Saturday, May 12, 2007

Keep rockin' and vaja con Dios



Ci sono dischi che raccontano una storia. Talvolta - raramente - accade con dischi che sono stati registrati durante un concerto ed è ancora più bello, perché quella storia è immortalata per sempre e riaccade ogni volta che quel disco comincia a suonare.

Accade raramente, ma accade.

"Ho abusato a lungo nella mia vita, ma è bello essere vivi": con queste parole, quella sera del 1981 al Roxy di Los Angeles, Warren Zevon si appresta a cantare la tenerissima ballata per solo voce e pianoforte Hasten Down The Wind. Suonano amare, oggi, quelle parole, pensando che vent'anni dopo Zevon sarebbe morto per una rarissima forma di tumore, non causata dagli eccessi di una vita in gran parte spesa nella corsia di sorpasso, ma perché il destino aveva voluto così. Destino contro cui il cantante non si ribellò mai, neanche negli ultimi mesi di vita. Alla domanda come si sentiva di fronte alla prospettiva di avere poco da vivere, aveva risposto: "Impari ad apprezzare ogni singolo sandwich che ti viene offerto da mangiare".

Quella sera al Roxy, Warren era appena uscito da una dura battaglia contro la tossicodipendenza, ma per sorreggersi si attaccava alla bottiglia di vodka come fosse stata acqua fresca, e il dottore lo aveva riempito di stereodi e anabolizzanti, come un calciatore che dovesse affrontare la finale di coppa del mondo. Quel concerto, in fondo, per lui era una finale: della vita contro la morte.

Ed è la storia che questo formidabile disco, uno dei più grandi live della storia del rock (Stand In The Fire, appena stampato finalmente per la prima volta su cd con alcuni brani in più) racconta in modo potente, a tratti disturbante, ma sempre gloriosamente.



Passando in rassegna alcune delle più belle canzoni della storia di questa musica (Lawyers Guns and Money, Werevolves of London, Excitable Boy, Poor Poor Pitiful Me, I'll Sleep When I'm Dead, Mohammed's Radio) Warren Zevon combatte una battaglia ardita contro la morte, consapevole che non è scontato che potrebbe uscire vivo da quel palcoscenico. E' un urlo dalle viscere, il suo, ma è un urlo che si stempera sempre in gioiosa accettazione che sì, ce la possiamo fare: "Accendete le luci in sala" dice a un certo momento "questa sera ho trovato degli amici".

Le chitarre imprecano con sanguinosa violenza, la ritmica pesta e sbatte con furia assassina, lui si emerge con titanica forza al di sopra del magma di note e alla fine esce vincitore: "Sento qualcuno che canta con dolcezza e tanta anima alla radio di Mohammed, non ti fa venir voglia di darti al rock'n'roll per tutta la notte?".

Sì, ce ne fa davvero venir voglia. Vaja con Dios, Warren.



1 comment:

Fausto Leali said...

Ho amato tantissimo (e continuo ad amare) l'ultimo disco di Warren Zevon, "The Wind", con quella copertina che non fa nulla per nascondere il suo aspetto di malato terminale...
Un grande disco per un grande artista; sono contento che ora esca anche questo live: lo ascolterò, grazie per la recensione.

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

I più letti