Friday, August 31, 2012

La contea più fradicia del mondo

Presentato allo scorso Festival di Cannes, "Lawless" esce in questi giorni nei cinema americani. Ispirato a un romanzo dello scrittore Matt Bondurant ("The Wettest County", che si potrebbe tradurre con "la contea più fradicia del mondo") che era ispirato a sua volta alla vita dei suoi bisnonni, il film gode di una colonna sonora straordinaria.
La storia è ambientata ai tempi del proibizionismo americano, nella Franklin County nello Stato della Virginia, che sembra essere davvero una delle zone più piovose al mondo. Qui tre fratelli si dedicano al commercio clandestino del whiskey. Sono cioè, come si diceva allora in America, dei "bootlegers" termine rimasto così radicato nella cultura popolare che con lo stesso nome si chiamano oggi i produttori di dischi e registrazioni non autorizzate dagli artisti e dalle case discografiche. Nel film i tre fratelli lottano per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie contro uno sceriffo e i suoi uomini che vogliono taglieggiare i produttori di alcolici clandestini.



"Una storia di fratellanza, violenza e avidità", è stato definito, e per rendere al meglio questa storia è stato chiamato un maestro della musica dark, gotica, profondamente legata al mondo antico e rurale dell'America. E' l'australiano Nick Cave, uno dei maggiori autori di canzoni degli ultimi trent'anni. Cave ha messo insieme un gruppo di artisti di prima levatura e insieme a loro ha costruito un racconto per canzoni che descrive magnificamente quel mondo oscuro, pericoloso, vizioso, ma anche pieno di religiosità e speranza che viene raccontato nel film. Insieme a lui il suo compagno di avventure musicali da sempre, il violinista "pazzo" Warren Ellis: i due si fanno chiamare in modo appropriato The Bootleggers e chiamano a raccolta un paio dei massimi esponenti della musica country, apparentemente agli antipodi della loro visione musicale.

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Monday, August 27, 2012

Elvis has left the building

LONG BLACK LIMOUSINE – Elvis Presley, album: “From Elvis in Memphis”; anno di pubblicazione: 1969 - Poco meno di un paio di settimane fa, il 16 agosto, si sono ricordati i 35 anni della morte di Elvis Presley. Era il 16 agosto 1977 infatti quando il Re del rockn’roll moriva, in un modo che non era certamente degno di un re, colpito da un infarto mentre sedeva sul gabinetto della sua residenza di Graceland, a Memphis. Aveva 42 anni e a chi negli ultimi tempi aveva criticato il suo aspetto, quasi obeso, gonfio di pillole anti depressive e di pillole eccitanti, nonché per una dieta che anticipava quella di MacDonald’s, rispondeva, non da re, ma da uno consapevole di tutta la sua fragilità: “E come dovrebbe essere un uomo di quarant’anni?”.


Altro che star di Hollywood rifatte al bisturi. Non si era vergognato di andare in scena in quello stato, fino a pochi gironi prima di morire, che forse era stato anche un modo inconscio di lanciare un grido di aiuto, un aiuto che non era poi arrivato. Chi scrive, ricorda perfettamente quel pomeriggio del 15 agosto 1977, quando la radio diede la notizia con l’enfasi della morte di un re.
Ricorda sua madre, che lasciava andare qualche lacrima discreta, e ricorda il commento del padre: “Ecco la fine che fanno tutti quei drogati”. Ma Elvis non era un drogato, almeno non più dei tanti che vanno a lavorare in ufficio o in banca con la loro dose quotidiana di prozac, per sopportare una vita che altrimenti non saprebbero sopportare.

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Saturday, August 25, 2012

Scrivi

“Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse).”

— Dino Buzzati (26 ottobre 1957)

Thursday, August 23, 2012

The sound of eternal stillness

Every new moment disappears forever



- che vita vorresti?

 

- una vita dove mi fosse riconosciuto quello che sono una vita degna di essere vissuta. una vita sarebbe abbastanza. dico troppo spesso “grazie” e “scusa”, come se non meritassi mai niente, come se sbagliassi sempre qualcosa.

- guarda io mi sento molto spesso come ti senti tu... e sono stufa di lavare piatti servire ai tavoli... ma sembra che la gente sia disposta a pagarmi per questo e non quello che amo fare e comunque alla fine vado avanti lo stesso.. e mi consolo dicendo: chi viene pagato per quello che ama fare è perché qualcuno vuole che smetta di fare quella cosa... a me non mi pagano quindi non posso fare altro che andare avanti a farlo

si fermarono a guardare il lago. lui pensava, come sarebbe vedere il blu dell’acqua l’azzurro del cielo il verde dei prati? come li vedono tutti. lui non conosceva il vero blu il vero azzurro il vero verde per lui ogni cosa era sempre stata un verde a metà un azzurro a metà un blu a metà. non conosceva la pienezza dei colori perché ogni cosa che vedeva l’aveva sempre vista a metà coperta da un velo di eterno grigio. E così sarebbe stato per sempre.

