Immaginate se i Ramones, invece che uscire da quel pisciatoio sulla Bowery di New York che era il CBGB's fossero arrivati dal sud degli States, ad esempio la Georgia, tra campi di cotone e alberi di pesche. Più o meno avrebbero suonato come suonano i Band of Horses (che in realtà arrivano da Seattle, l'ex capitale del grunge, e così abbiamo fatto il giro quasi completo della geografia rock americana). L'altra sera, in un Alcatraz pieno a metà, complice forse la fine del ponte di Ognissanti, questa band ha dato sfoggio di due ore di potentissimo rock'n'roll, bruciante e deflagrante come quello dei Ramones, ma pieno di umori sudisti.
Una combinazione esplosiva, straordinariamente eccitante, che fa di questa band uno dei migliori spettacoli live del momento: dimenticata l'infausta esibizione all'Heineken Jammin' Festival di un paio di anni fa - ma si sa che i grandi festival la buona musica invece di promuoverla spesso e volentieri la uccidono - i Band of Horses non hanno fatto prigionieri. Una scarica potentissima consistente di brani dal tiro implacabile, pochi accordi e ritmo senza tregua, di chiara matrice punk, ma su cui si innestano la capacità di armonizzare e costruire melodie di altissimo livello: in poche parole, un power pop di cui si sente oggi la mancanza. Come detto, la miscela è straordinariamente efficace.
Usciti fuori dal calderone della scena indie rock degli ultimi anni, i Band of Horses sono guidati dall'instancabile folletto Ben Bridwell, sorta di incrocio tra Levon Helm di The Band e Dave Grohl dei Foo Fighters, capace di raggiungere una vocalità estrema grazie alle note altissime che riesce a toccare.
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