Wednesday, October 30, 2013

La donna che visse una volta sola, ma morì due volte (Una storia di Halloween)

Irlanda, primissimi anni del settecento. Margorie McCall, una giovane donna, muore di una grave forma di febbre che l'ha colpita. E' il 1705. Viene sepolta in fretta, per paura che la sua febbre possa in qualche modo essere contagiosa. Il problema è che nella fretta il marito le lascia al dito un anello di grande valore economico. La coppia era evidentemente conosciuta nel villaggio se la notte stessa della sua sepoltura due ladri di tombe sono già lì a scavare per portarle via l'anello. Il quale però non voleva saperne di uscire. Così i due personaggi pensano bene di tagliare con un coltello il dito intero dove si trovava l'anello. Purtroppo per loro, non appena ebbero staccato il dito e il sangue cominciato a zampillare, Margorie McCall si risveglia dal coma in cui era caduta urlando dal dolore. Non era morta evidentemente, solo caduta in uno stato di coma, ai tempi difficile da identificare. Secondo le storie dell'epoca, benché il destino dei due ladri rimanga sconosciuto, uno dei due morì stecchito dal terrore, l'altro scappò via così lontano che di lui non si seppe più nulla e tutti dubitarono che fosse mai tornato a fare il ladro di tombe.


A quel punto Margorie si alza dalla fossa e si mette in marcia verso casa. Dove il marito si stava mettendo a cena con i figli. Sentono bussare alla porta. Il vedovo dice: se vostra madre non fosse morta, giurerei che questo è il suo tipico modo di bussare alla porta. Il pover'uomo si dirige all'uscio, apre e si ritrova davanti la moglie ancora vestita dell'abito funebre e con una mano sanguinante. Cadde a terra stecchito. Venne sepolto nella fossa che la moglie aveva lasciato vuota. Le parti si erano invertite nel giro di poche ore.


Margorie McCall in seguito si risposò, ebbe altri figli e quando finalmente morì di vecchiaia venne sepolta nel cimitero di Shankill, a Lurgan, dove la sua tomba si trova ancora oggi. Sopra la lapide, l'iscrizione: “Lived Once, Buried Twice", visse una volta sola, ma morì due volte.


La morale di questa storia? Irish women are strong as fuck...


(questo racconto, in dozzine di versioni, esiste quasi in ogni parte d'Europa da centinaia di anni, il più vecchio risale al XIV secolo; la tomba di Margorie McCall a Lurgan in realtà non esiste, la targa con la frase citata fu aggiunta un centinaio di anni fa a una tomba sconosciuta)

Sunday, October 27, 2013

New York City Man

- Lewis Allan Reed (Brooklyn, 2 marzo 1942 – Long Island, 27 ottobre 2013)

One fine morning, she heard on a New York station
she couldn't believe what she heard at all
She started dancing to that fine-fine music
her life was saved by rock 'n' roll





Magician Magician take me upon your wings
and ... gently roll the clouds away
I'm sorry so sorry I have no incantations
only words to help sweep me away

I want some magic to sweep me away
I want some magic to sweep me away
I want to count to five
turn around and find myself gone
Fly through the storm
and wake up in the calm

Release me from the body
from this bulk that moves beside me
Let me leave this body far away
I'm sick of looking at me
I hate this painful body
that disease has slowly worm away

Magician take my spirit
inside I'm young and vital
Inside I'm alive please take me away
So many things to do - it's too early
For my life to be ending
For this body to simply rot away

I want some magic to keep me alive
I want a miracle ... I don't want to die
I'm afraid that if I go to sleep I'll never wake
I'll no longer exist
I'll close my eyes and disappear
and float into the mist

Somebody ... please hear me
my hand can't hold a cup of coffee
My fingers are weak - things just fall away
Inside I'm young and pretty
Too many things unfinished
My very breath taken away

Doctor you're no magician - and I am no believer
I need more than faith ... can give me now
I want to believe in miracles - not just belief in numbers
I need some magic to take me away

