Sunday, November 19, 2017

Sympathy for the Lord

"Non puoi combattere la musica gospel. Non puoi combattere una Messa di Beethoven, o l'altezza delle guglie di una cattedrale. Non esiste una canzone che dica: Vieni avanti ateo! Non puoi vincere"
(Randy Newman)


Chi è buono e chi è cattivo? Puoi davvero servire un padrone solo, che sia il diavolo o il Signore? O piuttosto sarà una battaglia lunga tutta la vita, dentro e fuori di te, con il sangue dell'Agnello ai piedi della croce, che a volte si avvicina e altre volte si allontana?
Alla fine resterai come il predicatore, a predicare nella chiesa vuota e abbandonata, fino a lasciarti andare su una panca, scuotendo la testa sconsolato?
Bob Dylan aveva portato sui palcoscenici di mezzo mondo questa lotta sovrumana. Più che un predicatore intenzionato a salvare il mondo, il cantante aveva fatto quello che aveva sempre fatto: mettere a nudo su un palcoscenico davanti a migliaia di persone la sua umanità incerta come ogni passero che cade, come ogni granello di sabbia. Lui, e quella banda di fuorilegge e quelle donne bellissime, nessuna chiesa dall'Alabama alla Virginia li avrebbe mai fatti entrare a esibirsi. No, perché facevano paura. Era evidente che in mezzo a loro c'era un ospite indesiderato. Lucifero. Quei concerti, più che una liturgia gospel, furono qualcosa come un ascensore per l'inferno: potevi entrarci ma non sapevi se ne saresti uscito vivo.
In questo cofanetto ogni cd si apre con una sinuosa, serpeggiante, viziosa versione di Slow Train che ti entra sottopelle e ti possiede, non ti molla più, che incredibilmente suona sempre diversa, la migliore delle quali resta quella provata in studio con i fiati, una orchestra tuonante e senza pietà, che Dylan dovette lasciare a casa perché avere le coriste e anche i fiati era troppo costoso per un tour così inaspettato nel suo contenuto che non si sapeva neanche se la gente sarebbe andata a vederlo. Ci andarono, in massa, perché mai musica fu suonata così in grazia di Dio. E del diavolo.
Quello che strappa la pelle alle ossa in queste performance, lo si trova quasi tutto nel primo cd, che contiene esecuzioni da ognuno dei tre anni di gospel tour. When You Gonna Wake Up, come venne suonata quella sera ad Oslo nel 1981, è qualcosa che nessuno, in quel periodo storico, poteva fare. Comincia con le sole tastiere a sorreggere un Dylan apparentemente disperato, sconsolato, che implora, poi entra tutta la band e le coriste ed è un bing bang, è un sabba rock'n'roll come nessuno poteva neanche immaginare di sfiorare in quei giorni, né gli Stones, né Springsteen, nessuno dei sopravvissuti coetanei a Dylan. E' furia selvaggia, è un ritmo torrenziale secco e incalzante dettato dalla chitarra di Tackett che batte il tempo sincopato e funk, dal basso poderoso dello scatenato Drummond, dalla batteria che rulla implacabile alzando ill ritmo e da un Dylan realmente posseduto. E' ferocia allo stato puro. Poi per l'ultimo ritornello il tempo si fa ancora più veloce e chi gli sta dietro a questi qua? Ai tempi dicevano, "eh be' canta canzoni reazionarie e noiose e poi fa anche un R&B gospel standard, senza vita, vecchio".
Accade di nuovo in Saved e Solid Rock, in quest'ultima la lotta sul palco fra Dio e satana è più evidente che mai, quando la corista esplode due urli in successione che vogliono spaventare il cantante, quasi osceni: è posseduta. Chi avrebbe voluto in una chiesa questa banda di angeli e diavoli, di apocalisse e di ira di Dio? Accade tutto nel momento e quando il cantante si siede al piano come lo si vede nel dvd per cantare una magnificente e impressionante When He Returns, tutti i pezzi del puzzle cadono ai suoi piedi: non ha mai cantato così bene in vita sua, non lo farà mai più. Sono incalzato dalla chiamata del Signore, e allora non resta che prendere in mano la rosa che la ragazza sotto al palco gli offre, accennare leggermente col capo e scomparire nei corridoi dietro al palco. Non c'è pace e non c'è conforto, quest'uomo è nato per combattere la guerra della vita, solo.



Ma c'è un incantevole angolo di purezza e di rassicurazione, di gentilezza e di perdono. E' nascosto in mezzo alle mille gemme di questo cofanetto e potrebbe passare inosservato. Una chitarra acustica che fa strumming su e giù per le corde, le voci del cantante e della cantante un po' indietro, in una sala che immaginiamo buia e mal microfonata. Cantano una melodia antica come il mondo, alternandosi nelle strofe e poi unendosi insieme. Avrebbe potuto inciderla Elvis, e infatti lo fece, poco prima di morire. E' tale la perfezione e la purezza del canto, che vorresti metterti in ginocchio e pregare e lasciare che Rise Again scorra per sempre senza sosta nella tua notte più oscura, Perché è una luce quella che accende.

Tuesday, November 07, 2017

The king will walk in Tupelo!

Euchrid Eucrow è tornato dall'inferno, è uscito dalle acque fangose di Tupelo, si è innalzato su ogni tragedia e ha battezzato il mondo. L'angelo Beth ha avuto pietà di lui: The King will walk on Tupelo!
"Tutto noi in un certo senso siamo in lutto, se non per noi stessi per il mondo. La cosa più bella per me, quella che mi ha cambiato, quella che mi fatto venire fuori da quel posto terrificante è stato capire che in questo ci siamo dentro tutti assieme. È la vita. L’ho capito a un livello profondo quando sono tornato a suonare dal vivo dopo la morte di mio figlio. Mi sono letteralmente sentito salvato dal pubblico. Questo tour è come una comunione di massa. È qualcosa di straordinario. Non sono mai stato parte di un tour come questo. È qualcosa di religioso".

Così è stato. Il reverendo Nick Cave ha voluto dimostrare che si può risorgere anche dalle tragedie più orrende, un padre non dovrebbe mai sopravvivere a un figlio, e ha invitato tutti a fare altrettanto. Dall'inizio alla fine è stato un continuo cercare le mani degli spettatori, ci ha guardati tutti fissi negli occhi come dire: ora tocca a te. Poi il reverendo è sceso a camminare in mezzo alla gente, si è lasciato toccare, abbracciare e baciare. Ha alzato le mani in alto al cielo e ci ha benedetti. E' arrivato addirittura a scambiare un calzino con una spettatrice/spettatore.



E' stato il rito purificatore più grande della storia del rock, il giorno dopo che un folle aveva massacrato la folla di fedeli che era andata alla messa della domenica, il reverendo si è stagliato alto contro tutto il male del mondo. Che cosa rende possibile tutto questo? Lo ha dimostrato nel finale, quando con un centinaio di persone sul palco, fra tutti quelli (e quelle) che poteva scegliere, ha preso un metallaro a torso nudo e l'ha stretto forte al suo cuore mentre lui chiudeva gli occhi come un bambino e gli ha detto, e ci ha detto: "some people say it’s just rock and roll, oh but it gets you right down to your soul". Per tutti noi reietti della società che l'altra sera eravamo lì, è quanto basta e anche di più. Alla fine anche Stagolee ha pianto.

The King will walk on Tupelo!

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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