C’è una canzone d Enzo Jannacci, tra le moltissime che ha scritto anche in dialetto milanese, forse dimenticata dai più, che si intitola “Ti te sé no”. Chi l’ha ascoltata non l’ha certamente dimenticata. In pochi versi dolcissimi la descrizione della povertà di una famiglia, quando la povertà non diventa una scusa per rivendicare solo dei diritti, ma è espressione di tutta la dignità di essere uomini comunque: “Tu non lo sai, ma quando ti accarezzo, la tua bella faccetta, così pulita, mi pare, mi pare di essere un signore, un signore che ha la radio nuova e nell'armadio la torta per i figli, che vengono a casa da scuola, e ti tocca viziarli; per te un'altra vestina, a te ti compero le scarpe”.
Ma c’è qualcosa d’altro che fuoriesce da questa canzone: una tenerezza immensa. Fra i tanti doni e le cose che Jannacci sapeva esprimere, c’era infatti un grandissimo senso della tenerezza, intesa come serena accettazione delle cose della vita, e anche di gratitudine per la vita stessa. Jannacci era un uomo sereno e grato alla vita.
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3 comments:
Un altro papà se ne è andato.
Ciao e grazie.
Francesca
Ho pensato anch'io a quella carezza del Nazareno, ieri sera all'aver appreso la notizia.
grazie per averlo saputo raccontare.
Continuo a rileggere questo tuo lungo pensiero...Grazie!
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