Tuesday, February 07, 2012

Glory days (chiuso per noia, schifo e disgusto)

All’anima fa bene un po’ di nostalgia, l’amore è come un ladro ch’è stato derubato. Non te ne sei accorto e adesso che ci siamo, tu già te ne vai via è forse per questo che non ho ancora imparato a dirti: tu per me sei importante anche se non ci sei. Ecco perché ho ancora un sentimento dentro che non mi fa morire, ma neanche vivere
(Teatro degli Orrori, Nostalgia)

Ci ho messo quasi tre anni per riprenderne in mano uno. Erano sempre stati lì, davanti ai miei occhi, ma solo il pensiero mi dava disgusto e fastidio. Adesso che sono riusciti a sfogliarli di nuovo, scopro che le pagine si stanno rapidamente ingiallendo. Come un cadavere va in decomposizione, anche tutta la fatica che c'era dietro ogni singolo numero di quella rivista se ne va a farsi fottere. Rido e sorrido a rileggere qualche articolo, scopro che Glen Hansard venen alla Casa 139 e non solo non ci andai, ma mandai a intervistarlo qualcun altro. Quante cose mi perdevo ed è proprio il colmo visto che vivevo solo di musica. Poi leggo certe cose che scrivevo e mi domando se ero davvero io a scriverle o un altro che si era impossessato di me. Caerte cose erano davvero straordinariamente belle, non tutte, ma alcune sì. Oggi non saprei e non potrei scriverle più. E mi domando: a che cazzo è servito scriverle? Non sono diventato ricco, non riesco manco quasi a pagare il mutuo. Una faccia da pirla mi diceva sempre, magari non potrai fare le vacanze in Messico (come se le faceva lui) ma sempre meglio che dover timbrare il cartellino in banca. Genio. Non ho cambiato il mondo. Non ho neanche cambiato il quartiere, come diceva invece Rick Danko. Non ho insegnato a nessuno a scrivere di musica a giudicare da quello che si legge intorno. Mi hanno buttato per la strada con un calcio nel culo. A nessuno è fregato un cazzo tanto ci sarebbe sempre stato un altro a prendere il mio posto. Penso che butterò via tutte quelle riviste, la vita ha già buttato via me. Leggo David Foster Wallace e mi rendo conto che a 24 anni scriveva cose che a cinquant'anni non sono ancora riuscito a immaginare. Tutto è vanità.

- Non ti ricordi di me?
- No, il tuo nome e la tua faccia non mi dicono niente.
- Eppure mi avevi baciato, una volta, forse due.
- Ma sono passati più di trent'anni come si fa a ricordarsi.
- Non lo so, io non dimentico nulla, soprattutto un bacio. In quei tre secondi mi hai fatto sentire voluto bene. Come si fa a dimenticare qualcuno a cui si è voluto bene?
- Ci sono un sacco di cose belle a cui dedicarsi, nella vita. Accontentati.
- Non posso, non ci riesco.
- Alla fine sarai felice come tuti gli altri. Solo, sarai l'ultimo a saperlo.
- Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri. Questo è tutto. Addio.
- Addio. Mi mancherai.
- Non è vero. Nessuno manca a nessuno, in realtà. E' solo un problema di abitudini.



