Friday, January 31, 2014

Sign on the cross

Vorrei tirarti giù da quella croce. Vorrei tirarti giù e portarti a fare un giro, mostrarti la mia miseria quotidiana. Perché vengo qua tutte le mattine ormai da anni e sto a fissarti: non fai un cenno, non apri quegli occhi, anzi li tieni aperti ma sono sempre lì che fissano l'alto dei cieli, degnati una volta di guardare in basso. Puoi? Neanche un ghigno con la bocca. Niente. Ho anche toccato tante volte quel ginocchio tutto consumato da migliaia di mani che lo hanno accarezzato per non so quante centinaia di anni, ma niente. Certo capisco benissimo: anche tu hai i tuoi problemi. Immagino che stare inchiodato per le mani e i piedi da quasi duemila anni a questo pezzo di legno non sia piacevole. Però perché nessuno ti ha mai tirato giù di lì? Posso farlo io? Mi fai una rabbia a volte, che quel ginocchio lo prenderei a pugni.


Fai un cenno. Uno qualunque, mandami a quel paese, dimmi di restare, cacciamo fuori di qui, non mi mandare via, sputami in faccia. Qualcosa, qualunque cosa. Perché a un certo punto ci si stanca di guardare quel volto scolpito nel legno e non avere mai una risposta. Un segno. Scendi giù, vieni giù, andiamo fuori, prendiamo un caffè insieme, possiamo andare al sushi bar qua avanti se vuoi. Una sigaretta? Tu resti lì.

Chi sceglie al posto tuo? Chi decide che una vita sia fortunata e un'altra sfortunata? Chi dà i meriti e le competenze? A chi le maledizioni e la sofferenza, il dolore sordo, il buco nello stomaco, la rabbia che acceca lo sguardo, il sangue che ribolle nelle vene. A chi la disperazione e a chi la serenità? C'è un metodo? O è un gettito di dadi, a casaccio?


Fa freddo, piove, torniamo dentro, in quella chiesa. Tu alla tua croce, io alla mia. Toccherò comunque quel ginocchio ancora una volta. Ci si dimentica di tutto nella vita, anche dei morti. Perché non riesco a dimenticarmi di te?

2 comments:

Fausto Leali said...

Simeone e Anna. Attesero una vita, nelle tenebre, d'incontrare la grande bellezza. Non disperarono, mai. Poi furono pieni di felicità, dopo quel giorno. "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace".
Sono capace, io, di avere ogni giorno, ogni mattina, quello stupore? Innamorarmi ogni giorno di Lui, come la prima volta?

anna said...

mai letto una cosa così, mai sentito questa canzone, di ritorno da un fine settimana in giro, per il nord sempre sotto (e sopra) la pioggia, ma con la febbre della vita addosso, questo grido mi travolge. Sincerità disarmante... (scusa ma non potevo non dir nulla)
grazie

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