Le stanze sono quasi tutte in penombra e lei si muove tra una e l’altra. Lui è stato invitato dopo che si sono incontrati per strada. Lei lo ha riconosciuto. C’è molta gente, ma quelle persone in realtà sono tutte ombre che appaiono e scompaiono nei chiaroscuri delle stanze dove penetra a fatica la luce estiva da dietro lunghe tende e drappeggi. Lei sorride ma si volta. Lui cerca di seguirla, si rende conto che lei è l’unica presenza reale, fisica, tangibile lì dentro. Gli altri sono ombre.
Le stanze diventano una stanza. C’è polvere depositata ovunque. Mobili e marmi di due secoli fa. Panni stesi su una poltrona, l’unica della stanza. Ombre. Odore di chiuso. Una finestra improvvisamente aperta. Buio. Vento e sordidi correnti di gelo. Morte.
Potresti essere il mio veleno, la mia croce, il mio rasoio, potrei amarti più della vita intera. Se non ne avessi così paura.
Dame e cavalieri ottocenteschi che si guardano senza vedersi. Pose di stucco. Sguardi senza vista, orbite senza occhi.
Lui è di nuovo in quell’appartamento al mare. Lei è scomparsa. Le ombre ci sono ancora, ma ogni cosa si rivela per quello che è e che era. Le ombre sono persone vive. Lei è invece morta, da tempo. Ha fatto in tempo a sorridergli con affetto prima di andarsene via per sempre.
E la musica fa male molto male. E’ un dolore antico e sempre uguale. Viene per favore, vieni, sono sospeso su un vuoto senza fine.
Vieni, vieni da solo. Vieni con paura vieni con amore. Vieni comunque tu sia soltanto vieni, vieni da solo. Vieni con me, poi lascia andare. Vieni con degli amici, vieni con degli sciocchi. Vieni comunque tu sia ma vieni, vieni solo. Vieni con dolore, vieni con canzoni. Vieni, lasciati essere sbagliato. Soltanto vieni. Appena arrivato.
Saturday, November 22, 2014
Sunday, November 16, 2014
Messico e nuvole
Ogni volta che la vostra rock star preferita, anche gli idoli dei teenager, sale sul palco gonfia di cocaina un ragazzo in Messico viene ucciso. Ogni volta che il vostro attore di commedie o pseudo drammi hollywoodiani recita un ruolo che vi fa sbellicare di risate o piangere di commozione, c’è una donna che viene massacrata in Messico. Non citiamo quanti dirigenti di industrie e aziende, qualcuno famoso per essersi fatto rifare il setto nasale con lamine d’oro per l’uso sproporzionato che ne faceva, quanti politici, quanti avvocati hanno il naso gonfio di polvere bianca. Acquistata chissà dove e da chissà chi, ma intanto uno studente di 18 anni, una giornalista madre di famiglia, un contadino, un’attivista veniva fatto a pezzi già in Messico a ogni sniffata di piacere. È la cocaina, bellezza, la droga dei ricchi come si diceva una volta, oggi a portata un po’ di tutti, quella che fa ricchi, ricchissimi, i cosiddetti narcos. Quelli contro i quali paesi potenti hanno da anni lanciato inutili “war on drugs”, guerre alle droghe.
43 studenti messicani sono stati bruciati vivi e gettati in una discarica, uccisi da poliziotti pagati dai narcos su richiesta della moglie del sindaco di Iguala, la cittadina nello stato di Guerrero che praticamente è in mano ai narcotrafficanti e dove le autorità centrali non possono mettere piede. Gli studenti erano arrivati a Iguala da ogni parte del paese per manifestare contro i legami autorità-trafficanti di droga, ma la moglie del sindaco in quei giorni teneva una festa a cui teneva molto nei suoi possedimenti, così ha chiesto ai narcos di toglierle di torno quei fastidiosi e impudenti ragazzini. Lo hanno fatto, li hanno bruciati vivi e gettati in una discarica. 43 ragazzi.