Perché Signore la testimonianza più vera
Che noi possiamo dare della nostra dignità
È questo ardente singhiozzo che va di era in era
E viene a morire al confine della vostra eternità

(Baudelaire)



Sunday, August 19, 2012

Tre accordi e il desiderio di Verità

Al Meeting di Rimini approda la musica rock. Non è la prima volta, in quanto nel 2004, in occasione dei cinquant'anni dell'uscita del primo 45 giri di Elvis Presley, si tenne una mostra analoga intitolata "Good rockin' tonight: storie di 50 anni di rock". Quella di quest'anno è curata personalmente dal giornalista irlandese John Waters, grande esperto di musica rock, con la collaborazione di Marta Albertin, Phil Faconti, Jonathan Fields, Walter Gatti, Kenneth Genuard, Maurizio Maniscalco, Giacomo Masato, Paolo Vites, quest'ultimo già curatore della mostra del 2004. Allora, nel 2004, venni invitato Elliott Murphy & band che tenne uno straordinario e indimenticabile rock show davanti a oltre 5mila persone esultanti ("A un certo punto avrei voluto fare crowd sufing" mi confessò dopo Elliott).



Quest'anno, secondo Waters, "la mostra intende dimostrare e celebrare la presenza del desiderio umano come forza trainante fondamentale della musica, che continua ad affascinare i giovani, utilizzando esempi di canzoni e artisti, che attraversano la storia globale di questo mezzo e sono rimasti tra i più grandi interpreti moderni". Che aggiunge: "Nel meglio della musica c’è qualcosa che va oltre il contenuto apparente, qualcosa di sproporzionato che si potrebbe chiamare, secondo la definizione della tristezza di San Tommaso il "desiderio di un bene assente". IlSussidiario.net presenta in anteprima uno dei pannelli, quello scritto da Paolo Vites e dedicato a Bob Dylan. Si tratta solo di una parte del pannello stesso.


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Thursday, August 02, 2012

La tempesta perfetta

Bene, ci aspetta un nuovo 11 settembre. No, non un altro attacco terroristico grazie a Dio. Solo un nuovo disco di Bob Dylan, già il terzo (dopo "Under the Red Sky" nel 1990 e "Love and Theft" nel 2001, sì uscito "quell'11 settembre 2001). A Dylan o alla sua casa discografica deve sembrare una buona data per pubblicare dischi. Facciamo allora il punto su cosa ci aspetta, vista la gran mole di news che sono circolate in rete e non avendolo ancora potuto ascoltare. Come sempre con Dylan, si scatenano le più incredibili ridde di ipotesi e anticipazioni, spesos fasulle. L'unico che pare lo abbia potuto ascoltare è il direttore della rivista Uncut, Allan Jones (ma… come… gli inglesi possono ascoltare un disco due mesi prima degli italiani? Ovvio, stupido: noi siamo appunto italiani).


(Foto di Paolo Brillo)

Allan Jones è una leggenda del giornalismo musicale e sebbene tenda a cadere un po' nel fanatismo soprattutto proprio con Dylan, è uno che ad esempio negli anni 70 si beccò un piatto in testa da Patti Smith durante una conferenza stampa. Il suo humour tipicamente inglese e la possibilità di fregarsene di tutto e di tutti sono straordinari. Nell'articolo in cui fa alcune anticipazioni sul disco di Dylan, ad esempio dice: "Non bisogna mai scrivere di un disco dopo un solo unico ascolto. Ad esempio una volta feci un errore clamoroso scrivendo che The Soul Cages di Sting era un brutto disco dopo averlo ascoltato una volta sola. Dopo diversi ascolti infatti mi resi conto che era peggio che brutto, una autentica schifezza". Mito: vi immaginate un giornalista italiano dire qualcosa del genere di un chessò Ligabue o Vasco Rossi? No, non ce lo possiamo immaginare, infatti non è mai accaduto o accadrà.


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Wednesday, August 01, 2012

Come battere la spending review a colpi di rock'n'roll

MOAHMMED'S RADIO – Warren Zevon, album: “Warren Zevon”; anno di pubblicazione: 1976 - -"Everybody's desperate trying to make ends meets, work all day, still can't pay the price of gasoline and meat" ("Cercano tutti disperatamente di arrivare alla fine del mese, lavorano tutto il giorno eppure non riescono a pagare il prezzo della benzina e della carne"). Una canzone anti spread, anti crisi economica, anti spending review? Non esattamente, perché il brano in questione, Mohammed's Radio, venne pubblicato su di un disco della metà degli anni Settanta. Esattamente, il 1976. Il disco si intitolava con il nome e cognome dell'autore, il compianto Warren Zevon, uno dei massimi compositori dell'intera lunga avventura della musica rock, scomparso nel 2003 per una rara forma di tumore.



Il fatto che parte delle liriche di questa canzone suonino così terribilmente attuali, dimostra quando una canzone è opera di genialità pura. Sono infatti le canzoni (così come qualunque altra opera d'arte) che superano i limiti e le costrizioni del tempo, quelle capaci di avere significato a prescindere del contesto per cui sono state scritte, a potersi fregiare del titolo di opera d'arte. Sarà per questo che ogni singola canzone di Bob Dylan, scritta in circostanze particolari come la crisi dei missili a Cuba, è ancora oggi attuale e significativa.

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Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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