I want some magic to sweep me away
Visit on this starlit night
replace the stars the moon the light - the sun's gone
Fly me through this storm
and wake up in the calm ...
I fly right through this storm
and ... I ... Wake ... Up ... In ... The ... Calm





Friday, October 25, 2013

The Enemy

Chi è il Nemico, chi è lo straniero, chi è l’occulto e misterioso male che ci assale? Lo vedi in un passante per strada, il Nemico: gli sguardi si incrociano per un breve istante, brividi lungo la schiena, poi il passante, il Nemico, sparisce tra la folla. Ma non sei solo: il Nemico è sempre attorno a te. Sono le banche, sono i politici, sono le cattiverie di ogni giorno, sono i totalitarismi e il fanatismo che prendono il sopravvento sul significato vero della religione. Ma alla fine, il Nemico sono io stesso e lo riconosco quando mi guardo allo specchio. “Hats off to (Roy) Harper”, giù il cappello davanti a Roy Harper, cantavano i Led Zeppelin nel loro terzo album, mentre i Pink Floyd lo invitavano a cantare una loro canzone sul disco “Wish You Were Here” qualche anno dopo.
Roy Harper, che da tutta la vita combatte contro quel Nemico, è tornato, dopo anni e anni di silenzio, che lo si pensava ormai ritiratosi dal music business.



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Saturday, October 19, 2013

Pioggia fredda. E un sacchetto della spesa in ciascuna delle mani

Lo vedi che stai tornando a casa in queste sere che l’autunno sfila nell’inverno che ancora non fa freddo ma neanche più caldo e la pioggerella scende fastidiosa e cade già al fondo delle ossa. Lo vedi lì impalato davanti al citofono con un sacchetto in ciascuna delle mani il buffo cappellino tipo da baseball, la pancia prominente la vecchiaia che s’allarga dalle spalle a quel viso. Che quando ti sei avvicinato da lontano lo vedi ancora più vecchio e ti domandi che diavolo ci fa impalato davanti al citofono che ormai se in casa ci sono avrebbero dovuto aprirgli e se invece non c’è nessun ormai lo dovrebbe aver capito.



Lo vedi sempre lì che fissa i citofoni senza muovere un muscolo gli occhi nascosti dietro gli spessi occhiali e tu che hai ormai aperto il portone stai a guardarlo incantato e ti domandi ma cosa diavolo aspetta.
E lo vedi come fosse un fantasma una presenza fastidiosa un urlo muto davanti al maledetto citofono che non risponde e allora gli domandi un po’ timidamente scusi vuole entrare e lui non risponde e continua a fissare il citofono muto i sacchetti della spesa uno in ciascuna delle mani.

E alla fine ti muovi entri e chiudi il portone e ti domandi quante ore ancora rimarrà davanti a quel citofono immobile con un sacchetto della spesa in ciascuna delle mani.


E mentre vai verso l’ascensore cominci a pensare una storia che viene fuori da sola dal buio e vedi quell’anziano con due sacchetti della spesa in ciascuna delle mani solo che non è ancora anziano ma un giovanotto sereno che ha suonato quel citofono e ha sentito grida di bambini e poi la moglie che gli ha aperto e lui che entra sorridente guardate cosa ho comprato uscendo dal lavoro dai metti su le pentole su bambini venite qua a giocare col papà.

Cosa l’ha portato ancora qui pensi mentre stai entrando in casa quel vecchio uomo con i suoi sacchetti della spesa in quell’appartamento ormai da tempo non abita più nessuno non ci sono bambini non c’è una moglie che attendono il papà che attende il marito. Non c’è più nessuno, ma tu rimani davanti al citofono a fissarlo sotto la pioggia fastidiosa che l’autunno sta scivolando nell’inverno un sacchetto della spesa in ciascuna delle mani.

