"Two flutes? What a fucking band!" grida qualcuno da mezzo della gran folla che si pigia all'interno della Roundhouse di Londra. Dal palco, Tim, frontman dei Midlake risponde "What a fan!". Scherzano, evidentemente, sia lo spettatore che il musicista. Certo che ben due flauti, a me che non sopporto neanche quello di Mr. Jethro Tull, potrebbero ammazzare un elefante, specie se stai cercando una dose di rock'n'roll. Con i Midlake invece anche due flauti suonati contemporaneamente fanno rock'n'roll. Per anni ho ritenuto - credo a ragione - i Wilco essere la miglior live band americana degli ultimi 15 anni, ma stasera, uscendo dalla Roundhouse - tardi, moooolto tardi - comincio a pensare che Tweedy e soci potrebbero tranquillamente abdicare, perché c'è una nuova band in città. I Midlake dopo il concerto che li ha consacrati alla regale Londra, ieri sera alla Roundhouse, potrebbero adesso essere la migliore live band americana. E dire che in America li conoscono davvero in pochi. In Inghilterra, come già successo svariate volte in passato, invece questi ragazzoni americani sono esplosi con un seguito e un affetto degno dei grandi. Vistilo scorso luglio in condizioni penose - un impianto audio degno di Mickey Mouse - qua a Milano, rivederli ieri sera a Londra è stato come scoprire una band mai ascoltata prima. Non solo il soundboard degno di un concerto rock, ma anche loro che conitnuano a migliorare in modo esagerato.
Le migliaia di persone che ieri sera si pigiavano nella "rotonda del rock" ascoltavano in religioso silenzio, rapiti e storditi dal suono vorticoso che arrivava dal palco. Canzoni che partono - apparentemente - come tranquille nenie folk, con un senso dello struggimento che spezzerebbe il cuore anche del più incallito bastardo, e che si aprono alla coralità vocale "monastica" che contraddistingue i Midlake e infine si squarciano in esplosioni di magma sonoro, crescendo cosmici che lasciano storditi. Grazie anche al nuovo innesto nella band, un nuovo chitarrista solista che lancia strali di vorticosa elettricità, portandoti su su oltre le volte bluastre di questa Roundhouse, dove ieri sera, anche Jimi Hendrix si era staccato dal posterone appeso sopra le scale d'ingresso e che ricorda la sua esibizione qua dentro un secolo fa, per scendere in platea ad ascoltare questa band formidabile, i Midlake.
Una serata emozionante sin dagli inizi, quando sul palco tutto solo c'era Jason Lytle, ex Grandaddy, una band che mi piaceva un tempo e che avevo dimenticato. Lui sembra una sorta di Neil Young post grunge e ha carisma e belle canzoni. E' stato invitato ad andare in tour con i Midlake perché, come dicono loro, "ci piace portare con noi gli artisti che ci piacciono". Generoso e molto vintage, questo modo di andarsene in giro un po' alla Rolling Thunder Revue, di dylaniana memoria, un carozzone di musicisti santi e peccatori. Lytle, a fine serata, suonerà una divertentissima versione di AM 180, dal repertorio dei Grandaddy, accompagnato dai Midlake. E sì, sono momenti da Rolling Thunder revue del terzo millennio.
Dopo di lui, John Grant. Desideravo vederlo dal vivo, immaginando chissà quando mai approderà qui in Italia e saperlo sullo stesso palco dei Midlake la stessa sera, non potevo mancare. E' un cantante da paura, John Grant, non sbaglia una nota, e ha sentimento e senso della musicalità come pochi. Accompagnato dal solo tastierista dei Midlake, esegue le canzoni più belle di Queen of Denmark con uno struggimento sonico che ti fa capire che solo con i Midlake poteva incidere un disco. Ogni tanto si avvicina al moog o tastiere elettroniche o checavolo ne so e tira fuori divertenti e pazzoidi suoni finto-futuristi, che in realtà ricordano certe robe che si facevano negli anni 70. A fine serata anche lui si unirà ai Midlake per eseguire un brano dei tempi in cui Grant militava negli Czars, ed è un momento di fascino purissimo.
Dei Midlake ho già detto, ricordo solo la versione per sole chitarre acustiche (e flauto...) di Fortune, presentata come "qualcosa che non abbiamo mai fatto prima". Be', anche solo acustici i Midlake sono da paura. Due parole ancora per la straordinaria sezione ritmica, basso e batteria, seconda solo, e già, a quella dei Wilco. Che i Midlake sono davvero una live band come pochissime oggi, o meglio, come tante che ce n'erano una volta. Dopo il concerto, dico a questo assembramento di fuoriusciti dal film Almost Famous, questi ragazzoni totally vintage, a cominciare dal loro incredibile road manager, che spero davvero abbiano pensato a registrare il concerto di stasera. Macché no, non ci hanno pensato. Un dvd di questo show alla Roundhouse sarebbe stato il regalo perfetto del prossimo Natale. Lo aspettiamo presto. Happy trails, Midlake e amici. Chi ha mai detto che la musica rock è finita.
