Erano ottime giornate per andare in moto, erano i giorni dell’estate Indiana dalle parti di Macon, Georgia, profondo sud degli States. Il giovane baffuto e dai lunghi capelli biondi amava andare in moto, specie con quel grosso chopper Harley Davidson che aveva comprato da un ragazzo della sua città. Sembrava una di quelle moto del film Easy Rider, uscito al cinema solo un paio di anni prima, con le forcelle modificate apposta per farlo assomigliare di più alle motociclette di Peter Fonda e Dennis Hopper. Quelle forcelle però lo rendevano difficile da guidare e poi aveva bisogno di gomme nuove, aveva giusto telefonato il giorno prima a un gommista per farsele procurare.
Quel pomeriggio del 29 ottobre 1971 erano quasi le 18 e 45 quando il ragazzo sulla motocicletta cercò di superare un grosso camion che stava svoltando a sinistra davanti a lui, solo che l’autista di quel camion decise non si sa perché di fermarsi bloccando la carreggiata. Il motociclista sembrò riuscire a schivarlo con eleganza poi invece improvvisamente volò in aria perdendo il casco e sfracellandosi a terra. In qualche modo aveva sbattuto contro il grosso gancio che pendeva dietro al camion. Quando lo raccolsero respirava ancora. Lo portarono in ospedale. Alle 20 e 40 di quello stesso giorno Duane Allman, 24 anni, viene dichiarato morto.
Due mesi prima era uscito il primo disco dal vivo della sua band, il terzo della carriera della Allman Brothers Band, di cui Duane insieme al fratello Gregg era il fondatore, il leader e il chitarrista, registrato allo storico Fillmore East di New York, il locale rock per eccellenza di quegli anni. Non un chitarrista qualunque, come la ABB non era una band qualunque. Come ha detto qualcuno, quella band era americana esattamente come il rumore dei condizionatori d’aria che sono immancabili in ogni città americana, fonte di sopravvivenza alle impossibili estati afose di New York, Chicago o del profondo sud, quel profondo sud, la Georgia, da cui provenivano i fratelli Allman.
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