Sunday, July 24, 2011

Bringing it all back home



E' stato un bel tour. Con i suoi alti e bassi, ma solo per colpa mia. Siamo partiti dalla Brianza, dove i Men in Black mi hanno fatto la cortesia di ospitarmi tra cornici, quadri d'autore e (molte) bottiglie. Siamo passati dallo splendido lago di Como, in un teatro che sembrava la Berlino sotto i bombardamenti, tanto che di quella sera manco ci sono le foto, allora ne metto una con fratello Pratelli in attesa di Ringo Starr o Van de Sfroos, non ricordo bene. Correndo sulle highway di casa nostra, tra la via Emilia e il West siamo andati fino alla città dei tortellini: era una festa di bambini, era una festa dell'estate. Lì, c'era chi era venuto apposta da Roma, my brother Marco Warren Zevon Valli, grazie. Abbiamo toccato la Big City e le sue luci malate, all'interno di uan cattedrale nel deserto, ma il Panino era giusto e anche molto buono. Il vino meglio. Quella volta siamo riusciti a mettere sul palco il maggior numero di musicisti di questo tour: i Lowlands di Pavia, parte della Shamrock Band di Cork-Oggiaro e finanche Frank Asbury Park D'Acri. Grazie Marcello. A un certo punto, presi dalla frenesia da show biz, siamo andati anche in televisione, a presentarlo. Più o meno. Quindi, sfidando zanzare e mariti di Meg Ryan incazzati ci siamo immersi nel medioevo di un bellissimo castello a Vigevano, sul palco the Big Rigo Righetti, my brother on the road. E come vuole il Comandante in Capo, abbiamo riportato tutto a casa, nella città dove tutto cominciò 35 ani fa, con quel disco, DESIDERIO. E' stata una festa, con Gli Amici di Simone, Benedetto Chieffo & Band tra una Star of Betlehem e una Society, ci hanno detto come il cuore è uguale a tutte le latitudini e in tutti i posti del mondo: ci voleva una Canzone dell'Ideale per ricordarcelo. E così anche questa missione si è conclusa. In mezzo, tra una data e l'altra, la notizia che il libro veniva ristampato, prima ristampa nel giro di tre mesi, non male.

Grazie a tutti quelli che hanno messo in piedi questi incontri, a chi ha suonato, a chi è venuto, chi ha comprato il libro e chi no. Chi lo ha ricevuto a casa sua e non ha neanche fatto sapere se era arrivato, chi è stato sveglio tutta la notte per finirlo dopo essere tornato dalla Grecia, e gli è anche piaciuto. Grazie a chi lo ha ricevuto gratis e non lo ha recensito, grazie a chi se l'è comprato e l'ha recensito. Così va il mondo. Non importa, c'è posto per tutti. Adesso, si chiude, non per ferie - poche - ma per sfinimento cerebrale. Ma - oh - c'è già un altro libro, da qualche parte, in un cassetto. E non si parlerà di musica questa volta. Ci sono altre storie da raccontare. Che la Storia è una sola. La Storia siamo noi. Ci pensa il Comandante in Capo a indicare le strade, basta prenderle. Tanto portano tutte a casa.

























Monday, July 11, 2011

I was born in a smalltown/ Summer festivals


(Foto di Filippo de Orchi)



Dieci giorni suonati, Vigevano, 7 e 9 luglio

Il “magic castle”, citando una nota composizione di Jimi Hendrix, è per il mese di luglio il Castello di Vigevano, giusto dietro la straordinaria Piazza Ducale del piccolo comune lombardo alle porte di Milano. Qui si tiene per la seconda volta “Dieci giorni suonati”, finalmente un festival rock a misura d’uomo (le zanzare tigre che infestano la zona non sono a misura d’uomo, ma d’altro canto non sono neanche da addebitarsi all’organizzazione, piuttosto dovrebbe pensarci il comune...), in una cornice architettonica, splendida, tra verde e antichità, stand gastronomici e non distributori automatici di prodotti preconfezionati, un’area che contiene al massimo tremila spettatori, dunque a misura d’uomo.



(Foto di Filippo de Orchi)

Senz’altro in questa estate 2011 "Dieci Giorni Suonati" (che si concluderà il 24 luglio con il concerto del surfista Jack Johnson) non solo per queste caratteristiche che sono comunque iondamentali per una sana fruizione della musica live, ma anche per il cartellone artistico proposto, si porta via la palma di miglior festival estivo italiano...


