Non hai bisogno di una chitarra per essere una rock star
- Paul Williams
La solitudine è una verità universale. La musica in tutte le sue accezioni è uno dei tentativi dell'uomo di riempire questo smarrimento. E' la ricerca di qualcosa. Deliberatamente, intelligentemente, con passione e molte volte inconsciamente: la presenza della tua assenza
- Paul Williams
A quel tempo si andava di fax. Come stai, hai sentito questo disco? Che ne pensi dell'ultimo concerto di Dylan? Che senso ha scrivere di musica rock? Internet lo usavano ancora i militari (e Al Gore, che lo ha inventato, come si sa) soltanto e basta. Così io e Paul Williams comunicavamo da una parte all'altra del mondo, io a Milano, lui dalle parti della Bay Area in California, in questo modo. Il contatto me lo aveva dato un altro grande rock writer che non c'è più, anche lui, John Bauldie.
Stasera penso: io non so se valgo qualcosa, anzi no altrimenti avrei fatto dei soldi e sarei a qualche talk show invece che nella mia cameretta disordinata sotto a una pila di cd e di libri ingialliti. Sono un fallito, ma ho incontrato grandi persone e se mai una mia riga ha avuto qualche impatto su qualcuno - a volte c'è chi mi dice di sì, ma non ci ho mai creduto - è perché sono andato a scuola da gente come Paul Williams, John Bauldie, Greil Marcus. Li ho stressati, interrogati, tradotti, esaminati, studiati a memoria. E' stata una gran bella scuola, che fortuna mi abbiano dedicato il loro tempo. Non ho mai creduto che definirsi "giornalista rock" in Italia abbia alcun significato, ma da loro, che lo erano, anzi rock writers, ho imparato che scrivere di un disco o di un concerto non significa imporre la mia opinione: io sì che ne so e voi che mi leggete imparate da me. No: loro mi hanno insegnato che scrivere di musica rock è indagare, addentrarsi in un mistero insieme al lettore e alla fine lasciare la domanda aperta. Se mai sono riuscito a fare questo, lo devo a loro tre.
Lo penso stasera che ho saputo che Paul Williams è morto dopo una lunghissima e penosa malattia durata quasi vent'anni. Aveva 64 anni: nel 1995 in bicicletta aveva avuto un incidente. Era caduto battendo la testa. Non si era più ripreso, solo parzialmente, sprofondando sempre di più nella demenza, incapace a badare a se stesso. Che sorte incredibile per una delle menti più brillanti dell'America del dopo guerra. Con lui in tutti questi anni era rimasta, sempre accanto, la deliziosa moglie, la cantautrice Cindy Lee Berrhill di cui Paul un giorno mi aveva inviato entusiasta uno dei suoi primi dischi. E' stata lei oggi a diffondere la notizia della morte di Paul: Rock-writer Paul S Williams, author and creator of CRAWDADDY magazine, (and my husband), passed away last night 10:30pm PST while his oldest son was holding his hand and by his side. It was a gentle and peaceful passing.
A 16 anni, nel 1966, stufo di leggere di musica rock su riviste per teenager, Paul aveva deciso di inventarsi un rock magazine. Così facendo aveva inventato un mestiere che ancora non esisteva, non esistevano i giornalisti e gli scrittori rock. Gli devo un lavoro, credo. Crawdaddy! fu il primo vero giornale rock, nato fotocopiato in un campus universitario ma che sin da subito potè contare su due lettori d'eccezione: Paul Simon e Bob Dylan. Quest'ultimo pochi mesi dopo, lui che era la rock star numero uno al mondo, gli concesse anche una intervista. Da Crawdaddy! passarono un po' tutti a farsi le ossa, compresi Greil Marcus e Jon Landau. Ma Paul era un autentico hippie figlio di quella cultura degli anni sessanta: quando vide che scrivere di rock stava diventando un mestiere manipolato dalle case discografiche, mollò tutto e andò a vivere nei boschi. Ed era soltanto il 1970. Nel video arci noto di John Lennon che canta a letto Give peace a chance, si vede anche Paul che canta e batte un tamburello con gioia tutta hippie.
Girò il mondo, sposò una ragazza giapponese, scrisse libri di meditazioni zen, divenne collaboratore e curatore dell'opera di Philip K. Dick (quello che da un suo libro tirarono fuori il film Blade Runner).
Ma quando sei nato nel rock'n'roll non ne rimani fuori a lungo, non ne puoi fare a meno: nei primi anni 80 si rimise ad ascolatare musica e scrisse una pietra miliare, The Map or Rediscovering Rock'n'Roll: a journey. Quel libro l'ho imparato a memoria, l'ho usato per anni per le mie citazioni e ancora oggi ogni tanti lo vado a rileggere. Si rimise anche a pubblicare Crawdaddy! ancora una volta fotocopie spedite per posta. E poi vennero altri libri, straordinari: su Bob Dylan, su Neil Young, sui Beach Boys. Per lui scrivere era la vita: partiva in tournée dietro a Bob Dylan, anche in Europa, per settimane per scrivere di ogni singolo concerto. Tanti suoi libri me li ha mandati a sue spese, così, da vero hippie. Mica come tanti suoi colleghi che ti dicono: ah sì, il mio libro lo trovi nei migliori negozi o su Amazon.
C'è una foto tristissima postata dalla moglie dove si vede Paul riverso sul suo letto disfatto, raggomitolato, in preda ai deliri della sua demenza. Chissà cosa ha pensato in questi anni che la sua coscienza andava spegnendosi. La moglie dice che andava a trovarlo in ospedale e gli faceva ascoltare musica. Ovviamente devo più che un mestiere a Paul Williams: gli devo il gusto per la vita, attraverso la musica. Gli devo l'ansia di voler scoprire ogni istante in una maledetta canzone quale sia il mistero che si sta comunicando. Ancora adesso quando vado a un concerto, sento battere dentro di me queste sue parole: "Lo scopo della poesia o della filosofia è condividere una verità. Lo scopo della musica è una salvezza spirituale. Lo scopo della rappresentazione teatrale è di lasciarci vedere noi stessi. Mettiamo le tre cose insieme e avremo una magia, il rock'n'roll, qualcosa per cui vale la pena viaggiare di città in città, sia che soldi e successo siano lì ad aspettarci sia che non ci sia nulla. Il pubblico sta pensando: arriva un altro gruppo di musicisti. I musicisti pensano: ecco un'altra città e il suo pubblico. E alla fine essi si incontrano nella notte e danzano insieme".
Avevi ragione, Paul: non c'è bisogno di una chitarra per essere una rock star. Tu eri una rock star. Ti voglio bene, miss you friend. Keep rockin', come mi scrivesti sul tuo libro.
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4 comments:
Mi hai commosso, mr. Vites
Allora ringrazia Paul Williams da parte mia.....
Caro Paolo, bellissimo post, tu non sei un fallito perchè cio' non si misura dal 730, tu sei sempre alla ricerca del vero, e questo scritto lo dimostra, buona Pasqua a te e famiglia, Marcello
Caro Pv, dunque...devo suddividere ik post, leggendolo poco per volta perchè mi commuovo e non riesco ad andare a vanti. Quindi prima parte e primo commento,
ecco.
Non l'hai mai creduto, dici. ma lo sei. Non si tratta di crederci, questa palla di crederci ed essere creduti è una rovina... Sentilo e scrivi !
Aspetto il libro, quello che scriverai e, nel frattempo, trovo il libro che stai già scrivendo (che non è un libro in senso "fisico") e che è già qui, propio qui: E' con te, fa parte di quel mistero e di questa condivisione.
Grazie <3
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