Showing posts with label elliott murphy. Show all posts
Showing posts with label elliott murphy. Show all posts

Tuesday, March 03, 2015

The last of the rock stars

"Se fossi diventato famoso come Springsteen sarei sicuramente morto, ma se Springsteen non fosse diventato famoso sarebbe morto lui"


Quarant'anni fa circa un ragazzo del New Jersey esordiva nel bel mondo del rock'n'roll. Erano anni quelli, i primi settanta, dove la mancanza di un disco significativo da parte di Bob Dylan, la cui ombra continuava a proiettarsi su tutta la musica rock nonostante fossero emerse dozzine di nuove talentuose star, si faceva sentire in modo lancinante. Di fatto Bob Dylan era dai tempi di "Blonde on Blonde", 1966, che non faceva un disco degno del suo nome, a parte "John Wesley Harding", e anche quello era uscito nei primi giorni del gennaio 1968. Troppo.

Quando questo ragazzo del New Jersey, dai lunghi capelli biondi e il viso angelico pubblicò il suo esordio (era il 1973) intitolato "Aquashow" ci furono lodi sperticate da parte della stampa che contava: eccolo, abbiamo trovato il nuovo Dylan che tanto ci mancava. L'allora famoso critico di Rolling Stone, Paul Nelson, recensendo questo disco, lo etichettava come "the Best Dylan since 1968". Quell'etichetta fu una maledizione, più che una benedizione.



In realtà Elliott Murphy, questo il nome di quel ragazzo, aveva una cifra artistica tutta sua, che ancora oggi si fa fatica a identificare. La presenza in quel disco di un brano intitolato Like a Great Gatsby (che nell'edizione americana, per evitare problemi di copyright fu intitolata Like a Crystal Microphone) avrebbe dovuto fornire qualche indizio. Elliott Murphy infatti era - ed è - uno dei più letterati autori rock di sempre, che riusciva nell'ambiziosa operazione di far suonare F. S. Fitzgerald come una rock star.

Quarant'anni dopo, quel ragazzo oggi 65enne, ha deciso di riprendere in mano quel disco per "decostruirlo". Lo ha infatti reinciso dandogli sfumature e profondità inedite, in una operazione che non è per nulla nostalgica, ma ricca di emozione e significati come lo era quarant'anni fa. Il risultato, "Aquashow Deconstructed" pubblicato dalla coraggiosa etichetta italiana Route 66 e che sarà in vendita il prossimo 9 marzo, è straordinariamente affascinante. Abbiamo parlato con Elliott Murphy per indagare quel mistero ancora aperto di quarant'anni fa e il suo significato attuale.



Il tuo disco "Aquashow" venne pubblicato in un anno particolare, il 1973, che per molti segna anche la fine dell'epoca d'oro della musica rock. Critici musicali come Lester Bangs dicevano infatti già allora che questa musica era stata uccisa dall'industria, che aveva perso la sua innocenza.


CLICCA SU QUESTO LINK PER LEGGERE L'INTERVISTA

Sunday, March 24, 2013

Sunday Morning Music: Mr. Murphy's night visions

Quasi una decina di anni fa invitati Elliott Murphy a esibirsi in Italia, all’interno di uno dei massimi eventi culturali italiani, nella Rimini felliniana che lui ama tanto. Con lui, oltre alla sua band, c’era la famiglia, la splendida moglie e il figlio Gaspard, un simpatico ragazzino grassottello credo tredicenne che sembrava uscito dal film I Goonies. Il padre me lo presentò come amante dell’heavy metal e lo invitò anche sul palco a suonare in un pezzo: divertente e bravo. Ma me lo ricordo però maggiormente come un ragazzino della sua età, che si divertiva da morire alle barzellette dell’allora drummer di Elliott, il bravissimo Daniel Montgomery. Così, dopo aver ascoltato il nuovo disco di Murphy “It takes a worried man”, la prima cosa che ho pensato è stata: finalmente un disco prodotto come Elliott merita. Rimango infatti dell’idea che il suo ultimo disco degno del suonome sia ancora Selling the Gold, che come questo ultimo riporta ai fasti dei giorni di gloria degli anni settanta di Murphy. Be’, sono rimasto alquanto scioccato a vedere che il disco è stato prodotto da quell’ex ragazzino paffuto, che evidentemente nel tempo è diventato un produttore e un musicista con i contro coglioni e ha saputo dare alle canzoni del padre quel suono che meritano, un orgoglioso disco autenticamente rock e molto 70s.

Quello che mancava infatti agli ultimi lavori di Murphy non erano le buone canzoni - quelle a Elliott non mancano mai - ma era la visione, e un artista senza visione è come un pittore senza pennelli o uno scrittore senza la penna. E la visione di Murphy è sempre stata, nei suoi momenti migliori, quella di celebrare lo spirito del rock’n’roll, la sua bellezza e la sua miseria, la sua gloria e la sua decadenza. Nel nuovo disco c’è tutto questo, l'ha ritrovata proprio Gaspard, che cosa buffa: dal brano che titola il disco che recupera la versione originale, quella della Carter Family, da cui Junior Parker avrebbe tirato fuori Mystery Train, il pezzo rock definitivo, al pop sontuoso di Little bit More sfuggito di mano a Phil Spector fino a uno scarto di “night visions” che sono appunto le visioni migliori di Elliott, la pianistica, in totale solitudine, Even Steven, aspra e dolorosa come trovarsi ubriachi alle cinque del mattino sulla Bowery, un’altra vita e tanti anni fa. In mezzo, tanti poderosi brani rock come la sixties e deliziosa Angelina che fanno solo bene al cuore. Oppure la strabordante I am Empty. "Welcome to Murphyland": in questo disco c'è tutta la caratura artistica di un eroe dei Seventies e dunque perché non intitolare un pezzo proprio Murphyland?


Gaspard on stage with daddy Murphy

Così, bene: bravi Elliott e Gerard. Ma che bel disco. Solo la copertina è da buttare via: neanche Andy Warhol in acido avrebbe fatto qualcosa di tanto brutto. Vabbè, ma in fondo chi se ne frega. E poi a Andy Warhol avevi già dedicato una canzone, Elliott.

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

I più letti