Thursday, April 07, 2011

Cigarettes and Violets

We are the sons of no one, bastards of young
We are the sons of no one, bastards of young
The daughters and the sons


Chilometri più in là, in tanti, tantissimi sono nella gabbia d'Assago a celebrare il rito della santa chiesa della megalomania di una rock star quasi settantenne, che ha passato gli ultimi 30 anni a rimuginare sempre sullo stesso spettacolo fatto di scenografie monumentali come una cattedrale nel deserto, su i suoi incubi e paranoie assortite. Togli quelle e cosa resta? Pare anche il playback in alcune occasioni.

Loro invece si infilano nel fresco della Brianza (alcolica), padre e figlia, lui pieno di pillole antidolorifiche di ogni marca da non reggersi in piedi, lei bella solo come si può essere a 16 anni.

L'ultima volta che lui era entrato qua sarà stato 15 anni fa. La prima cosa che nota, oltre a un sacco di belle ragazze che 15 anni fa non si vedevano a questo tipo di concerti, ma non lo dice alla figlia questa cosa, è un manifesto appeso al muro. In concerto, All'Una e trentacinque circa, Chris Burroughs e Neal Casal. Con tanto di autografi. Che botta, pensa. C'era anche lui quella sera, gli spettatori erano pochi, ma che ricordi. Chris Burroughs, chissà dove è finito. L'ultima volta che si sono sentiti una decina di anni fa era a Praga. Neal Casal invece ha fatto carriera, più o meno. Quella sera lui gli fece ingoiare il suo primo bicchiere di grappa e quasi l'artista americano stramazzava al suolo. Quando si sono rivisti, un anno fa circa, Casal aveva commentato. "Come posso dimenticarmi della persona che mi ha fatto bere la mia prima grappa?".

Ma lui sta divagando, come sempre, perso nei ricordi. Ricordi anche di questo Jesse Malin che sta per salire sul palco e che, figuratevi, non ha manco mai visto in concerto. Quando nessuno in Italia ancora lo conosceva, lui, che ai tempi era un brillante giornalista rock, colpito dallo splendido primo disco di questo personaggio lo aveva raggiunto al telefono per le strade di NYC. Avevano parlato di ragazze e di Joe Strummer, che era appena morto. Poi qualche anno fa si erano anche incontrati di persona nella hall di un albergo milanese, una intervista faccia a faccia che era stato un lunghissimo monologo di Jesse. Inarrestabile. C'era anche qualcun altro quel giorno, qualcuno con cui stasera chiudere ogni conto lasciato aperto. Ci penserà Jesse Malin a chiudere quel conto. Se no ci penseranno le pillole e qualche birra.



Quando Jesse Malin e i St Marks Social salgono sul palco, sembra di vedere una band di emo di quarant'anni. Devono aver speso più soldi per la tintura di capelli, pensa, che per la droga. Lui non ha problemi di tintura di capelli. Di droga, magari sì.





Il locale è straordinario, praticamente senza palco, sembra davvero di essere catapultati alla Bowery, CBGB's e ditorni. Quando attaccano a suonare, per lui e la figlia che sono in seconda fila dietro a delle ragazzine scatenate, sarà ancora di più così. Saranno due ore di sudato punk, ma di quello romantico, da notte sul ponte di Brooklyn a cercare Torri Gemelle che non ci sono più. Saranno momenti di tenerezza acustica, con tanto di fuck off (perché i punk non sono politically correct) a quella ragazzina là davanti che starnazza anche in un momento come questo. Sarà Jesse Malin che inventa una torrenziale Bastards of Young dei Replacements dedicata a tutti quanti là, che scende in mezzo alla gente, li invita a sedersi intorno a lui per terra, e parte raccontando storie alcoliche e quant'altro. Uno spasso. Quando la musica riattacca, è divertimento puro a altissima gradazione di volume, tra Instant Karma di John Lennon e No Fun degli Stooges.



Lui pensa a quei poveracci dentro alla gabbia di Assago e ringrazia Jesse Malin, uno che il rock'n'roll, invece di ammazzarlo, lo tiene vivo. Come dice Jesse, gli amici veri non si trovano su Face Fucking Book, la musica vera non si ascolta su Youtube,la musica e gli amici li trovi in carne e ossa in ogni santo club dalla Bowery fino a Cantù. Sulla chitarra c'ha scritto P.M.A., che vuol dire come spiega lui invitando tutti a fare altrettanto, Positive Mental Attitude e fanculo al rock triste. Pensa che gli sono spariti anche i dolori che lo avevano tormentato negli ultimi giorni mentre saltella e urla "black haired girl".

Non dovranno passare altri quindici anni prima di tornare in questo posto, pensa mentre va via. E cazzo, il rock'n'roll gli ha salvato la vita anche questa volta. Il conto è chiuso, ha pagato abbastanza.

Ps: grazie all'Una e trentacinque e a Carlo, the real thing

11 comments:

ciocco72 said...

eh hai visto che bello il poster di neal??? l'unico difetto anzi i due difetti del locale sono :
1. e' a cantù e per me di Varese...you know
2. e' maledettamente stretto quindi quando appare una chitarra elettrica o poco piu' il suono rimbomba
per il resto tutto e' molto friendly: da Carlo alle cameriere, ai soliti avventori amanti del rock.Negli ultimi 3 anni ho visto solo beu concerti, di quasi ogni genere.
Certo che non puoi mancare per altri 15 anni!!!

Paolo Vites said...

amico, io sono di milano.. al ritorno c'era pure l'autostrada del cazzo chiusa, ci ho messo le ore per tornare a casa....

barbara said...

bauauaua...ma con hungry heart nel cuore anche la strada ti sarà parsa lieve..ahhahahha...gran bella recensione vites, per noi cantù e = a casa

Laura said...

cantù è la mia seconda casa musicale

un attico aperto spalancato sui sogni

quelli che ho fatto, quelli che avrei dovuto fare, e anche quelli che farò

e la prossima volta ci sarò anche io

anche se ieri sera mi sembrava di esserci

grazie

Anonymous said...

Porca miseria, cosa mi sono perso......alla prossima, Marcello

anna said...

stupendi! ma... c'era Ovidio!?!
: )

Skywalkerboh said...

Paolo, sei GRANDE

HEARTBREAKER said...

Chi era l'altra persona nella hall dell'albergo milanese tanti anni fa'?

Paolo Bassotti said...

Jesse Malin l'ho visto con grande piacere a Roma, al Light Of Day, quattro anni fa, mi pare. Quella sera, tra gli altri, divideva il palco con Willie Nile, un altro sempre dal lato giusto del rock. Malin è bravo e onesto, peccato che su disco non sia ancora riuscito a fare qualcosa tanto potente come quello che combina sul palco. La "Bastards" dell'album On Your Sleeve è un disastro. Ma non stento a credere che la versione eseguita l'altra sera sia stata fenomenale.

susanna schimperna said...

non ci posso credere... appena prima del post su dylan, questo su jesse mail, che sono andata a sentire proprio pochi giorni fa a roma e di cui in questo preciso momento sto ascoltando l'ultimo cd, di cui qualunque brano potrebbe essere una vera hit. se i vari dj radiofonici lo sentissero... ma cosa sentono, oggi, i dj?

Paolo Vites said...

dj? whats a dj today?

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