Friday, December 26, 2014

Il giorno dopo Natale

You got me singing
Like a prisoner in a jail
You got me singing
Like my pardon's in the mail


Ieri ho visto un uomo anziano piangere. Un uomo anziano che piange destabilizza sempre più che il pianto di chiunque altro. Improvvisamente il volto dell’uomo anziano si contrae e si trasforma in quello di un bambino piccolo. Passato, presente e futuro si sciolgono insieme nelle lacrime. Ci stava raccontando della sua infanzia e si è commosso.
Più passa il tempo della vita e quei momenti, certi momenti dell’infanzia, diventano quei momenti della felicità più piena, quei momenti che si rimpiangono di più. Rimpiangere, piangere di nuovo e ancora.
Quei momenti in cui ogni cosa era perfetta e la vita serena. Con il passare del tempo quei momenti si restringono sempre di più fino in molti casi a scomparire. Restano amarezza, dolore, sofferenza, rabbia. Restano piccole oasi di felicità sempre più piccole, mille punti di felicità che a fatica si riesce a unire con una retta, dispersi in migliaia di ore e di giorni e di notti di dolore e paura. La vita diventa un ricordare, ma a stento. Restano le mille maschere del compromesso a cui la vita ti sottopone per riuscire soltanto ad andare avanti. Il prezzo che ognuno paga è enorme e spropositato, ingiusto.



Non resta che restare attaccati a quei momenti che più diventi vecchio più diventano la commozione e la gratitudine di averli vissuti.
In attesa che tutto si compia e si torni per l’eternità a quei momenti. Quei momenti in cui qualcosa o qualcuno ci ha fatto cantare, cantare l’alleuja. Anche se siamo stati prigionieri per tutto il resto della vita.



1 comment:

Anonymous said...

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