I miei dischi sono come piccoli crocefissi di plastica. Risplendono nel buio, alcuni di più, altri di meno, certi sono macchiati di sangue. Ognuno ha una sua storia da raccontare, la mia storia. Forse per quello ci giro attorno ed evito accuratamente di prenderli in mano. Poi succede che per un motivo li devi andare a toccare. Te ne finisce in mano uno e c'è dentro un mondo. E poi, cazzo, che bello che è. Come ho fatto per quas dieci anni a non riascoltarlo più. E' uno di quei cd che sanguinano. Smile, when you're down and out. Sorridi quando sei giù e a terra. Non sono mai riuscito a sorridere neanche quando sono allegro, figuriamoci quando sono giù. Ma questa musica è così straordinariamente bella, consolatoria e purificatrice. I primi tre pezzi in sequenza ne fanno un classico di ogni tempo: Smile; I'm Gonna Make You Love Me; What led Me To This Town. Il disco perfetto. Sangue nei solchi, sangue dalla plastica di un cazzo di cd. Ricordo quella mattina piena di sole che entrai nella saletta dad aspettare che arrivassero loro, i Jaywhaks. Entrarono come figure mitologiche, come un ritorno al futuro. Erano diventati una grande, grandissima pop band come non se ne trovavano più in giro. Mi ero dimenticato di averli incontrati, di persona. Uomini d'America, big stars cadute per sbaglio a Milano. Negli uffici della Piera. Che ne sapete voi di chi era la Piera. In quegli uffici passai del tempo anche con Michelle Shocked, i suoi occhi profondi e segnati di dolore. Mi ero dimenticato anche di questo. Ormai il cervello si disfa pezzetto per pezzetto. O semplicemente quello era un altro, io è un altro. Ecco il sangue. Tornati dalle ferie un giorno, letto che la Piera era morta. "Vites vaffanculo vieni qui a fare l'intervista" e quando la Piera chiamava non avevi il coraggio di dirle di no, gentile come era sempre con tutti e ciascuno. Nel suo armadio, come uno scrigno dei tesori, tutti pescavano cd e musica gratis, da lei ce n'era sempre. Adesso anche i Jayhawks sono spariti come la Piera. E Michelle Shocked. Le porte si chiudono dietro di loro e quello che ero io. Baby, baby, baby.



I made shoes for everyone even you while I still go barefoot

34 comments:

SoloDinamo said...

?
purtroppo capitano dei brutti periodi, però non dobbiamo rimpiangere il nostro passato.
E' pur sempre la nostra vita , bella o brutta che sia !
coraggio

Bartolo Federico said...

ehi Paolo,non ti permetto di arrenderti,no non te lo permetto sai.Quanto mi hai dato tu in questi ultimi tempi,dopo la morte di Sal, il mio più grande amico non riesco a spiegartelo ma spero ti dia il senso della stima che ho per te come uomo, come giornalista. Anch 'io come te sto vivendo un periodo di merda ma proprio di merda. ma il saperti qui mi rassiocura. Pezzi come questo che hai scritto sono di una bellezza diamantina, che ha vent'anni ti sognavi.Un abbraccio al fratello Vites.

Bartolo Federico said...
This comment has been removed by a blog administrator.
Paolo Vites said...

mi sono dimenticato di scriverlo: ho degli ottimi eredi in giro, come te....

Bartolo Federico said...

Sto raccogliendo i soldi per tentare di andare a vedere Tom Petty a Lucca.E' il mio viaggio dedicato a Sal. Spero di incontrarti sotto il palco, sudato e con il cuore a mille.

monty said...

Faccio parte della schiera degli affezionati lettori che di norma
non lasciano commenti.
Mi spiace per il momento che stai attraversando, non so cosa stia succedendo,
ma non poter più leggere i tuoi
post mi (ci) priverebbe di un
piacere dal quale mi ero fatto viziare.

Cirano said...

don't give up!! Mi rammarico di non poter leggere in futuro i tuoi post.

Skywalkerboh said...

Se smetti di scrivere a me si stacca un pezzo di cuore.
Tu mi rimetti in riga, anche se non lo sai è così.

Farnetico said...

Ti ho trovato da poco e so che non cambierà tanto quello che ti scrivo, ma lo dico lo stesso come faresti tu: grazie per ogni volta che hai concesso la tua vita, la tua anima e la tua storia. Se adesso senti che sia meglio chiudere, io sono dalla tua parte.
Non sono è importante leggere i tuoi post, ma che tu viva il tuo momento per come devi.
Ci hai reso cassaforte di te e di quello che hai vissuto.
Io aspetto i tuoi tempi (e i tuoi post).

allelimo said...

