Friday, September 21, 2012
Premiata ditta Mumford e figli
Un anno e mezzo fa circa, sul palcoscenico dell'evento più importante dell'industria musicale mondiale, i Grammy Awards, si esibivano tutti insieme un gruppo di personaggi bizzarri, eterogenei, anche un po' mal messi, non certo in sintonia con il glamour di quel tipo di eventi. In mezzo al palco, il principe della musica folk di ogni tempo, il settantenne Bob Dylan; intorno a lui, con espressioni adoranti, giovani cadetti del neo folk, pronti a raccogliere da lui la torcia. Che naturalmente Dylan si guardò ben dal lasciar cadere a terra: chi altri può prendere il suo posto? Siamo seri, nessuno. Per Avett Brothers e Mumford and Sons (questi i due gruppi che lo accompagnavano quella sera) fu però non solo la notte della propria vita in termini di gratificazione personale, ma fu anche il meritato riconoscimento da parte dell'industria musicale di un fatto nuovo nel mondo discografico o di ciò che ne resta.
Nell'ondata di folk acustico o quasi che ha invaso l'etere negli ultimi tre, quattro anni - non se ne ascoltava così tanto dai tempi del folk revival nei primi anni 60 - , dei molti sicuramente gli inglesi Mumford and Sons sono quelli che hanno colto il successo commerciale e l'apprezzamento trasversale maggiore. Merito della loro attitudine fracassona, della capacità di coniugare melodie accattivanti (leggasi pop) a una grinta che ha pochi eguali. Sorta di Clash del neo folk, per il loro vigoroso impatto sonico, i M&S piacciono alla gente che piace: ai giovani e ai giovanissimi, a quelli di destra e a quelli di sinistra, ai maschietti e alle femminucce, ai signori attempati e alle signore dal capello bianco, ai miscredenti e ai credenti.
CLICCA SU QUESTO LINK PER CONTINUARE A LEGGERE LA RECENSIONE DI "BABEL" DI MUMFORD & SONS
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