C'è un signore paffuto vestito in modo improbabile che se ne va in giro di porta in porta a cercare di vendere il disco che ha appena fatto con il figlio. Inevitabilmente, come nella miglior tradizione dei commessi viaggiatori di una volta, tutti gli sbattono la porta in faccia. Lui non si perde mai d'animo, anzi non lascia trapelare alcunché dalla sua espressione impassibile, fino a quando non trova qualcuno che gli paga il disco in banane. Il finale del divertentissimo (e amaro) video del brano Low Key lo lasciamo in sospeso per chi ancora non lo avesse visto. Vale la pena vederlo però: come ci ha detto Jeff Tweedy in questa intervista, "questo è il punto in cui ci troviamo oggi, stufi e stanchi del music business".
Il Jeff Tweedy che insieme al figlio Spencer ha dato vita a "Sukierae", suo primo disco fuori dei Wilco, non è invece uno che è stanco di fare musica e scrivere canzoni. Qualcuno si è anche lamentato perché nel disco ce ne sarebbero troppe, ben venti ("Chi si lamenta di questo ha ben poco a cui pensare" dice). Non è neanche stanco dei Wilco, con cui ha già ripreso a fare concerti e soprattutto non è stanco del suo vecchio motto ("La musica è stata il mio salvatore. Ho avuto il mio nome dal rock'n'roll"): "Il rock'n'roll non è semplicemente uno stile di vita o un tipo di musica per me" ci ha detto. "Il rock'n'roll per me significa libertà personale e libertà di espressione, è credere in quello che si è senza vergognarsi di quello che si è". Jeff Tweedy, commesso viaggiatore del rock'n'roll, è ancora la voce più lucida della musica americana.
CLICCA SU QUESTO LINK PER LEGGERE L'INTERVISTA A JEFF TWEEDY
Thursday, October 30, 2014
Monday, October 27, 2014
Darkness on the edge of town
Sono tempi duri quando la musica viene gettata in periferia, in un brutto tendone in un ancor più brutto avanzo di speculazione edilizia dimenticata. Sono tempi duri se la musica viene cacciata dai teatri del centro cittadino di quella che è - dovrebbe essere? - la capitale morale d'Italia, una delle capitali d'Europa, fra poco la capitale del mondo con il suo Expo - per metterci al suo posto i supermarket del cibo e della ristorazione trendy. Sono tempi duri per chi preferisce nutrire il cuore che lo stomaco, ma noi di questa musica non sappiamo farne a meno, ne abbiamo bisogno per sopravvivere a tanta bruttezza e ci spostiamo come un popolo di nomadi ovunque essa faccia capolino.
Sia anche un orribile tendone alle periferie esistenziali, come dice qualcuno, perché evidentemente noi siamo i nomadi del desiderio esistenziale. Sappiamo che ci aspetta qualcuno che il cuore ce lo riempirà di buon grado, anche se l'ultima offesa che ci aspetta è mettere a fianco di un evento rigorosamente acustico, solitario e intimo, un circo che fa da sottofondo con il suo vociare insistente.
Ci aspetta Damien Rice, forse il più affascinante ultimo erede della grande canzone d'autore. Ci aspetta da solo sul palco dove ci resterà per circa due ore usando tutta la sera una sola chitarra acustica e, per un pezzo soltanto, un pianoforte. Ci vuole una capacità straordinaria per fare questo senza mai annoiare e senza mai cadute di tensione. La sua attitudine, anche se davanti a quasi 5mila spettatori entusiasti, è quella del busker, il cantante di strada. Spontaneità, nessuna ricerca di estetismi tecnici, nessuno snobismo, anti divismo totale: Damien Rice è uno di noi, solo che lui sa raccontare le inquietudine del cuore meglio di noi.
CLICCA QUI PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO
Sia anche un orribile tendone alle periferie esistenziali, come dice qualcuno, perché evidentemente noi siamo i nomadi del desiderio esistenziale. Sappiamo che ci aspetta qualcuno che il cuore ce lo riempirà di buon grado, anche se l'ultima offesa che ci aspetta è mettere a fianco di un evento rigorosamente acustico, solitario e intimo, un circo che fa da sottofondo con il suo vociare insistente.
Ci aspetta Damien Rice, forse il più affascinante ultimo erede della grande canzone d'autore. Ci aspetta da solo sul palco dove ci resterà per circa due ore usando tutta la sera una sola chitarra acustica e, per un pezzo soltanto, un pianoforte. Ci vuole una capacità straordinaria per fare questo senza mai annoiare e senza mai cadute di tensione. La sua attitudine, anche se davanti a quasi 5mila spettatori entusiasti, è quella del busker, il cantante di strada. Spontaneità, nessuna ricerca di estetismi tecnici, nessuno snobismo, anti divismo totale: Damien Rice è uno di noi, solo che lui sa raccontare le inquietudine del cuore meglio di noi.
CLICCA QUI PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO
Friday, October 03, 2014
Gli angeli sopra Berlino
Che cosa hai? Mancanza. Dialogo breve, essenziale, ma che dice tutto quello che c’è da dire. Wim Wenders è uno dei grandi geni dell’epoca moderna. Ieri era la festa degli angeli custodi, una festa di cui si sono accorti in pochi. Il suo “Il cielo sopra Berlino” è il film per antonomasia dedicato agli angeli custodi. Angeli che vivono una mancanza talmente insopportabile da voler diventare uomini. Wenders ha ribaltato le carte sul tavolo per qualche motivo che sa solo lui: siamo noi essere umani infatti che viviamo una mancanza talmente lacerante che ci fa desiderare in modo inesprimibile ma non per questo meno doloroso qualcosa di intangibile, di ineffabile, di così grande che sia capace di comprendere tutto quello che portiamo nel cuore. I nostri desideri, anzi il nostro desiderio: di felicità, di bellezza, di amore senza date di scadenza, ma eterno. Tutto quello che nella vita ci appare sfuggente come acqua di mare tra le dita di una mano.