Friday, October 11, 2013

New York City serenade

Ci fu un periodo tra il 1969 e il 1973 all'incirca in cui uscirono nei negozi alcuni dei migliori dischi live di tutti i tempi. Non che dopo e anche in anni recenti non ne siano usciti più, ma sicuramente in quei pochi anni si concentrò un tale numero di dischi straordinari come mai più in seguito. Il motivo era semplice: quegli anni corrispondevano infatti allo strapotere della musica live rispetto a quella in studio. Le logiche dei 45 giri, spariti da tempo, ma anche quelle degli lp, le logiche di mercato insomma, si erano infrante contro una voglia di vivere la musica in presa diretta, in comunione, in piena libertà. Era l’epoca dei festival, certamente, ma non solo: i musicisti stessi godevano di questa dimensione che lasciava aperte le porte a ogni genere di improvvisazione e libertà. Basta dare un’occhiata veloce ad alcuni dei titoli dal vivo usciti in quei quattro anni: “Live/Dead” dei Grateful Dead; “The Turning Point” di John Mayall; “Made in Japan” dei Deep Purple; “At Fillmore East” della Allman Brothers Band; “4 Way Street” di CSNY; “Kick Out the Jam” degli MC5; “Get Yer Ya-Ya's Out!” degli Stones; “Mad Dogs & Englishmen” di Joe Cocker. Solo alcuni. Altre band, tipo i Led Zeppelin avrebbero goduto di uscite live inerenti a quel periodo solo decenni dopo, ma comunque testimonianza di quell’epoca unica per la musica dal vivo. In seguito, si fu costretti ad assistere a fenomeni imbarazzanti, cioè il ritoccamento in studio delle performance live, come nel tristemente noto caso degli Eagles. Il loro – vendutissimo – live del 1980 infatti venne corretto in studio per cancellare ogni possibile errore, almeno al 50% ponendo di fatto fine al disco dal vivo come pura improvvisazione rendendolo invece riproposizione di grandi successi il più simile possibile ai dischi in studio.



Tornando a quell’epoca d’oro, tra quella caterva di meraviglie, c’è un altro live, “Rock of Ages” di The Band, uscito nel 1972. Ai tempi un doppio vinile, documentava le quattro serate che il 28, 29, 30 e 31 dicembre 1971 il gruppo che fu accompagnatore di Bob Dylan aveva tenuto all’Academy Of Music di New York.

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Wednesday, October 09, 2013

La guerra nei nostri cuori

Non capita spesso di intervistare una band che ha appena pubblicato il suo nuovo disco e nel frattempo si è sciolta. Al sottoscritto non era mai successo, almeno. E' quello che invece è successo ai Civil Wars, un nome che visto come sono andate le cose, è tutto un programma, come si suol dire. Una guerra civile, una guerra interna che ha portato alla disintegrazione di una delle più interessanti realtà del neo-folk americano, fenomeno che in questi ultimi anni grazie al successo mondiale di gruppi come Mumford and Sons, Fleet Foxes o Avett Brothers ha riportato alla ribalta la grande tradizione musicale americana e anglo sassone. Anche i Civil Wars, benché ancora sconosciuti in Italia, hanno goduto di questo successo con il loro disco di esordio, "Barton Hollow", premiato con ben due Grammy come miglior disco folk e miglior disco country. L'omonima pubblicazione che esce in questi giorni avrebbe dunque dovuto essere la consacrazione del duo, composto dalla bella e brava Joy Willliams e da John Paul White, seconda voce e straordinario chitarrista acustico. Magari avrà successo comunque, sta di fatto che a disco non ancora uscito i due hanno annunciato pubblicamente un momento di stasi e di ritiro dalle scene: non ci saranno concerti a promuovere l'uscita e nessuno sa se i due torneranno insieme.



Una storia tormentata, che ricorda frizioni interne tra membri dello stesso gruppo, ad esempio quella dei Fleetwood Mac che in mezzo a dissapori e storie d'amore andate male producevano il loro capolavoro "Rumours".



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Sunday, October 06, 2013

Quando il gioco si fa duro...