Londra è comunque Londra. Due sere prima eravamo andati in un minuscolo locale, il Drop, peraltro molto carino come lo sono quasi tutti i locali di questa città, anche quelli piccolini, per un'altra serata di musica. Atmosfera diversa ovviamente, ma medesime vibrazioni. E capire ancora una volta perché la grande musica è sempre giunta da questi lidi, come da quelli americani. Presentavano i loro nuovi dischi la bravissima Emma Tricca, i Superimposers e i Colorama. Emma Tricca ha incantato come sempre, con il suo fascino così folkie, la voce incantevole e quelle melodie che solo lei sa rilasciare. Ho avuto anche l'onore di una dedica, ma soprattuto la fortuna di sentire una versione da brivido di Love Minus Zero/No Limit. Oh Emma, you broke my heart... Poi i Colorama, il cui frontman è anche produttore del disco di Emma, ed è uno a cui gli Oasis chiesero di unirsi a loro e che ebbe il buon gusto di dire "no grazie". La sua band è psichedelia pop di fascino assoluto, ricordano i Brian Jonestown Massacre ma con molta più disciplina e costruzione musicale. I crescendo chitarristici sono incandescenti, e fanno venire alla mente una Swinging London della memoria, quando qualcuno poteva titolare così quei giorni: "tonight everybody's making love in London". In serate come queste, semplicemente perfette, mai parole sanno essere migliore colonna sonora di una città e di un senso della musica che non si trovano altrove.
Be' dicevo, Londra è sempre Londra. Perché? Perchè a questa serata c'erano ragazzi e ragazze giovanissimi. La birra girava, e molta, ovviamente, ma tutti ascoltavano con la massima attenzione e partecipazione. Già, perché erano usciti di casa per la Musica. E la Musica, per le strade di Londra, è ovunque, e si è fatta incontrare. A The Drop, o alla Roundhouse. Everywhere. Poi chiediamoci perché anche nel terzo millennio da queste parti di grande musica se ne fa ancora. Io, per il resto, posso ribadire anche questa volta che a Londra ho lasciato il cuore. Oltre alla musica e gli amici, l'ho lasciato in un localino di Soho dove sono andato a fare colazione una mattina. Nel menu dei vari tipi di colazione, anche i "breakfast cocktails". Già, avete capito bene, mica caffè o cappuccino. Insomma, solo a Londra si può fare colazione con un Bloody Mary. E io ovviamente ne ho ordinati due, insieme all'english full breakfast.
With John Grant, Midlake aftershow party
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11 comments:
Figata!!!
'ho visto il futuro dei fan del rock'
figata!
altro che i 40/50 enni che affollano i locali italici ai concerti sopra i 10 euro d'ingresso...
mi porti quando vengono a Milano?
a milano ci siamo difesi con il r'n'r show di ryan bingham :-))
mi chiedo come possano certa musica e certe voci colpire tanto l'animo... io sento come se mi passasse un fiume dentro, come un'onda che attraversa, irriga l'arido, scioglie le rocce, riempie di lacrime gli occhi secchi, disseta l'arsura... come può?
maurizio, la prossima volta si va a vederli in texas
anna, a me fa l'effetto contrario, mi fa venire sempre più sete...
Questo post mi incuriosisce molto: ho visto i Midlake nel tour di Van Occupanther, e all'epoca mi sono sembrati bravi, ma un po' timidi e freddi, di sicuro ben lontani dalla grandezza dei Wilco. Dovrò sicuramente rivederli quando torneranno in Italia.
Lytle coi Grandaddy ha fatto grandissime cose, alle quali ogni tanto ritorno. Non ho seguito la sua carriera solista, dovrò riparare.
La frase del tuo articolo che più mi ha colpito è "erano usciti di casa per la Musica". In Italia si ha spesso la sensazione che gran parte di chi va ai concerti sia lì per i motivi più vari (rimorchiare, farsi vedere, dire "io c'ero", disturbare chi vede il concerto), ma non per la Musica.
: )
"Uscire per la Musica" fa entrare dentro di sè
( e sentire che non siamo separati dentro-fuori di noi ed intorno) ... ?! ;-)
no, che non siamo separati dall'intorno...
certo, poi un buon mojito aiuta...;-)
(e comunque, passare dallo zzzzzzz di emma tricca allo wwooooooowww dei midlake, quella sì, dev'essere stata un'esperienza. quasi quanto due bloody a colazione...)
però loro sono arrivati prima
http://www.youtube.com/watch?v=IQqEKIQyoAs&feature=related
:-)
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