Sunday, June 25, 2017

Canzoni della buona speranza

E ci sono state le lacrime e c’è stata una stella cadente che ha attraversato il cielo aprendosi in due. E ci sono state preghiere e c’è stata consolazione e redenzione. C’è stato che solo ieri sera mi sono accorto che hai due anni soltanto meno di me (portati solo un filo meglio…) e allora solo ieri sera ho capito una cosa di cui non mi ero mai accorto, ho capito cosa mi aveva sempre dato fastidio, impaurito, allontanato da te. Che siamo della stessa generazione io, te, Kurt, Chris, ma mi facevate troppa paura, per cui me ne stavo alla larga. Usavo la scusa dei gusti musicali, ma in fondo ero morbosamente attratto da voi e dal vostro male. Perché era lo stesso mio male. Generazione X senza saperlo, figli di un boom economico falso, violento, spacca famiglie. Ognuno di noi cresciuto in quegli anni 60 è stato lasciato solo. Certo che tu o Kurt avete passato una adolescenza peggio della mia, che pure è stata devastante. E allora ieri sera ho capito che la nostra strada si è finalmente incrociata e ti ho riconosciuto. “Aveva un diavolo su una spalla e uno sull’altra, che le dicevamo, fuma, bevi, sniffa, scopa. Io avevo un diavolo che mi diceva solo fuma, bevi, bevi e fuma. Poi un giorno a Milano ho incontrato un angelo che mi ha detto: amami”. E la tua vita è cambiata, perché noi abbiamo sempre solo avuto bisogno di qualcuno che ci amasse, mendicanti dell’amore, mendicanti di una mano tesa.
Allora la bottiglia di vino stasera è solo una scusa per fare un sorso e brindare “A questo santo patrono della vostra città che non ho mai sentito nominare” e poi anche un sorso di birra e un “vaffanculo” come dire: ma sì stasera è festa grande e fatemi fare lo stupido. Non come tre anni fa che eri sempre attaccato alla bottiglia. Solo un sorso di vino e birra.
Si capisce dal primo istante quando ti si illuminano gli occhi: “E’ la prima volta che suono da solo davanti a tante gente (50mila persone)… Solo in Italia succedono queste cose…”. E si capisce che sarà una serata speciale, diversa da ogni altra.
E ci sono state le lacrime quando alla fine di Black continuavi a ripetere al tuo amico Chris Cornell “come back come back” fino a quando la voce ti si è spezzata in un singhiozzo e gli occhi colmi di lacrime. E c’è stata una meraviglia quando alla fine di Imagine, per una volta apparsa non come la banalità buonista spazzatura come è stata ridotta, ma come un desiderio davvero sincero in questi tempi che ci ammazzano i figli ai concerti quando una stella cadente ha attraversato il cielo e si è spezzata in due punte di fuoco, una per Chris e una per John. E una per tutti noi, che davvero possa arrivare la pace. “Io sono uno, voi siete tanti, ma siamo tutti insieme tutti una cosa sola”. E’ stato un segno, lanciato da Qualcuno lassù che è sembrato dire: la strada è questa, the long road”, mandando la sua benedizione.
“Stasera c’è la luna crescente, ma non si vede, però c’è. E’ come Dio: c’è ma non si vede... forse”. Perché hai voluto condividere tanta intimità con noi?
Da solo con una chitarra elettrica strapazzata alla morte per le più feroci canzoni del tuo gruppo (e quello sguardo, anche se hai fatto pace con il tuo demone del fumo e del vino, sempre allucinato, lo sguardo di un killer, lo sguardo dell’allucinazione, che riemerge ogni volta che canti una di quelle canzoni scritte nella disperazione della nostra generazione, fa ancora paura), con l’acustica per pagare pegno ai nostri maestri, da “Uncle Neil” a Cat Stevens ai Pink Floyd (maltrattta ugualmente...)
Insieme a un busker di Dublino, alla fine, a cantare insieme “society have mercy on me if I disagree…”, abbiate di pietà di chi non riesce a tenere il passo di questa società della follia e della morte, due mondi diversi che si mischiano. Lui un busker dell’amore implorato, e della misericordia, tu un busker punk, ma come cazzo siete uguali mentre spaccate ogni corda delle vostre chitarre.



E che sei un uomo umile, un uomo buono, lo si capisce quando, a differenza di tutti i tuoi colleghi, per il momento climax della serata in cui scendi in mezzo al pubblico invece di cantare una canzone tua ne fai una di Glen Hansard, la canzone della buona speranza, come un augurio, come un abbraccio: “And I know where you've been
It's really left you in doubt
Of ever finding a harbor
Of figuring this out

And you're gonna need
All the help you can get
So lift up your arms now
And reach for it
And reach for it”


Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, alza le tue braccia e raggiungilo: condividere è il segreto, unire invece che dividere, abbracciare invece che scansarsi, accettare il nostro limite e andare avanti giorno per giorno, che tutto è una benedizione.
Così la nostra generazione troverà pace. Grazie dell’insegnamento, forse risparmierò qualche soldo in psicanalisi. Grazie dell’amore. Grazie delle lacrime. E grazie della musica. Perché ci vuole il rock'n'roll per tenerci la mente sana e lontana dal dolore e dalla paura che avremo sempre dentro di noi, e allora vai di mulinello alla Pete Townshend e poi salya, salta sugli amplificatori. Ma va bene anche l’ukulele.


Wednesday, June 07, 2017

“Canta, o Musa, e attraverso me narra la storia”

"Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost his leg years ago trying to attack Moby with a knife…".

La voce di Bob Dylan scorre profonda e melodiosa, con un ritmo incalzante e cadenzato, con battiti precisi, come se stesse leggendo una poesia e non un discorso. La sua voce è così: è ritmo, è musica, è il vecchio schiavo fuori della capanna dello Zio Tom che intona il blues senza accompagnamento strumentale, è l'ebreo errante che legge i salmi nelle sinagoghe di tutto il mondo, è il soldato sudista lacero e sconfitto dopo la guerra civile, è Omero che recita l'Odissea, è il contadino hillbilly seduto tra le rovine della sua fattoria al tempo della grande depressione.



L'abbiamo sentita, la voce di Bob Dylan, cantare le sue canzoni, canzoni che spesso sono "raccontate" più che cantate. Questa è la sua voce, che canti o che parli. Una voce mistica, vecchia come è vecchio il mondo. Provate a metterci sotto una base ritmica elettronica, sentirete l'unico vero rapper al mondo che declama e non ferisce le orecchie andando fuori tempo. D'altro canto il primo brano autenticamente hip hop lo scrisse lui, un bianco del Minnesota, nel 1965, Subterranean Homesick Blues. La sua voce è rock'n'roll allo stato puro, ma è anche William Shakespeare che legge passi dell'Amleto ai suoi attori.

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Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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