Guardare oggi l'ultimo video di David Bowie, Lazarus, messo online lo scorso 7 gennaio, è ovviamente insostenibile. Era già un video disturbante senza sapere che quattro giorni dopo l'artista inglese sarebbe morto, adesso è come guardarlo mentre sta morendo l'uomo, come è successo questa notte. Una diretta su un malato di cancro che sta combattendo i suoi ultimi istanti. E' Lazzaro, non è più Bowie, è il corpo in disfacimento di un cadavere ancora non cadavere, che sta morendo e implora la resurrezione, non la possibilità di non morire.
La morte di David Bowie, tre giorni dopo aver pubblicato il nuovo disco Blackstar e tre giorni dopo il suo 69esimo compleanno, è un capolavoro di pop art, Andy Warhol ne sarebbe stato orgoglioso. E' morto come ha vissuto, facendo della sua morte un evento multimediale, a voler essere cinici anche un capolavoro di marketing: quale mossa promozionale più di successo che morire lanciando il proprio disco nuovo? In realtà ha giocato con l'unico evento che nessuno può controllare, la morte. Ad ascoltarlo oggi, a decifrare il titolo del disco, a leggerne i testi, tutto questo album è un testamento di addio, un presagio che non è più presagio, una profezia che si è fatta carne. In questo modo Bowie ha vinto la morte, celebrando con il suo lavoro la vita.
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Tuesday, January 12, 2016
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