Nel film di Wim Wenders invece gli angeli desiderano così tanto la nostra carnalità, la nostra umanità, il nostro essere fallaci e minuscoli che se ne innamorano al punto di voler diventare uomini e donne. Perché? Perché è in questa mancanza che emerge la bellezzadolorosa dell’umana esistenza. Gli angeli di Wim Wenders vogliono essere così.
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO
Nel film di Wim Wenders invece gli angeli desiderano così tanto la nostra carnalità, la nostra umanità, il nostro essere fallaci e minuscoli che se ne innamorano al punto di voler diventare uomini e donne. Perché? Perché è in questa mancanza che emerge la bellezzadolorosa dell’umana esistenza. Gli angeli di Wim Wenders vogliono essere così.
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO
Wednesday, October 01, 2014
Sorella Morfina
E' la Marlene Dietrich del rock. E' nostra sorella morfina, è l'inglese spezzata in due, la meravigliosa regina della Swingin' London, finita a vivere sotto a un muro a elemosinare spiccioli per pagare la sua tossicodipendenza. Quello che il suo ex amante, Mick Jagger, declamava senza vivere, lei l'ha preso sulle sue spalle e all'inferno ci è andata davvero, fortunatamente con un biglietto di ritorno. E' morta, rinata ed è tornata a testimoniare.
"Give My Love to London", insieme al suo storico disco del 1979 "Broken English", che segnava appunto la resurrezione di una persona data per morta dopo un decennio di abusi, è il suo capolavoro. Di una onestà disarmante. E' il disco che Nick Cave, che qui collabora scrivendo per lei la trascendentale Late Victorian Holocaust, non riesce più a fare da molti anni. Così Marianne ha preso il suo posto e ha fatto il disco che tutti sognavamo. Non solo Nick Cave: alcune delle menti migliori della sua e della più recente generazione sono accorsi da lei, come è giusto che sia quando Marianne entra in studio: Roger Waters, che ha scritto per lei la splendida Sparrow Will Sing; Anna Calvi, con Falling Back. E ancora: Brian Eno, Ed Harcourt, Steve Earle, tutti accorsi alla sua corte per dare un contributo.
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE LA RECENSIONE
CLICCA SU QUESTO LINK PER LEGGERE LA RECENSIONE DEL DISCO DI JEFF TWEEDY
"Give My Love to London", insieme al suo storico disco del 1979 "Broken English", che segnava appunto la resurrezione di una persona data per morta dopo un decennio di abusi, è il suo capolavoro. Di una onestà disarmante. E' il disco che Nick Cave, che qui collabora scrivendo per lei la trascendentale Late Victorian Holocaust, non riesce più a fare da molti anni. Così Marianne ha preso il suo posto e ha fatto il disco che tutti sognavamo. Non solo Nick Cave: alcune delle menti migliori della sua e della più recente generazione sono accorsi da lei, come è giusto che sia quando Marianne entra in studio: Roger Waters, che ha scritto per lei la splendida Sparrow Will Sing; Anna Calvi, con Falling Back. E ancora: Brian Eno, Ed Harcourt, Steve Earle, tutti accorsi alla sua corte per dare un contributo.
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE LA RECENSIONE
CLICCA SU QUESTO LINK PER LEGGERE LA RECENSIONE DEL DISCO DI JEFF TWEEDY
Subscribe to:
Posts (Atom)
Sangue nei solchi del cuore
“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...
I più letti
-
E ci sono state le lacrime e c’è stata una stella cadente che ha attraversato il cielo aprendosi in due. E ci sono state preghiere e c’è sta...
-
"Edward Hopper, pittore statunitense famoso soprattutto per i ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea". Oibò,...
-
L'altra sera sono andato a vedere il concerto di Bruce Springsteen And The E Street Band. Ogni volta che viene in Italia non me lo perd...
-
Nick Hornby, in tutte le top five del suo (peraltro bello) Alta fedeltà, naturalmente non ha incluso la top five delle migliori fuck you son...
-
E' una giornata di sole oggi a Los Angeles. D'altro canto a Los Angeles c'è sempre il sole. L'anziano signore, sempre elegan...
-
This blog for hire , come diceva il musicista rock più amato in questo blog... Così oggi lascio spazio all'amico Giorgio Natale , con cu...
-
Paolo Vites, giornalista musicale da circa 25 anni, ne ha visti di concerti. Dai primi, a fine anni 70, quando la musica dal vivo tornò a es...
-
“Ogni sera c’è del rossetto sulla sua camicia, ogni mattina lei lo lava via. Aveva sentito dire che in ogni vita una parte della vita stessa...
-
Quello che è successo a Parigi la sera del 13 novembre, a molti di noi appassionati di musica rock ci ha segnato per sempre. Non perché un r...
-
Una sera del 1978 il giornalista e scrittore Paul Williams, quello che inventò il giornalismo rock, si trovava a un concerto di Neil Young a...