Dietro a ogni rock star c'è un depresso? In effetti, quando si approfondiscono le storie private, quelle lontane dal palcoscenico, di molti di essi, sembra essere davvero così. Un caso su tutti, quello di Kurt Cobain, morto suicida a 27 anni non perché come lo hanno dipinto i media era uno dei tanti sballati eroinomani che cercavano l'eccesso. Semplicemente, non aveva mai superato il trauma del divorzio dei genitori. Venendo a giorni più recenti, su Amy Winehouse si potrebbero scrivere trattati di psicologia. In un articolo straordinariamente profondo (e anche molto lungo) pubblicato sulla rivista americana New Yorker, dedicato a Bruce Springsteen, il Boss cita un altro musicista, poco noto in Italia, ma di assoluto valore (sua ad esempio la colonna sonora premiata con l'Oscar del fin "O Brother Where Art Thou?"), T-Bone Burnett.
"Tutto il significato del rock'n'roll sta nella parola papà" dice Burnett. "Un lungo imbarazzante urlo per tuo padre", aggiunge Springsteen. Che significa? Semplice: diventare un musicista rock, spiega Springsteen, vuol dire reclamare quell'attenzione che i nostri padri non hanno saputo darci: "Ehi meritavo un po' più di attenzione di quella che mi hai dato" aggiunge Springsteen. Come a dire: se stanotte sono qui su di un palco a spaccarmi le tonsille è perché voglio farti vedere che valgo qualcosa. Papà. Sapere che questo trauma lo ha vissuto - e lo vive tutt'oggi seppure in maniera meno devastante di una volta - lo stesso Springsteen, fa un certo effetto. Il musicista americano, per come lo conosciamo noi spettatori dai suoi concerti, è piuttosto quella figura paterna che noi stessi avremmo sempre desiderato. In un suo concerto, lui ci conforta, ci rassicura, ci dà speranza, ci invita a non mollare "a inseguire quel sogno" che rende la vita una avventura bella da vivere. Non è quello che fa un buon padre? Eppure Springsteen non ha avuto un padre così, e lo ha cercato a lungo.
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2 comments:
Davvero bello
Grandissimo!!
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