Il film che ha rovinato una generazione: mai slogan fu più appropriato. Io posso dirlo, perché faccio parte di quella generazione di rovinati. Avevo 17 anni infatti quando una sera mi portarono a vedere Animal House. Era il 1979 e l’originale in America era uscito circa un anno prima, ma allora i film ci mettevano un po’ ad arrivare da queste parti. Mi trovavo a Milano, sulle tracce della solita ragazzina _-questa aveva i capelli biondi e corti però - altrimenti a Chiavari non so se l’avrei mai visto che i film lì arrivavano dopo secoli quando arrivavano. Ricordo che rimasi piuttosto traumatizzato da quello che vidi, non sapevo se ridere o rimanere a bocca aperta tanto quel film mostrava cose per noi italiotti di provincia impensabili, ma allo stesso tempo sentivo che erano le cose che avevo sempre sognato e desiderato. Dopo aver visto Animal House, proprio come quando ascoltai qualche anno prima Bob Dylan per la prima volta, inutile dire che la mia vita non fu più la stessa.



Eh sì, eravamo così fessi da provare a bere una bottiglia di Jack Daniel a canna come avevamo visto farlo a John Bluto Belushi, solo che lui beveva una bottiglia di tè freddo messo al posto del JD.



Ci siamo rovinati fegato reni e quant’altro e abbiamo provato a fare i nostri toga party anche se con risultati non così eclatanti. Ma ci siamo divertiti e ancora oggi ci sentiamo intrappolati in quel film e in quegli eroi. Vorremmo che la nostra vita fosse un eterno toga party, ce lo ha ricordato anche Bruce Springsteen questa estate quando ci ha fatto cantare Shout e ha trasformato San Siro in un toga party da 60mila persone. Ma fu davvero un film che cambiò la gente e cambiò il cinema: le imitazioni da quattro soldi che ne seguirono non si contano.




Scopro solo adesso che il film è ambientato nel 1962, l’anno in cui sono nato e penso che non sono solo coincidenze: insieme ad American Graffiti I e II e a un Mercoledì da leoni, il miglior film americano degli anni 70.
Quelli erano anni: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Poco importa che noi duri abbiamo perso.

(Il film torna al cinema nei giorni 7, 8 e 9 ottobre. I primi che si presentano in toga entrano gratis: toga toga toga per sempre)


Tuesday, October 01, 2013

The Song Poet

Vi sono piaciuti i film documentario di Martin Scorsese su Dylan e George Harrison? Ovvio che sì, impossibile non essere rimasti affascinati. Sono tantissimi i protagonisti della storia del rock che meriterebbero questo trattamento. Un gruppo di fan, che lavorano nel mondo del cinema, ha dato vita a un buon esempio di crowfunding per dare il giusto merito a uno dei più grandi protagonisti di questa storia, purtroppo e malevolmente lontano dal successo, ma indiscutibile dal punto di vista artistico. Quando i promotori di questa iniziativa gli chiesero infatti che ne pensassero di un film documentario su di lui, rispose: "Un film su di me? Nessuno sa chi sono".
Eric Andersen ha purtroppo ragione, ma solo in parte: a dispetto di 50 anni di gloriosa carriera, non è certo un musicista noto, se non per pochi appassionati. Un film su di lui sarebbe ingiustificato dal punto di vista economico, ma i fondatori di The Songpoet, come si chiamerà il film, hanno dato vita a un crowfunding per riuscire a realizzarlo entro il 2014. Sono già a buon punto, hanno raccolto testimonianze di personaggi come Willie Nile, Tom Paxton, il produttore di Blue River Robert Putnam, oltre a immagini di cinquant'anni di straordinaria carriera.
Ecco, tutto questo per dirvi che mai crowfunding è più sensato di questo. Partecipate, oltre a ricevere il dvd e alcuni memorabili a seconda dei soldi che donerete, farete un grande servizio all'arte, quella più vera. Qua tutte le info: https://www.facebook.com/TheSongpoet/info; http://www.towardcastlefilms.com/filmography/the-songpoet

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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