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Tuesday, February 26, 2013

The Mixtape Fanclub

In puro stile High Fidelity/Alta fedeltà, l'amico Lorenzo Barbieri dopo mesi - anni? - di duro lavoro ha coronato il sogno di metter su un sito davvero bello. Mi pregio di farne parte, su sua insistenza, e lo ringrazio.

Cassettine, chi se le ricorda? Quante notti passate a fare la compilation perfetta: per andare in macchina, per fare colpo sulla ragazzina (dai capelli rossi?), per puro divertimento. Grazie a Lorenzo, le cassettine tornano a vivere.

Questo il mio contributo, per adesso e chissà fino a quando.

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Se avete il lovesick blues o se avete un cheatin' heart, magari vi sentite alone and forsaken, o se viaggiate su una lost highway, potete tirarvi su con la mia compilation Hank Williams, molto alta fedeltà. Perché nessuno esce vivo da questo mondo

Tuesday, October 04, 2011

Non si esce vivi da questo mondo

E' la mattina del primo gennaio 1953. Una mattina grigia, fredda a Oak Hill, sperduto paesino della Virginia Occidentale. Un uomo che indossa un elegante cappello da cowboy esce barcollando dall'Andrew Johnston Hotel. Si dirige verso una macchina, una Cadillac. Un ragazzetto di 17 anni gli apre la porta della vettura e lo fa salire. È il suo autista. L'uomo entra, si butta sul sedile posteriore, si cala il cappello sugli occhi e ricomincia a dormire. Il volo che doveva portarlo quel giorno a Canton nell'Ohio è stato cancellato per il maltempo. Ci penserà la vecchia Cadillac a portarlo a destinazione, pensa mentre chiude gli occhi. Quegli occhi, Hank Williams non li aprirà mai più. Alcune ore dopo, verso sera, l'autista si accorge che il suo passeggero non risponde alla sua voce. Guarda da vicino: è morto. Prima di uscire dal suo hotel quella mattina si era iniettato una dose di eroina, di cui faceva uso da tempo. Hank Williams era il più popolare e amato cantante della country music dell'epoca, una super star.



Da qualche tempo il vizio dell'alcol e della droga lo avevano allontanato dalla grande ribalta, si era ridotto a esibirsi in scalcinati locali di provincia. Aveva 29 anni, proprio più dei Jim Morrison, i Jimi Hendrix, Janis Jolpin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, quelli del "club dei 27", le rock star morte alla stessa maledetta età. La sua ultima canzone, con amara profezia, si intitolava I'll Never Get Out of This World Alive, non uscirò vivo da questo mondo. Hank Williams, di fatto, è stata la prima rock star, ma non perché ha inaugurato la scia dei morti di droga, ma per la qualità immensa delle sue canzoni che sopravvivono tutt'oggi come alcuni dei massimi capolavori della musica americana moderna e la cui influenza è stata decisiva sulla musica rock a venire.


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Saturday, September 03, 2011

The Lost Hank Williams Notebooks

Quando Hank Williams morì, all'età di 29 anni, nella parte posteriore della sua Cadillac la mattina presto del Capodanno nel 1953, lasciò nel baule una borsa ricamata in pelle marrone, che usava per trasportare notebook con pagine di testi e idee musicali. Alcuni erano completamente finiti, altri appena iniziati. L’odissea di questo notebook di Hank Williams viene raccontata nelle note di copertina dell'album, scritte da Michael McCall del Country Music Hall of Fame e Museum, che osserva: "La storia dei notebook di Hank è così complesso come la leggenda stessa. Eppure, alla fine, ciò che più conta sono le canzoni, e queste sorgere di nuove opere dall'etere con rilevanza spettrale. Come per i suoi molti standard, queste nuove registrazioni toccano direttamente l'anima dell'uomo.



Qualche volta lavorare al sabato ha i suoi lati positivi. Ad esempio ricevere da qualcun altro che sta lavorando anche lui al sabato il link per l'ascolto di un disco atteso in uscita ai primi di ottobre, e che suscitava grande curiosità. Si intitola The Lost Hank Williams Notebooks, è prodotto da Bob Dylan per la sua eithcetta Egyptian Records e presenta una dozzina di brani con testi originali dell'immenso Hank Williams musicati appositamente da Dylan stesso e altri (c'è anche Jakob Dylan, ed è la prima volta che padre e figlio appaiono insieme sullo stesso disco). Un po' come i testi di Woody Guthrie inediti musicati anni fa da Wilco e Billy Bragg.



E come quel disco, in modo diverso, è straordinariamente bello. Tutti hanno messo sui testi di Williams la propria classica impronta musicale, ma essendo tutti personaggi profondamente influenzati dallo stesso Hank, l'operazione risulta vincente. Dylan fa Dylan, Lucinda Williams fa Lucinda Williams, Levon Helm fa quello che The Band ha sempre fatto. Jack White? Be' il ragazzone piacione è l'unico che imita in modo evidente Hank Williams, ma che poteva fare, meglio così che quelle robe tipo poropopò con cui ha ammorbato l'etere ai tempi della sua disciolta band, che non nomino neanche. Piace, e tanto, Holly Williams, la nipote di Hank, che ritrova il nonno che non conobbe mai. Piace Sheryl Crow, con ua marcia in più quando si dà alla country music (e fallo sto disco country come mi avevi detto una volta, Sheryl).E Merle Haggard? Ha! Stupendo, cazzo non ci sono proprio più cantanti così oggigiorno.Patty Loveless? Divina. Pure 100% country music.

