Friday, June 08, 2012

Un cuore affamato


Per quattro ore, nonostante fossimo più di 70mila nel catino rovente di San Siro, è stato come se ci avesse invitato nel salotto di casa sua. Uno Springsteen così sinceramente contento, sereno, affettuoso lo si era visto raramente. Capace di una intimità così sincera da farti appunto sentire come se ti trovassi da solo con lui e la sua famiglia a scambiare canzoni e racconti di vita. Lo si è visto ad esempio quando durante Waitin' on a Sunny Day invece di tirare sul palco l'usuale bella ragazzotta come si userebbe fare in ogni rock'n'roll show ha preso su una bambina di manco 10 anni e tenendola per mano le ha dato il microfono: lei canticchiava emozionata qualche parola della canzone, lui la stringeva forte e le faceva facce da papà incoraggiante. Non pago, ha tirato su quello che probabilmente era il fratellino e ha fatto cantare anche lui. Piccole cose, ma cose che non si vedono altrove in questo genere di spettacoli. Per Springsteen ieri sera essere a San Siro era evidentemente una gioia troppo grande e del resto lo ha detto anche lui a un certo punto. Milano, San Siro: siete il pubblico numero uno al mondo. Questa è casa mia, ci mancava solo che aggiungesse.




"I wanna know if love is real", voglio sapere se l'amore è reale, concreto, vero. Quel verso della sua canzone più celebre, Born to Run, scritta quando era un giovane incazzato con la vita e il mondo, è risuonato ieri sera un po' come il senso stesso della carriera di questo artista, che della sfida a se stesso e alla vita ha fatto la sua missione. Capire cioè se quella che solitamente è una promessa vana e fragile e corruttibile (lo ha detto anche cantando una commovente e rarissima The Promise seduto da solo al pianoforte: "Quando la promessa si è spezzata, ho incassato solo qualcosa dai miei sogni") come è quella del rock'n'roll invece possa essere qualcosa che dà consistenza e spessore alla vita stessa. Non posso darvi la vita eterna, ma posso darvi la vita, qui e adesso, disse una volta durante uno dei suoi spettacoli.

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11 comments:

Anonymous said...

detto subito che musicalmente la band ha visto tempi migliori e che l'acustica di san siro è stata pessima, Bruce mi ha regalato almeno due emozioni forti: la continua (almeno in tutti i concerti che ho visto) capacità di creare sempre una sensazione di "comunità" e la sua generosità: ho cantato a squarciagola solo il ritornello di T&S e sono ancora senza voce: per lui era l'ultima song dopo 3 ore e 35' di concerto durante i quali ha vinto il premio di capo di tutti i camalli della storia. In effetti non si tratta di concerti, ma di veri e propri show che, dopo 40 anni su palchi di ogni genere, Bruce guida con sicurezza e naturalezza assolute. Il soprannome di boss è totalmente meritato. Mi sono commosso con (good luck, good-bye) Bobby Jeeeean, e ho apprezzato l'ultimissima immagine che ha mostrato come all'uscita dal palco lui abbia salutato uno per uno tutti i suoi musicisti / i bambini per waitin' on a sunny day sono una costante da qualche tour in qua / ci sarebbe poi da fare una riflessione (sconsolata?) sullo stato del "rock": quando le prove migliori vengono da gente che ha superato i 60 - o i 70 :-) - ti chiedi se quel significato di modo di vivere 'altro' che da giovanissimi attribuivamo a certa musica e a chi condivideva certi gusti musicali non fosse una finzione e alla fine conti solo la prova del tempo, giudice finale nello svelamento del percorso esistenziale dei singoli individui: sono più rock, ognuno a modo suo, Bob e Bruce (che pure in realtà, specialmente Bob, sono altro) di un sacco di altre giovani band il cui finto ribellismo è stato denudato dai video musicali che da 30 anni ci ammorbano / ... lo so che nella scena indie (per definizione giovane) ci sono tante belle realtà, epperò ho anche 56 anni e (butto numeri a caso ma ci intendiamo) su 200 band indie degli ultimi 30 anni saranno una ventina quelle che non hanno perso la strada / grazie ancora Bruce
alexan wolf

Bartolo Federico said...

ogni volta che arriva Bruce concerto o disco,tutto il resto della musica diventa merda.non rieco a capire.scusatemi.

