
Io me le ricordo, le strade di Roma. Quando la scuola cominciava ancora il primo ottobre, e noi ragazzi si passava il mese di settembre a casa delle zie romane. Io mi ricordo i cartocci di olive verdi dolci giganti che così buone non ne ho mangiate mai più. E mi ricordo i supplì, nella rosticceria dietro l'angolo, che anche quelli di così buoni chi li ha mai ritrovati.
Io me la ricordo, Roma immensa, i musei vaticani e il Colosseo, i fori imperiali e le terme di Caracalla e la parata dei bersaglieri a Porta Pia quella domenica del 1970, cento anni dalla presa di Roma pontificia, con il mio cuginone grande che poi se n'è andato per sempre. Io mi ricordo una città che mi faceva paura, così paura che non ho potuto fare a meno di amarla da morire.
Io mi ricordo, seduto al tavolo di cucina con mia sorella che ascoltava da un registratore a cassette canzoni strane, ma che mi inquietavano Lilly, di che sarà morta mai e perché senza denti? Penna sfera e Compagno di scuola, soprattutto. Compagno di scuola: io mi ricordo la nostalgia per qualcosa che ancora non avevo vissuto ma dentro al cuore sentivo inevitabilmente inconsciamente essere il mio destino. Nostalgia del futuro.
Io mi ricordo, una mattina di primavera, saltare la scuola, prendere il Ciao giallo e correre fino a Sestri Levante con l'aria fredda del mattino e il sole che sorgeva sopra la Baia del Silenzio, il cuore commosso per la belleza di sentirsi vivi in tanta bellezza. Su in motorino fino alla casa di questa professoressa, il cui figlio adesso ha l'età che aveva lei la mamma allora, ed è davvero la vita un gioco del cerchio infinito. Una professoressa che ci accoglieva sempre, noi sbandati di una generazione nata troppo tardi per il '68 e troppo presto per il '77, ma tanto riuscimmo in qualche modo a farli tutti e due, anche se male. Ci accoglieva sempre, a patto che l'indomani, va' che a scuola ci vai o telefono ai tuoi genitori. Poi tre giorni dopo eravamo di nuovo lì da lei. E io mi ricordo quella mattina che ero lì nella sua cucina di questa casa in mezzo ai boschi da cui vedevo tutto il Golfo del Tigullioe mi venivano le lacrime per la bellezza. Mentre lei preparava il caffè e la radio accesa e questa canzone, che sembrava stupida ma non lo era. Sara svegliati è primavera. E poi sta' attenta, ricordati che aspetti un bambino. Lei che scuoteva la testa, "guarda un po' ormai si dà per scontato che si può rimanere incinta che non hai manco 18 anni". E quando qualche mese dopo la ragazza dell'altra sezione, a scuola, che non aveva 18 anni, arrivò a scuola col pancione, capii allora per la prima volta che le canzoni rock (vabbè, anche quelle italiane, che non sono mai rock del tutto) dicevano la verità, sempre. Io me lo ricordo, e ancora oggi vale questa regola.
Io mi ricordo quella mattina dell'anno della maturità, notte prima degli esami. Svegli tutta la notte a bere e a fumare. Ascoltare Eric Clapton, i Byrds e Bob Dylan. E la mattina all'alba nel cielo immenso azzurro un aeroplano che passava lasciando una striscia bianca tra le nuvole rosa, e io mi ricordi scrissi la mia prima e ultima poesia molto zen davvero, "gli aerei lasciano rette raggianti eternità". E gli aerei volano in alto tra New York e Mosca. Notte prima degli esami.
Io me le ricordo le strade di Roma, le olive verdi dolci nel cartoccio e il Colosseo, e io me lo ricordo quell'anno dei miei 16 anni che persi l'anno a scuola e piansi lacrime amare sui solchi di Street Legal e sui solchi di Sotto il segno dei pesci. E adesso guardo incredulo questa ristampa su cd de Sotto il sengo dei pesci, "Venditti remastered" c'è scritto, e nel booklet dentro c'è anche il mio nome. Introduzione a cura di Paolo Vites. E penso che domenica mattina ho un altro appuntamento al telefono con lui, con quella voce che ascoltavo più di trent'anni fa in cucina dal registratore scassato di mia sorella, che mi poneva delle domande, e sorrido se penso che adesso ogni domenica mattina al telefono gliele posso fare tutte le domande che voglio sulle sue canzoni. Tanto neanche lui sa rispondere, perché è giusto così. Che cosa fantastica è la vita. E in qualche modo sapevo che tutto questo sarebbe successo, perché avevo già nostalgia del futuro. Che certe cose accadono, its magic, its all happening.

E che insomma, se ho baciato la mia prima ragazza con tra le mani la copertina di Alice di Francesco De Gregori, e ho pianto un'amica morta di eroina con tra le mani la copertina de Sotto il segno dei pesci, vuol dire che era destino che diventassi colui che raccoglie le parole dei due principi di Roma, Theorius Campus in qualche modo ricostituitosi tra le pagine del Corriere della Sera. Buon per loro, che mi hanno trovato, direi per concludere cazzosamente. Che tutte le strade portano a Roma.