Guarda che quello che chiude i blog sono io, non puoi rubarmi la parte...

Andrea Peviani said...

Pensa un po', per me tutte quelle riviste che vuoi buttare via sembravano fuffa, e di te avevo l'impressione di un critico musicale nato vecchio: leggevo Rumore e vi evitavo come la peste. Poi sono passato ad Uncut e ho riscoperto le mie radici musicali, l'America vecchia e nuova. Per caso tempo fai capitai sul tuo blog, ed ho scoperto una penna, soprattutto una persona, capace di vette irresistibili, di progressioni perfette nel raccontare come la musica entra e resta nel cuore e nella vita. E' per questo che scrivi, e se non basta per pagare il mutuo mi dispiace per la parte di te a cui rinunci e che, stanne certo, mancherà a tanti di noi. A presto.

Paolo Vites said...

andrea mi hai fatto ridere, in senso buono. e cmq è proprio vero, io sono nato vecchio. cmq grazie a tutti, mi prendo una vacanza, tornerò quando anche la musica smetterà di farmi male. vedo dai vostri profili che ci sono in giro davvero tanti blog ben fatti, peccato tutta qs dispersione di belle anime per il web, qs mi sa che stava diventando obsoleto. keep rockin'

Anonymous said...

I would like to understand more italiano...

Ursula

DiamondDog said...

Paolo devi come sempre seguire il tuo cuore.
Noi, ovviamente, ti aspettiamo anche perchè credo di aver capito che non puoi star lontano dalla penna e dalla musica.
E non puoi farci mancare uno dei pochi critici che scrivono in modo del tutto disinteressato.
Non vorrai mica che si vadano a leggere le fesserie di Assante e Castaldo eh?
;-)

anna said...

non chiedermi perché ma mi viene in mente un fiume. I fiumi a volte cambiano il loro corso, seccano, poi ripiove, escono dagli argini e da quando sono usciti dalla sorgente, vanno liberi al mare... e le loro acque sanno guarire la terra

FranK said...

Wow.... Paolo Vites, l'unico giornalista Italiano di musica che ha fatto della critica una forma d'arte ...wow...

cardioman said...

su una sola cosa non sono d'accordo: quel "oggi non saprei e non potrei scriverle più".
Non é vero. Scrivervi straordinariamente bene prima, scrivi molto meglio adesso. Oh, but I was so much older then, I'm younger than that now.

Non mollare Paolo, ti voglio bene anch'io.
Come un mucchio d'altra gente.

Tommaso said...

Grazie a questo blog ho scoperto alcuni dei dischi fondamentali, per me, di questi ultimi anni (Fleet Foxes, Anna Calvi, Jonathan Wilson). E poi Kris Kristofferson. E molta altra roba.
Se davvero chiudi verrà a mancarmi un punto di vista davvero prezioso.

Anonymous said...

hey paolo! non farti prendere dalla nandite! proprio adesso che sto ascoltando il bob d'america.

(e detto da un crimsoniano è il miracolo del cambiamento in atto)


pierluca

mario said...

Si scrive per liberarci. L'hai fatto. Noi siamo qui. Ci siamo.

Finchè c'è Vites... said...

No, fratello, non appendere la tastiera al chiodo. Noi tutti abbiamo bisogno di ispirazione. Continua a parlarci di Dylan!
Comunque sia... GRAZIE!
May God bless and keep you always...

Hibbing, 1959 said...

Vites,
La Piera era quella ragazza, non giovanissima, con spesse lenti, sempre presente in prima fila ai concerti organizzati da Carlo Carlini a Sesto Calende e a quelli blues di Rev. Skala in giro per il varesotto anni fa ?

