Le stanze sono quasi tutte in penombra e lei si muove tra una e l’altra. Lui è stato invitato dopo che si sono incontrati per strada. Lei lo ha riconosciuto. C’è molta gente, ma quelle persone in realtà sono tutte ombre che appaiono e scompaiono nei chiaroscuri delle stanze dove penetra a fatica la luce estiva da dietro lunghe tende e drappeggi. Lei sorride ma si volta. Lui cerca di seguirla, si rende conto che lei è l’unica presenza reale, fisica, tangibile lì dentro. Gli altri sono ombre.
Le stanze diventano una stanza. C’è polvere depositata ovunque. Mobili e marmi di due secoli fa. Panni stesi su una poltrona, l’unica della stanza. Ombre. Odore di chiuso. Una finestra improvvisamente aperta. Buio. Vento e sordidi correnti di gelo. Morte.
Potresti essere il mio veleno, la mia croce, il mio rasoio, potrei amarti più della vita intera. Se non ne avessi così paura.
Dame e cavalieri ottocenteschi che si guardano senza vedersi. Pose di stucco. Sguardi senza vista, orbite senza occhi.
Lui è di nuovo in quell’appartamento al mare. Lei è scomparsa. Le ombre ci sono ancora, ma ogni cosa si rivela per quello che è e che era. Le ombre sono persone vive. Lei è invece morta, da tempo. Ha fatto in tempo a sorridergli con affetto prima di andarsene via per sempre.
E la musica fa male molto male. E’ un dolore antico e sempre uguale. Viene per favore, vieni, sono sospeso su un vuoto senza fine.
Vieni, vieni da solo. Vieni con paura vieni con amore. Vieni comunque tu sia soltanto vieni, vieni da solo. Vieni con me, poi lascia andare. Vieni con degli amici, vieni con degli sciocchi. Vieni comunque tu sia ma vieni, vieni solo. Vieni con dolore, vieni con canzoni. Vieni, lasciati essere sbagliato. Soltanto vieni. Appena arrivato.
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1 comment:
la mia canzone di quel disco.
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