E Bob Dylan? Meraviglioso. Canta benissimo, scordatevi l'uomo lupo dei concerti, e se è vero che oggi in studio si può far apparire intonata grazie alla tecnologia anche Britney Spears, è altrettanto vero che come sempre negli ultimi dieci anni quando canta brani altrui, di quegli autori che lui adora ("Le canzoni di Hank Williams sono la mia religione" ebbe a dire) se ne esce con le performance più riuscite. Splendido, come tutto il disco. Uno dei dischi dell'anno, of course.

Monday, March 28, 2011

Cuore matto

"Howard perché cavolo fai così? Non voglio sentire queste stronzate alla Bruce Springsteen. Noi suoniamo musica country. Datti una calmata figliolo"
(Crazy Heart, di Thomas Cobb)

"Don't judge a book by its movie", non giudicate un libro dal film che ne è stato tratto ha detto qualcuno molto intelligente. Io Crazy Heart, il film, non l'ho visto, anche se ci tenevo tantissimo sin da quando ne sentii parlare. E figuriamoci, con il mio attore preferito, Jeff The Dude Bridges, uno dei miei cantautori preferiti che ci scrive le canzoni, Ryan Bingham e una storia a base di country music, alcolismo e cuori infranti. Il cuore. Il cuore matto, come il mio e il tuo. Tutto quello che a me piace. Insomma. Però non ce l'ho fatta ancora a vederlo, il film. E' vero comunque che quei film che ho visto dopo averne letto un libro, sono sempre stati deludenti. Crazy Heart ho appena finito di leggerlo e ho voglia di vederne il film, anche se mi hanno detto - chi l'ha visto - che già una delle scene fondamentali è stata tagliata. Bah.

La scena in questione è verso inizio libro. Bad, il protagonista, un ex star della country music ormai dimenticata e sanamente alcolizzata, mentre vaga da un concerto all'altro entra in una vecchia chiesa. "Da un lato una grande Vergine in marmo bianco, dall'altro un crocefisso con un Cristo contorto, torturato. La sua educazione battista non lo ha mai preparato a una rappresentazione così dettagliata dell'agonia di Cristo". Ha una crisi di panico, esce fuori di corsa. "Una volta, nel 1967, era andato a un matrimonio di un musicista (anche quella volta era dovuto scappare fuori) Fino ad oggi, non era più stato in una chiesa. Appena mette piede dentro una di queste chiese (cattoliche) Bad sente gli occhi di Gesù svitarsi dalle loro orbite di gesso e ruotare verso di lui dicendo: io so".

Be', hanno fatto fuori Gesù e le chiese dal film, sembrerebbe. Poco male? No, male, perché manca il passaggio fondamentale. "Sei religioso?" le chiede la giornalista che lo sta intervistando alcune pagine dopo. "Prima sì. Forse lo sono ancora, non lo so. Non entro nelle chiese se posso evitarlo. La sera non recito più le preghiere. Però forse credo che esiste un Dio e che questo Dio ci tiene d'occhio Se questo poi significa essere religioso, allora sono religioso. Tu sei religiosa?". Lei dice di no. Lui le fa notare che le è piaciuta Satisfied Mind, un gospel che lui ha cantato poco prima. "Vedi non cambia niente, resta sempre una grande canzone. Nella musica country funziona così". E anche nei libri, come ha detto qualcuno: "Un libro che non abbia Dio o l’assenza di Dio, come protagonista clandestino, è privo di interesse". Impossibile immaginarsi la musica senza quel protagonista clandestino, Dio.



Non so se hanno fatto fuori anche questo dialogo, spero di no, perché spiega bene cosa sia la musica country. E questo libro è un formidabile documento di cosa sia la musica country. E' la storia di un Johnny Cash, o di un Hank Williams, è una storia sentita mille volte epppure raramente raccontata così con nuda onestà. C'è da sbizzarirsi nel leggere la vita di un musicista country on the road, raccontata nei minimi dettagli, nelle scale di accordi fatte alla chitarra, nel pubblico cialtrone di un bar di quart'ordine o nell'ebbrezza di salire sul palco davanti a diecimila persone urlanti. Nel vomito di ancora una sbornia, nelle sigarette Pall Mall fumate a pieni polmoni una via l'altra, nello sforzarsi di scrivere ancora un'ultima canzone. Nella solitudine, che porta a letto ancora un'altra ragazza vent'anni più giovane mentre lui, Bad, ha nostalgia del corpo con dei chili in più, e le rughe, e il tempo che lo ha segnato di una moglie che non c'è più.

Ok, bisognerebbe leggerlo in inglese, questo libro. Che la traduzione è pessima: "Sono già stato male altre volte, mannaggia". Mannaggia? Cazzo dice una country star, mannaggia? Scommetto che nel testo originale diceva "fuck". E non è l'unica volta, anzi. Ma va bene lo stesso. E' un bel libro. Non un grande libro, ma un bel libro. Oh, e anche il finale mi dicono sia diverso, nel film. Tantè. le canzoni di Hank Williams, quelle non potranno cambiarle mai.

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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