"L'unica cosa che io e Bob Dylan abbiamo in comune è il numero delle lettere nel nostro nome di battesimo": scherza così Ben Harper, sul palco del Moon and Stars Festival di Locarno, chiamato ad aprire per il leggendario cantautore.
Umile, simpatico, dispensatore di buone vibrazioni di chiara matrice hippie che lo percorrono in lungo e in largo, il musicista di Claremont, California, ha dimostrato se ce n'era bisogno tutta la stoffa artistica che lo caratterizza, in una accoppiata, la sua e Dylan, che è stata quella americanissima, tra padri e figli, di un'unica identità musicale seppur dispiegata con accenti diversi. Accompagnato dalla sua band storica, gli Innocent Criminals, tornata dopo tanti progetti solisti e paralleli tra cui il bellissimo disco di qualche tempo fa inciso insieme alla madre, Ben Harper ha emozionato la folta platea della Piazza Grande di Locarno, un catino dalla temperatura simile a quella della giungla della Cambogia, con la sua musica piena di riferimenti alla golden age del rock, gli anni 70. Riff presi in prestito da Led Zeppelin e Stones, deliziose ballate acustiche, spruzzate caraibiche ed echi grunge, talento chitarristico purissimo (con l'aiuto del sempre ottimo ex Wallflowers, Michael Ward) specie quando siede con la sua Weissenborn degli anni 20 sulle ginocchia, un talento come se ne ascolta sempre più raramente. Il suo concerto è una festa, tra sorrisi e una band coi fiocchi in cui spiccava il percussionista, autore di vivaci jam con il batterista e il bassista, da aprire squarci della memoria che arrivano fino ai giorni felici di Woodstock.
Concerto aperto da Diamonds on the Inside, che curiosamente ricorda tanto uno dei classici del Maestro che salirà dopo di lui sul palco, e cioè I Shall Be Released, con tante chicche di una carriera ormai ultra ventennale: Burn to Shine, Roses from my Friends, Steal my Kisses, Amen Omen e tante altre. Ben Harper arriva adesso in Italia, il consiglio è ovviamente di andare a vederlo.
Quando la notte è ormai scesa su Locarno, senza che la bolla di caldo sia diminuita, senza annuncio alcuno improvvisamente sul palco appare lui. Con il suo tipico apparente distacco, prende posto davanti a un microfono curiosamente circondato da altri due vintage, di quelli che usavano Frank Sinatra ed Elvis per capirsi. E' il massimo degli effetti speciali che Dylan offre, oltre a due piccoli busti marmorei piazzati sui monitor di cui non si capisce esattamente il senso: una Venere greca e una sorta di Beethoven, si direbbero.
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