Per leggere la recensione di Black Crowes e John Mellencamp, clicca su questo link



(Foto di Filippo de Orchi)

Friday, July 08, 2011

Soul Singing, dieci anni dopo /Summer festivals


(Foto di Paolo Brillo)

Vigevano, Dieci giorni suonati, 7 luglio

Dieci anni dopo esatti, e sono sempre uguali, non invecchiano mai. A vederlo da vicino però fratello Chris ha qualche pelo bianco che spunta sul barbone. Li ho visti in concerto a ogni cambio di chitarrista: nel 1996 quando ancora c'era Marc Ford, nel 1999 e 2001 con Audley Freed e ieri sera con Luther Dickinson. Nel mezzo , mi sono perso il tour con quel ragazzetto alla chitarra, tale Jimmy Page, ma gli era venuto il mal di schiena e annullarono la già annunciata data al Forum. Li ho intervistati tutti e due, Chris durante il suo momento mod, capigliatura alla Rod The Faces Stewart; Rich serafico hippie zen come è sul palco. In entrambe le occasioni erano accompagnati dallo straordinario drummer Steve Gorman, sorta di portavoce ufficiale dei due fratelli che come ogni buon fratello si stanno un po' sulle palle.


(Foto di Fabio Baio Baietti)

Ieri sera a Vigevano hanno fatto un concerto cortino per i loro standard, solo un'oretta e mezza, ma quella italiana era la prima data del nuovo tour (che poi dovrebbe essere il loro ultimo ma chi ci crede, si sono sciolti e tornati insieme un infinito numero di volte) dopo sei mesi di assenza dai palchi, avevano bisogno di rodarsi di nuovo. Niente set acustico per noi, dunque, come accade negli altri spettacoli del tour, e scaletta facile, greatest hits, nessuna delle formidabili cover che sono soliti fare. Io speravo in Willin', ad esempio. Ma pur di vedere i Black Crowes dal vivo, va bene tutto. Sono ancora la più straordinaria american rock'n'roll band esistente (subito dopo, come impatto live, solo i Wilco), "The Most "Rock n' Roll" Rock n' Roll band on the Planet" come si diceva di loro a inizio carriera. E anche se Luther Dickinson ieri sera non mi ha fatto proprio impazzire (troppo tecnico, continuo a preferire il periodo Marc Ford), tanto che Rich che di solito è abbastanza in ombra ieri notte a Vigevano ha invece tirato fuori un paio di assolo spaccacuore, è stato uno spettacolo da paura.


(Foto di Fabio Baio Baietti)

Ad esempio la lunghissima suite cosmica di Wiser Time, cominciata con lungo solo di piano elettrico, proseguita con scambi tra Luther e Rich (che qui ha dato il meglio), mentre Chris se la godeva ballando e sballando per conto suo. Ma ci sono stati tanti momenti da brivido: l'inno dell'anima, Soul Singing, e la bordata hard rock finale di Remedy, da ammazzare anche le ultime fottute zanzare che ci hanno devastato per tutta la sera (non ci sono zanzare così bastarde come a Vigevano). Mi è piaciuto il faretto blu psichedelico puntato sulla folla per tutta Wiser Time, quasi un modo per unire nella luce band e spettatori e a far volare tutti verso mondi sconosciuti a noi umani. Sebbene il tasso sonico dei BC mantenga sempre presenta una componente hard rock, non c'è nessun'altra band in America capace di coniugare l'essenza di Grateful Dead, Allman Brs Band e The Band come loro. Anche gli Stones ovviamente, che come sanno tutti erano di London, Nebraska. La più pura e autentica "american cosmic music".


Tuesday, July 05, 2011

Back Off the Boogaloo! Summer festivals

Davide Van De Sfroos, Milano Jazzin' Festival, 2 luglio


(Foto di Elisabetta Gadda)

L'irruenza di derivazione punk sembra abbandonata. In cambio una sofisticatezza folk che ben sottolinea il percorso musicale di Davide Van De Sfroos. Non che l'invito a ballare che lo stesso cantautore comasco aveva lanciato prima del concerto di sabato sera vada perduto. Van De Sfroos sa bene come fare a incitare una folla, ma ad orecchie attente non sfugge una pacatezza che va a braccetto con un'accresciuta ricchezza sonora che giova alla musica e giova anche a lui. In fondo gli anni passano per tutti.

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Ringo Starr and His All Starr Band, Milano Jazzin' Festival, 3 luglio



"Peace and Love". Dal momento in cui Ringo Starr sale sul palco del Milano Jazzin' Festival non smette mai di fare il caratteristico simbolo della vittoria con le dita della mano, gesto iconico degli anni Sessanta, così come la frase "pace e amore" che Ringo scandisce a intermittenza continua. Fa un certo effetto vedere questo settantenne (peraltro in forma fisica smagliante, ne dimostra tutt'al più 50) ancorato a certa simbologia. Anzi, fa tenerezza. Per di più in un giorno in cui dalla Val di Susa arrivano le notizie di scontri e violenze tra giovani e forze dell'ordine. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando una generazione, quella di Ringo Starr appunto, sognava "Peace and Love" e ancora ci crede, nonostante l'età, e una generazione disperata, nera come le t shirt che indossa e il nome che si è data, "black bloc".


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(Le foto di Ringo Starr sono di Filippo De Orchi)

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