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43 studenti messicani sono stati bruciati vivi e gettati in una discarica, uccisi da poliziotti pagati dai narcos su richiesta della moglie del sindaco di Iguala, la cittadina nello stato di Guerrero che praticamente è in mano ai narcotrafficanti e dove le autorità centrali non possono mettere piede. Gli studenti erano arrivati a Iguala da ogni parte del paese per manifestare contro i legami autorità-trafficanti di droga, ma la moglie del sindaco in quei giorni teneva una festa a cui teneva molto nei suoi possedimenti, così ha chiesto ai narcos di toglierle di torno quei fastidiosi e impudenti ragazzini. Lo hanno fatto, li hanno bruciati vivi e gettati in una discarica. 43 ragazzi.
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Thursday, November 13, 2014
Zen vision
L'aeroplano nel cielo
traccia
rette raggianti
eternità
per me
(Chiavari, alba di una mattina di primavera, 1982)
traccia
rette raggianti
eternità
per me
(Chiavari, alba di una mattina di primavera, 1982)
Wednesday, November 05, 2014
Lo! And behold! (an american epic)
“Nella grande musica folk c’è un mistero, c’è magia, c’è verità e c’è la Bibbia. Non potrò mai avvicinarmi a tanto, ma ci proverò” (Bob Dylan, New York Daily News, maggio 1967)
Era l'estate dell'amore, era l'estate del 67. Ed era l'anno della musica magica, colorata, psichedelica. I Beatles si erano inventati la saga del Sergente Pepper e a San Francisco non ci potevi andare se non avevi un fiore tra i capelli. A Monterey salivano alte nel cielo farfalle colorate e le chitarre bruciavano sul palco. Era l'estate di pace & amore, era l'anno delle buone vibrazioni. Era il momento in cui Londra diventava swingin' e i Pink Floyd sognavano che tutti facevano l'amore su astronavi dirette verso spazi siderali. Le gonne diventavano mini, i capelli degli uomini sempre più lunghi, qualcuno andava in India a trovare il senso della vita e le droghe erano sempre di più e sempre più sconvolgenti. Il mondo stava cambiando, era l'anticipo dell'era dell'Acquario, e ogni cosa era possibile.
Ma qualcuno di tutto questo sconvolgimento cosmico non ne sapeva nulla o almeno lo ignorava.
Lassù, sulle Catskill Mountains, faceva freddo. Le case di legno erano disperse nei fitti boschi che guardavano dall'alto la meravigliosa vallata del fiume Hudson. Qua il senso di isolamento era totale. Potevi pensare di vivere ancora ai tempi dei primi esploratori che si imbattevano in qualche tribù indiana. Oppure nel tardo ottocento, quando quassù erano rimasti solo boscaioli, trafficanti di whisky clandestino, predicatori che fuggivano il demonio.
Anche loro in un certo senso erano fuggiti. Uno soprattutto. Era fuggito da una vita che lo stava ammazzando. Curiosamente, se non erano state le droghe, i contestatori che ogni sera si radunavano davanti al palco, le fan invasate che cercavano di strappargli i vestiti di dosso, i giornalisti a caccia di rivelazioni mistiche e rivoluzionarie, a ucciderlo - quasi - erano state proprio queste montagne solitarie.
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Era l'estate dell'amore, era l'estate del 67. Ed era l'anno della musica magica, colorata, psichedelica. I Beatles si erano inventati la saga del Sergente Pepper e a San Francisco non ci potevi andare se non avevi un fiore tra i capelli. A Monterey salivano alte nel cielo farfalle colorate e le chitarre bruciavano sul palco. Era l'estate di pace & amore, era l'anno delle buone vibrazioni. Era il momento in cui Londra diventava swingin' e i Pink Floyd sognavano che tutti facevano l'amore su astronavi dirette verso spazi siderali. Le gonne diventavano mini, i capelli degli uomini sempre più lunghi, qualcuno andava in India a trovare il senso della vita e le droghe erano sempre di più e sempre più sconvolgenti. Il mondo stava cambiando, era l'anticipo dell'era dell'Acquario, e ogni cosa era possibile.
