"Sì ho avuto un secondo bambino. L'ho avuto CON LUI!". Beth Orton indica il ragazzone sprofondato nella poltrona accanto alla sua. Che strano modo di indicare il marito, penso. Sembra quasi che voglia sottolineare che non lo ha avuto con un altro, il figlio, o che lei e il ragazzone sono ancora sposati. Li guardo con tenerezza entrambi: lei, undici anni più di lui, non è più la ragazza scontrosa, un po' punk come attitudine, ribelle e apparentemente in cerca di avventure che mi apparve la prima volta che la conobbi, in una saletta dell'Alcatraz di Milano dove in serata doveva esibirsi come supporter di Beck. La volta famosa che dopo che erano usciti tutti gli altri giornalisti rimase sulla porta a chiedermi di accendere una sigaretta (che nel linguaggio di Beth un tempo significava una cosa precisa). Oggi infatti non fuma neanche più. E' una madre di famiglia, il volto esprime la fatica di questa condizione, ma è sempre bellissima ovviamente. Lui è mezzo addormentato, non la perde di vista un momento: Beth racconta che Sam, il marito, è in piedi dalle cinque di mattina per via del figlio, appunto. Un buon padre, penso. Una bella famiglia.
Sono passati dieci anni quasi esatti dall'ultima volta che ci siamo incontrati di persona: siamo invecchiati tutti e due. Io probabilmente ero già vecchio dieci anni fa. Si ricorda di me, il che è la notizia più bella che ricevo da credo appunto dieci anni. Sono passati invece sei anni dall'ultima volta che l'ho vista su di un palcoscenico, a Dublino, poco prima che dovesse interrompere il tour mondiale per la gravidanza in arrivo. Sul palco, non è cambiato nulla invece, anzi, è ancora più incredibilmente carismatica e la voce non ha perso un grammo di quella urgenza espressiva che l'ha sempre caratterizzata. Non ha perso neanch eil suo slang londinese, quando se ne esce con un "it was a lot since I play here, it was fucking ages". Dieci anni esatti, fucking ages. Quella voce che, come mi azzardai a scrivere una volta, sa esprimere dolore senza farti sentire un coglione come fanno quasi tutti gli altri cantanti perché non stai soffrendo come loro. Questo è ancora più chiaro quando canterà una travolgente straordinaria e impareggiabile Pass in Time, il brano che racconta gli ultimi momenti di vita della madre morente, e le loro ultime parole, che stasera è idealmente dedicata allo scomparso di recente Terry Callier con cui la incise in un magico duetto. E' un dolore condiviso, quello che ci sta comunicando dal palco, e nessuno come lei sa prenderti per mano e farti sentire che il dolore non è tutto nella vita e che dopo il dolore c'è sempre un orizzonte che si dischiude.
Nel camerino dove c'è una piccola festicciola con un po' di addetti ai lavori, Beth attira l'attenzione di tutti anche senza parlare, tanto è carismatica. Qualche bicchiere di vino, la consolazione di saperla felice e appagata. Il saluto prima di andarmene: non facciamo passare altri dieci anni prima di rivederci. Sì, ok: mi ricordo di te. In fondo, è solo un passaggio del tempo e il tempo non esiste davvero. E come ha appena cantato Beth, "così tante cose rimangono sconosciute fino a quando giunge il momento, avresti mai immaginato che saresti stato così forte per poi vedere la tua paura diventare sollievo?".
Saturday, November 24, 2012
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3 comments:
"dopo il dolore c'è sempre un orizzonte che si dischiude".spero sia vero.gran bel pezzo Paolo. ciao
bellissimo!!!
va come sei bello gaudente in sta foto
maurizio
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