Friday, April 09, 2010

Rock in Italia. Dal Parco Lambro al Rolling Stone

Era la tarda primavera del 1989. Per la prima volta mi stavo recando al Parco Lambro, di cui le leggende parlavano di fantasiosi festival rock nell’era (glaciale) dei Seventies e di cui adesso la gente diceva che era meglio non andarci di notte (come consigliava già l’Art Garfunkel di A Heart in New York quando diceva lo stesso del Central Park…).
Andavo a vedere uno dei grandi uomini della mia adolescenza, che mi aveva scaldato il cuore in tante sere di solitudine, che mi aveva insegnato a rollare le prime canne (non è vero non ho mai imparato troppo difficile), che mi aveva spalancato le porte della percezione e ci aveva insegnato tutti a far sventolare alta la nostra bandiera freak. Se solo potessi ricordare il suo nome… Oh yes I can!. Che adesso capirete da dove arriva lo slogan del Barack Obama, e cioè dal secondo disco solista di David Crosby. Che era appena uscito in quei giorni di tarda primavera del 1989. E insomma stavo andando a vedere David Crosby. If I could only remember my name, ancora oggi uno dei cinque più grandi dischi di tutti i tempi. Quanta droga consumata su qui solchi per cercare di carpire il segreto di quel disco, la magnificenza sonora, le celestiali armonie vocali, quei suoni scintillanti di chitarre acustiche, quelle canzoni senza parole. Al monte Tamalpais ci feci anche una sosta, quando mi trovai un girono a San Francisco, ma non ero “high”. Non ce n’era bisogno, nella Bay Area sei high di natura. Droga o no, impossibile rubare il segreto degli angeli. Quel disco rimaneva uno scrigno chiuso a cui ancor oggi ci si avvicina con mistica devozione.

Comunque il concerto non fu granché (della serie, si è appena disintossicato: la droga rende le canzoni rock migliori?). David aveva anche un bel raffreddore e la sua voce d’angelo era piuttosto rosicata. Prima di lui aprivano la serata due rocker di casa nostra. Cosa che allora – come mi succederebbe oggi – non mi rendeva felice. Fu una bella sorpresa. Il primo dei due era un bel ragazzo biondo, dai modi gentili. Si chiamava Alessandro Bono e circa un anno prima aveva cominciato a imperversare sui canali musicali con una canzone che spiccava nello schifume generale della musica italiota degli anni 80. La canzone si chiamava Gesù Cristo e lui sapeva cantare. Se n’è andato Alessandro Bono qualche anno dopo. A differenza di Crosby, a lui la droga presa in gioventù non l’ha lasciato ricominciare mai un’altra vita. In quella canzone chiedeva a Gesù Cristo di tornare. Evidentemente, stanco di aspettare, aveva deciso di andare lui da Gesù Cristo. Sono contento di averlo visto esibirsi. Lo ricordo come un bell’angelo biondo quella fredda sera di tarda primavera del 1989, al Parco Lambro.


Poi arrivò sul palco un altro tizio. Anche di lui si sentiva da mesi un tormentone radio e tv – e che bel tormentone – una splendida rock ballad dal bel titolo di San Valentino. Per un romanticone come me, un invito a nozze. Che voce aveva questo. Non ce ne erano – e probabilmente non ce ne sono ancora – di voci così in Italia. E che bel rock per essere in Italia. Rock in Italia, come avrebbe intitolato un suo disco anni dopo. Lui era Massimo Priviero e grazie a Dio è ancora con noi. Priviero e Bono avevano aperto una porta. Si poteva finalmente parlare di rock anche da noi. Ricordo in quanti ci buttammo nelle cantine – io in quelle di Chiavari, nell’impossibile tentativo di portare al successo i Rolling Stones italiani, ma questa è un’altra storia – perché in quell’ultimo squarcio di anni 80 sembrava davvero che i tempi stessero cambiando. Che fosse arrivato il momento dei glory days un po’ per tutti. Non è andata così, ma non importa. Ci siamo divertiti molto, credo anche Massimo Priviero.


Vent’anni dopo e sto andando in una sera che piove che Dio la manda al Rolling Stone di Milano. Il locale cult della musica rock italiana sta chiudendo i battenti ma noi stasera siamo qui per celebrare la musica rock. Siamo qui per celebrare uno che non si è arreso mai. Nessuna resa mai, come canta lui. Massimo Priviero è sempre lo stesso di vent’anni fa. La voce è tutta intatta, e le sue canzoni sono diventate sempre più belle. Lui poi è anche identico fisicamente. E’ proprio vero che il rock’n’roll fa bene, anche al fisico. E’ una gran serata questa, il modo migliore per dire addio al Rolling Stone ma non a Priviero e alle sue canzoni. Dove saremo fra vent’anni, Massimo? Tu, credo, su qualche altro palco, io, credo, ancora davanti a quel palco. God bless, Massimo. E’ stata una lunga strada dal Parco Lambro a qui, ma ne è valsa la pena. Adesso mi godo il bellissimo dvd di quella sera, tanto per fare quello che solo le migliori canzoni sanno fare: fermare il tempo. Che è il sogno di tutti. Perché il tempo non deve mai volare via. Il tempo è dalla nostra parte. Chi lo cantava? Se solo potessi ricordare il loro nome… Oh yes, I can!

