looking to make a kind of street rock record and I think that's what we did.
Working with Larry Chaney after all these years was a great experience. He's a great player and instinctively knows how to pick up on the feel of the songs and what I'm doing singing wise. As usual I made a point not to rehearse the band before we went in. Everybody just brought what they had to the table and we let it fly and walk the high wire. So we were actually capturing the songs at the moment of their recorded creation. It's just the way I've always like to work and I know Larry and most musicians I've worked with over the years really dig just laying it on the line and getting away from all of the bullshit that can happen around the making of a record.

THE GREENWICH VILLAGE DAYS
"Both Sides of the Night" is a song that has been with me since I wrote it. I think it was back in the winter of '74 or '75. I was just a kid then living in a cheap hotel in Greenwich Village with a girl friend at the time, but she left headed for god knows where and I got this song. It's a song that has never left me and has been staring me in the face all these years. When I sing it I still feel and agree with every word. The song just fell in naturally with the rest of the songs on "Party Girl" and seems to nail the feel I was looking for on this album.
I have lots of songs from those New York City days and other periods that I've never had the chance to record. A friend of mind from that time '74, '75 had a band playing down at CBGB's trying to make it and his band use to take some of my songs and really punk them up. It was pretty cool for me to hear and made me think beyond what I was doing. I think they got as far as opening up for Television. I don't know what happen to them after that, we kind of lost track of each other.
A good song is a good song no matter when it was written. They're always alive throwing out sparks. Hopefully I'll have a chance to record more.

AMERICA
What's happening in America now has been coming down the pike for a long time. As bad as Bush & Company are they aren't the sole reason for the way things are going. It easy to point fingers and scream he's the one to blame. Lets get rid of him and everything will be cool again and we can go back to not caring. But our problems go much deeper than someone like Bush or Bin Ladin. It's our own humanity that we need to face. I mean what are we living for? Is it all for money, greed, ego? My god is bigger and more righteous than yours. What's driving all this fear and hatred. Why can't reasonable men and women sit down and have a conversation. What's happened? Everywhere you look somebodies on the edge of war. People being killed for what. There seems to be a sense out there of the inevitable.

MYSTERY OF LIFE
It's all a mystery ain't it? I had a job driving a truck for awhile and I remember so many nights coming back into Austin from Houston and seeing these incredible Texas sunsets. All that color, beauty and mystery was enough to keep you going. I guess we all dig as deep as we need to. To find the meaning to keep going. I guess it's different for us all. I still believe in people. Most are working hard trying to do the right thing and shaking their heads at the world around them. For me and my music I just try to keep things in the moment cause that's where the magic is.It's interesting the two songs you've mentioned, "Rosalie" and "West Texas Blues", they both seem to be about getting back to something left behind. Maybe on some level we're all wandering through the desert, caught in the inferno, stumbling through the wasteland trying to get where ever the path takes us. Maybe it's the journey that keeps us going, maybe we're afraid if and when we stop it all ends. I think in some ways you've got to learn to embrace the darkness or else go crazy from the voodoo. Most times the questions are more interesting than the answers. One thing I know is that if Freddy Fender was still alive I would go and knock on his door and beg him most graciously to sing "Rosalie".

BEYOND DREAMS
“Whiskey Jar” is the first new song I wrote for the album. It kind of became the anchor for the album. It's the kind of song that goes to a place where you find yourself sometime. Beyond dreams, beyond the edge of the blues. Mortality staring you in the face. That moment when night meets day. That drunken moment when you get glimpse of some half ass broken down truth. Songs like this I can't tell you where they come from. It's got nothing to do with songwriting. One moment you're just sitting there late at night playing guitar and in the next you have this song your singing.

Tuesday, November 06, 2007

Spare Parts & Broken Hearts

"I pezzi di ricambio e i cuori spezzati fanno girare il mondo" disse una volta Bruce Springsteen in una sua canzone. Poesia spicciola intrisa di quotidianeità che ti fa capire perché certe canzoni rock siano così importanti. "Le canzoni tristi dicono tante cose" aggiunse un'altra volta Elton John, e allora in un pomeriggio passato a casa malaticcio ho recuperato tre splendidi dischi di cui mi ero dimenticato da tempo. Canzoni tristi, ma proprio per questo bellissime, perché è il senso della perdita, la constatazione che ci manca qualcosa, ciò che ci definisce come esseri umani. E allora se qualcuno ce lo canta, fa solo bene al cuore.

Nota a margine: mi stupisco del fatto che sono usciti tutti e tre tra il 2001 e il 2005, ripenso che in fondo non è vero che oggigiorno non ci siano più grandi canzoni - che questi tre album sono dei classici nel loro genere.

Sull'amico youtube ho pescato un video per ciascuno e così, senza troppe pretese, come dicono i Jayhawks, "salvateli per un giorno di pioggia. Non essere triste, c'è un'altra partita da giocare".

The Jayhwaks, Save It For a Rainy Day, da Rainy Day Music, 2003

Kasey Chambers, Not Pretty Enough, da Barricades & Brickwalls, 2001

, The Wallflowers (versione acustica del solo Jakob Dylan), Here He Comes (Confessions of a Drunken Marionette), da Rebel, Sweetheart, 2005

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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