Paolo Vites said...

mai detto ciò. anzi, ieri sera mentre guardavo il concerto pensavo: pensa se sul palco adesso ci fossero i Clash

Bartolo Federico said...

non mi riferivo a te Paolo di cui ho apprezzato l'articolo,scritto per altro senza alcuna enfasi.ma a quelo che stanno dicendo in questo momento sui vari blog.Bruce è un grande,un uomo perbene ma che sia il fulcro di tutta la musica beh io non sono d'accordo .ciao

Paolo Vites said...

i fan.. è tutta a vita che ricevo insulti da fan di tutti i tipi.... alla larga dai fan forum o fan blog, specie chi scrive.. no è il fulcro di tutta la musica, ma quello uno dei pochissimi che l'ha saputa riassumere benissimo, dal vivo

Fausto Leali said...

Stia alla larga ogni tipo di insulto.

Chi ama la musica ha un cuore affamato. Di verità e di bellezza. Ed é bello quando tanti cuori di questo tipo s'incontrano. Per fare famiglia assieme.

Grazie Paolo, come sempre.

Bartolo Federico said...

non c'è dubbio. dal vivo ancora adesso è una vera potenza di fuoco,sincero,leale come pochi ma quando l'innocenza è un certo candore, erano tutto quello che aveva,beh allora lui ti rimasticava l'anima come nessuno è mai riuscito a fare.poi nel tempo non l'ho più sentito in quel modo. ma è stato solo un mio deficit. non per questo gli ho mai mancato di rispetto. i fan che sono arrivati dopo la pubblicazione di born in the u.s.a. sono davero come tu dici eccessivi, spropositati.alle volte dei talebani.io ero soltanto un ragazzino con i brufoli sul viso, quando mi sono infilato insieme alle sue canzoni, dritto in fondo alla notte. è te lo giuro Paolo, non l'ho mai chiamato, mai,neanche una volta Boss.

Anonymous said...

beh, mi sento chiamato in causa per aver usato il termine boss nel mio intervento / è anche possibile che Bruce questo termine non lo apprezzi, anche se so che almeno una volta ha dichiarato di averlo accettato / seguo Bruce dal suo secondo disco, poi ho recuperato anche il primo, e considero come suoi capolavori "Darkness ..." e "Piece de resistence". Adesso mi chiedo: visto che ho usato il termine boss nel mio intervento, mi devo vergognare? o forse sentirmi inferiore a qualcuno che non ha mai usato questo termine?
e che problema c'è se per ragioni anagrafiche uno ha conosciuto Springsteen dopo Born in the USA? saranno tutti eccessivi e spropositati?
cmq, magari ho capito male e sto facendo una polemica inutile e in questo caso chiedo scusa in anticipo
alexan wolf

Alexdoc said...

Anch'io che quest'anno purtroppo devo mancare alla festa non l'ho mai chiamato nemmeno per una volta Boss, e non intendo iniziare a farlo adesso, ma dopo le immagini di giovedì sera e il bellissimo racconto di Paolo (come sempre uno tra i pochi a "capire" di più e meglio Bruce, cosa molto diversa da "amarlo") comprendo e accetto forse per la prima volta quella definizione sgradita a lui stesso per primo.

Bartolo Federico said...

no alex niente contro di te.ne contro nessuno. dalle mie parti in Sicilia, chiamare qualcuno Boss è sempre stato un pericolo.anche per questo per me resta un nomignolo bruttisimo. che tu lo abbia conosciuto dopo non ha nessuna importanza.volevo solo ricordare che lo zoccolo duro del primo Bruce era un altro pubblico, rispetto a quello che è venuto dopo la consacrazione commerciale che Born in the u.s.a. gli ha dato.tutto qua.lo scambio di pionioni non va mai preso come una cosa personale. ognuno di noi ha i suoi gusti e i suoi limiti.confrontarci con rispetto è vera libertà.ciao e mi scuso con Paolo per aver invaso il suo spazio con le mie cazzate.

silvano said...

Boss sì Boss no...non è importante, l'importante è non arrivare a chiamarlo Patron come lo chiamano i francesi.
:D
ciao, silvano.

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