"Nel 1981 in un'afosissima giornata newyorchese di fine agosto me la trovai di fronte non appena varcata la soglia della camera 329 del Chelsea Hotel, per quella che doveva essere la prima intervista italiana a Willy DeVille". Mi sono bastate queste poche righe a inizio libro per capire che mi stavo trovando davanti a un grande libro. La lei in questione è Toots, la musa e amante per tanti anni di Willy DeVille.
Si intitola "Love and emotion, Una storia di Willy DeVille" (Pacini editore, 160 pgg, 16 euro) e l'autore è Mauro Zambellini, Non c'è certo bisogno che spieghi io chi sono l'uno e l'altro: non sono mai entrato al Chelsea Hotel in vita mia e nel 1981 andavo ancora a scuola. Zambellini ci batte tutti e con questa impresa dà le coordinate di un libro straordinario, non solo la storia di un grande artista, ma di un'epoca, quella degli ultimi romantici del rock'n'roll: ricordate gli Elliott Murphy, i Steve Forbert, i Willie Nile e tanti, tanti altri che si sono dovuti accontentare delle briciole di un successo andato interamente a qualcun altro, sicuramente più bravo di loro, ma anche più fortunato. Uno su mille ce la fa, potrebbe essere il sottotitolo valido per tutti loro. Willy DeVille è stato sicuramente il più affascinante, il più misterioso, il più maledetto di tutti questi.
Dunque dopo le prime pagine mi sono buttato senza esitazione a capofitto nel resto del libro, che è anche un tributo a tanti generi musicali e artisti dimenticati, dai grandi del doo-wop e del soul anni 50 e 60 a John Hammond Jr. ad esempio. Un libro competente, affascinante ed emozionante, impreziosito dalle postfazioni di Marco Denti e Blue Bottazzi. Un libro che riesce nel compito dei libri migliori: farti venir voglia di riascoltare subito ogni canzone che viene citata mentre ti fa respirare l'aria viziata di New York, Parigi, New Orleans e tanti altri posti.
Se Zambo è stato il primo italiano a interviste Willy, io credo di essere stato se non l'ultimo uno degli ultimi a intervistarlo prima della morte improvvisa. Ricordo nella cornetta del telefono il rumore di sigarette accese in continuazione, il naso che tirava su come un raffreddato cronico ma ovviamente un naso che tirava su ben altro, i rumori che faceva muovendosi agitato mentre mi rispondeva: forse era ancora nella stanza 329 del Chelsea Hotel, quell'albergo maledetto che ha succhiato la vita di tanti. Un po' come l'Hotel California: puoi sempre entrarci, ma non ne uscirai mai più.
(Un plauso a David Nieri direttore della collana Fanclub di Pacini editore che ha pubblicato questo libro: se guardate il piccolo ma ormai prezioso catalogo di questa collana vi renderete conto del lavoro geniale e prezioso che sta facendo David, in questi tempi di abbruttimento dove le buone letture, oltre alla buona musica, sono stati cancellati dal fascismo dell'idiozia)
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4 comments:
grazie Paolo, bella recensione e prezioso contributo al mio lavoro e alla causa del rock n'roll. C'è ancora bisogno di gente come te (e me) nella critica rock, Zanetti non lo si trova tutti i giorni.
zambo come zanetti! ho guardato per mezz'ora quelle due foto di willy al chelsea hotel con te...questa è storia del giornalismo. grazie per il libro
Libro bellissimo, ovviamente. E David Nieri (cui sono legato da una profonda amicizia) è il migliore professionista dell'editoria italiana, nell'ambito musicale.
Grazie, Paolo, anche da parte mia,
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