9 comments:

SoloDinamo said...

bravo Paolo, bellissimo excursus di ricordi riportati al presente. Per fortuna Priviero c'é ancora, anche se devo dire che all'epoca che dei suoi esordi venne un po' preso in giro perché "bosseggiava". Ma si sa, questi springsteeniani a volte sono una strana razza e non capiscono i talenti che abbiamo in Italia. A proposito, "Italia Libera" è una gran rock ballad, sorretta da un testo importante.

Paolo Vites said...

Caro Paolo...ricordo bene il concerto a Parco Lambro con Crosby. I miei discografici dell'epoca temevano che il pubblico incazzoso di suo e che gravitava lì si sarebbe mangiato il giovane rocker. Non fu così, al contrario...fu un gran bel concerto e durante il soundcheck ci furono poi bellissimi "scambi musicali" e bellissimo dialogo anche con David. Mi ricordo anche che loro aspettavano un organo che non arrivava mai e dovendo fare il check dopo di lui finimmo col provare i suoni verso mezzanotte, nel silenzio totale del parco. E con Alessandro Bono eravamo diventati amici all'epoca, come due ragazzi che si perdevano insieme lungo i Navigli a parlare di musica...stava male, a volte, mi ricordo una notte che lo portai io al pronto soccorso. Il Cristo di quella sua canzone era quello a cui ogni tanto chiedeva aiuto per la sua fragilità... ed e' lo stesso che forse ha dato forza e fiato a me in tutti questi vent'anni...".

Massimo Priviero

Fausto Leali said...

Ricordo bene quella canzone di Alessandro Bono, mi colpì profondamente ai tempi.
Se non ricordo male, poi, Alessandro aprì anche il concerto di Dylan al Palatrussardi di Milano del 1989, cantando prima di Edie Brickell.
Grazie Paolo per questo post e grazie a te Massimo, amico mio.

anna said...

primavera 89 avevo poco più di vent'anni, all'università la cosa più importante erano gli amici e con gli amici, la musica. Le notti a disegnare col registratore sempre acceso. Appena c'era l'occasione si prendevano le chitarre e si cantava e appena si cominciava a cantare si fermava la gente come attratta da una calamita e nascevano nuove conoscenze... con alcuni di quelli la storia continua anche oggi.
Era la musica che apriva le porte, come adesso, e non le ha mai chiuse.
grazie d'avermelo ricordato, della canzone di Bono e appena esce il dvd di Massimo me lo piglio!

God bless, my friends!

anna said...

Era la musica che apriva le porte allora, e lo è anche adesso! Dove ti conduce è un mistero ma è quello di cui abbiamo bisogno.
ciao Massimo, bella serata al Rolling Stones, mi godrò anche il dvd

Maurizio Pratelli said...

Un vecchio combattente. Ci siamo visti un paio di anni fa prima di Mark Olson con Michele Gazich, che ha suonato il suo violino per entrambi.

Anonymous said...

C'ero anch'io. Se non ricordo male il concerto era in occasione della festa dei giovani socialisti (lo scopri per caso incontrando una gran bella amica socialista del mio paese). Per altre vie ho recuperato anche l'LP di Alessadro Bono che allora, io giovane giovane, non avevo neanche considerato al concerto insieme a Priviero. I'm sorry Mr. Priviero. Per me era la prima volta che sentivo e vedevo Crosby in concerto. E lo ricordo come un bel concerto. Sergio

Il Grillo Cantante said...

nell'89 avevo 10 anni... fuck!
;) grazie paolo, bellissimo post.

oggi bisogna ricominciare a muoversi per creare occasioni del genere.
io ci provo.
ti racconterò.
G.C.

Car said...

Bellissimo post, io amavo tantissimo sia bono che priviero!!bono viene ricordato a Milano tutti gli anni con delle serate tributo a lui interamente dedicate e Massimo - che è un vero signore - interviene sempre per portare la testimonianza della loro amicizia. Che è evidentemente rimasta negli anni nonostante la sua prematura scomparsa. Sarebbe bello poter pubblicizzare gli eventi anche tramite il vs blog e portare sempre più pubblico a ricordarlo, grazie

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

I più letti