Hey kids, rock and roll
Nobody tells you where to go, baby -
Negli anni 80, diciamo dal 1982 al 1988, seguivo essenzialmente due musicisti, Bob Dylan e Bruce Springsteen. Nel senso che solo di loro continuavo a comprare i dischi o andare ai concerti. Tanti motivi mi tenevano lontano dalla musica: Mtv non aiutava certo a farsi venire voglia di comprare i dischi. Ovviamente nonostante il mio periodo sabbatico non potevo fare a meno di venire a contatto con la musica. Dei due gruppi rock più celebrati usciti fuori da quel decennio ho sempre pensato la stessa cosa: bravissimi a fare dei gran singoli, inutili sulla lunga distanza, cioè quella dell'album per intero. Gli U2 poi dopo Achtung Baby (che è bellissimo tutto per intero) non hanno più fatto manco brani singoli belli. I R.E.M. sì. Avevo provato ad avvicinarli seriamente proprio nel 1988, quando grazie a un negozio di dischi a noleggio sotto casa (sì, negli anni 80 per un breve periodo c'era anche questo) avevo preso Green. Mi piacevano solo Stand e Orange Crush. Mi erano piaciuti poi Out of Time e Automatic for the People. Li vidi dal vivo nel tour di New Adventures in Hi-Fi e penso sia stato uno dei concerti più noiosi della mia esistenza. Ma hanno continuato a fare delle grandi canzoni.
Così qualche mese fa ho comprato Part Lies, Part Heart, Part Truth, Part Garbage (titolo bellissimo) la loro antologia su doppio cd che copre l'intera carriera, dai tempi indie a quelli del superstardom. E' il mio disco dell'anno. E' un classico di ogni tempo, al pari di antologie da urlo come Decade di Neil Young o Biograph di Dylan. Dischi che racchiudono una storia, un'era, un mondo misterioso che è possibile avvicinare e riscoprire in nuovi inaspettati dettagli ogni volta. Dischi inesauribili. Quello dei Rem ha il solo difetto di avere al suo interno una brutta-brutta canzone (uno dei tre inediti), A Month of Saturdays, e di aver escluso uno dei loro brani più belli, Drive, non si capisce perché.
Part Lies, Part Heart, Part Truth, Part Garbage scorre in un primo tempo fino ai fasti di Losing My Religion in una cavalcata che stordisce per l'urgenza, la forza, la passione, l'irruenza, di quello che erano i REM anni 80. Non c'è un assolo di chitarra, ma ci sono parti di chitarra di una epicità che non si trovava da nessuna parte in quegli anni. Michael Stipe incanta con una voce che altrettanto - a parte quella di Bono - in quegli anni nessuno poteva permettersi: fuoriesce da ogni scantinato di Athens per raggiungere gli scantinati di tutto il mondo. C'è un tale immenso immaginario nella voce di Michael Stipe pronto a esplorare ogni latitudine umana. E il rock che sanno esprimere in questa parte della loro storia, è la somma di tantissime storie precedenti coniugate in un desiderio fortissimo di racchiuderle tutte. Divertiamoci a scoprire ogni singola parte dell'insieme. Nel secondo tempo di questo doppio cd, Michael Stipe diventa un monaco zen, un predicatore errante, un santo peccatore che esprime una inquietudine straboccante. Malinconia a dosi massicce, tristezza cosmica, serenità solare, pace & dolore: da Everybody Hurts fino a cose recenti come Uberlin è impossibile fermarsi e mettersi ad ascoltare altro. I testi straboccano di confusi - apparentemente - pezzi di realtà messi insieme come un puzzle irrisolvibile: I'm Martin Sheen I'm Steve McQueen I'm Jimmy Dean… Ma in definitiva, chi sono io? C'è una cosa che accomuna tutto quanto Michael Stipe ha scritto nel corso degli anni: una grandissima pietà, una straordinaria identificazione nel dolore e nella solitudine di ogni uomo: not everyone can carry the weight of the world. E sì, everybody hurts. Lo assecondano anche in questo secondo tempo le sempre meravigliose trovate di Peter Buck, perché come in ogni migliore storia del rock è la somma delle parti che crea il fascino completo: Jagger & Richards, anyone?
Ho snobbato i Rem, perché nella musica funziona così: è lei che viene a cercare te, non sei tu che cerchi la musica giusta. In determinati periodi della vita essa non saprà comunicarti quanto invece hai bisogno che essa ti comunichi in altri momenti. Si apre allora un tunnel, una autostrada di reciproca comunicazione che va dall'artista al tuo cuore e torna indietro con gratitudine. I Rem finalmente mi hanno trovato e difficilmente potrò abbandonarli. Ascoltando tutto questo doppio cd in sequenza ci si accorge di come i Rem hanno scritto di fatto sempre la stessa canzone, ma l'hanno saputa piegare e indirizzare verso le mille sfaccettature del cuore dell'uomo. Così facendo hanno scritto una epopea melodica che si innalza ai vertici dell'espressione umana. Una Odissea, una Divina commedia rock. Fatta in parte di menzogne, in parte di cuore, in parte di verità e in parte di spazzatura. Hallelujah (che è anche il loro ultimo bellissimo brano scritto insieme dopo averci detto addio).
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9 comments:
manca anche perfect circle, che è la mia preferita in assoluto fra le loro... :)
ma a parte ciò bellissimo pezzo, come sempre, mr. vites!
"Mtv non aiutava certo a farsi venire voglia di comprare i dischi"
Sottoscrivo ad occhi chiusi
li amo senza se e senza ma
Chiedi alla Anto il 20 Febbraio 1995 li ha visti a Torino con la borsa premaman al seguito, il 22 e' nata Zoe
ciao Paolo ti segnalo quest'uscita. George Harrison – Early Takes Volume 1: Music from the Martin Scorsese Picture Living in the Material World (2012) 1. My Sweet Lord (demo)
2. Run Of The Mill (demo)
3. I’d Have You Any Time (early take)
4. Mama You’ve Been On My Mind (demo)
5. Let It Be Me (demo)
6. Woman Don’t You Cry For Me (early take)
7. Awaiting On You All (early take)
8. Behind That Locked Door (demo)
9. All Things Must Pass (demo)
10. The Light That Has Lighted The World (demo)
sì molto bello. l'ho recensito per la nuova rivista che esce a giugno, Suono
buona fortuna per questa nuova avventura.
gran bel pezzo, bellissima fotografia dei Rem, bravo Paolo, anch'io non ho mai sbavato per loro anche se li ho apprezzati e comprato i dischi, non tutti certo, ma rimangono una band intelligente, creativa, originale e seria. Testimone è il modo nobile con cui hanno chiuso
tnx zambo
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