Paolo Vites said...

no la piera che dici tu era un'altra cara amica che ha preceduto carlini già da qualche anno. la pieta di cui ho scritto era una discografica di una delle più importanti major del mondo. ma comunque grazie per avermi fatto pensare a lei, conosco più gente morta ormai che gente viva

Anonymous said...

Io amo Steve McQueen.

Ho letto la sua biografia, ho visto tutti i suoi film:

lo amo.

Era un rockettaro, eh, eh, eh...

Francesca

RagmanDrawcircles said...

Paolo,
sei sempre stato di una umanita' e profondita' unica.
Incapace di risultare innocuo a chi ti legge.

Io poi ti sono immeritatamente e immensamente grato per un numero imprecisato di manifestazioni di amicizia che mai saprei ricambiare.

Buona vacanza, se ne hai bisogno.

Ma il miglior augurio che possa farti e' quello che la musica non smetta mai di farti male.
E' di li' che la luce puo' entrare, come ci ricordi tu stesso.

E in fondo, le vacanze oggigiorno non durano piu' di un paio di settimane.. :-)

Giorgio

Luigi said...

"solo gli uomini -vivi- si incontrano". Io per lavoro tutti i giorni incontro gente...molta gente, ma spesso mi chiedo se, me compreso, incontro gente viva o già defunta da un pezzo......molto più defunta di qualche amico che fisicamente ora non c'è più. Quando penso a questo, a mia figlia malata mi torna in mente una passo della biografia di Clapton dove Eric spiega la genesi di "Holy Mother"...."Ero in preda al panico e alla disperazione.
In quel momento, le gambe cedettero e caddi in ginocchio.
Nel chiuso della mia stanza chiesi aiuto.
Non avevo idea a chi stessi parlando, sapevo solo di essere arrivato in fondo, non avevo più nulla contro cui lottare.
Poi ricordai ciò che avevo sentito dire sulla resa, una cosa che pensavo non mi sarebbe mai riuscita, perchè il mio orgoglio non l' avrebbe permesso, ma sapevo che da solo non ce l'avrei mai fatta, così avevo domandato aiuto e, cadendo in ginocchio, mi ero arreso. E. Clapton" Il punto, almeno per me, è avere Qualcuno cui chiedere, cui mendicare. Ciao

Laura said...

vites, vada su quel blog, cazzo.

abbiamo tutti bisogno di una crepa da cui far passare la luce.

Paolo Vites said...

mi hai quasi convinto amica :-)

Gabriele Gatto said...

Vites, è un crimine contro l'umanità che mentre Celentano parla tu te ne stia zitto! Per cui ti intimo di cambiare idea, per il bene della sanità mentale del mondo!!!!

wilmalu said...

mr. Vites, sai già cosa penso. il tuo non è solo parlare di musica. il tuo è farla viva. lo vedi com'è?? dici basta e poi dici è un cd di quelli che sanguinano. e la verità con cui lo dici si sente, la si prova. e questo cazzo vuol dire qualcosa. io ti voglio bene e non ti dimentico

Laura said...

wilmalu rulez

Anonymous said...

Grande Paolo, sei un grande, mi hai fatto amare Dylan coi tuoi pezzi, non mollare, Marcello

Il Grillo Cantante said...

ciao Paul. Spero sia solo una quesitone di forma. Se pensi infatti che il blog sia uno strumento obsoleto, allora ti auguro di trovare al più presto forme alternative a questa, per riversare tutto quello che non può stare altrove. Pensieri improvvisi, recensioni, paranoie, storie, immagini, critiche.

Preferisco pensare che sia solo una questione di forma, Paul.
Perchè per il resto, ci sei solo tu a decidere. Ma sappi che per me e per molti miei amici fai la differenza. Certo sei un grande scrittore, ma anche un'ispirazione, una provocazione, una risorsa: perchè la musica non diventi MAI inoffensiva!

PS. e allora mi dimetto da grillo cantante!

Alessandro Berni said...

Vites, torni subito al timone!

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