Ma qualcuno di tutto questo sconvolgimento cosmico non ne sapeva nulla o almeno lo ignorava.
Lassù, sulle Catskill Mountains, faceva freddo. Le case di legno erano disperse nei fitti boschi che guardavano dall'alto la meravigliosa vallata del fiume Hudson. Qua il senso di isolamento era totale. Potevi pensare di vivere ancora ai tempi dei primi esploratori che si imbattevano in qualche tribù indiana. Oppure nel tardo ottocento, quando quassù erano rimasti solo boscaioli, trafficanti di whisky clandestino, predicatori che fuggivano il demonio.
Anche loro in un certo senso erano fuggiti. Uno soprattutto. Era fuggito da una vita che lo stava ammazzando. Curiosamente, se non erano state le droghe, i contestatori che ogni sera si radunavano davanti al palco, le fan invasate che cercavano di strappargli i vestiti di dosso, i giornalisti a caccia di rivelazioni mistiche e rivoluzionarie, a ucciderlo - quasi - erano state proprio queste montagne solitarie.
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Thursday, October 30, 2014
Do you still love rock'n'roll?
C'è un signore paffuto vestito in modo improbabile che se ne va in giro di porta in porta a cercare di vendere il disco che ha appena fatto con il figlio. Inevitabilmente, come nella miglior tradizione dei commessi viaggiatori di una volta, tutti gli sbattono la porta in faccia. Lui non si perde mai d'animo, anzi non lascia trapelare alcunché dalla sua espressione impassibile, fino a quando non trova qualcuno che gli paga il disco in banane. Il finale del divertentissimo (e amaro) video del brano Low Key lo lasciamo in sospeso per chi ancora non lo avesse visto. Vale la pena vederlo però: come ci ha detto Jeff Tweedy in questa intervista, "questo è il punto in cui ci troviamo oggi, stufi e stanchi del music business".
Il Jeff Tweedy che insieme al figlio Spencer ha dato vita a "Sukierae", suo primo disco fuori dei Wilco, non è invece uno che è stanco di fare musica e scrivere canzoni. Qualcuno si è anche lamentato perché nel disco ce ne sarebbero troppe, ben venti ("Chi si lamenta di questo ha ben poco a cui pensare" dice). Non è neanche stanco dei Wilco, con cui ha già ripreso a fare concerti e soprattutto non è stanco del suo vecchio motto ("La musica è stata il mio salvatore. Ho avuto il mio nome dal rock'n'roll"): "Il rock'n'roll non è semplicemente uno stile di vita o un tipo di musica per me" ci ha detto. "Il rock'n'roll per me significa libertà personale e libertà di espressione, è credere in quello che si è senza vergognarsi di quello che si è". Jeff Tweedy, commesso viaggiatore del rock'n'roll, è ancora la voce più lucida della musica americana.
CLICCA SU QUESTO LINK PER LEGGERE L'INTERVISTA A JEFF TWEEDY
Il Jeff Tweedy che insieme al figlio Spencer ha dato vita a "Sukierae", suo primo disco fuori dei Wilco, non è invece uno che è stanco di fare musica e scrivere canzoni. Qualcuno si è anche lamentato perché nel disco ce ne sarebbero troppe, ben venti ("Chi si lamenta di questo ha ben poco a cui pensare" dice). Non è neanche stanco dei Wilco, con cui ha già ripreso a fare concerti e soprattutto non è stanco del suo vecchio motto ("La musica è stata il mio salvatore. Ho avuto il mio nome dal rock'n'roll"): "Il rock'n'roll non è semplicemente uno stile di vita o un tipo di musica per me" ci ha detto. "Il rock'n'roll per me significa libertà personale e libertà di espressione, è credere in quello che si è senza vergognarsi di quello che si è". Jeff Tweedy, commesso viaggiatore del rock'n'roll, è ancora la voce più lucida della musica americana.
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Monday, October 27, 2014
Darkness on the edge of town
Sono tempi duri quando la musica viene gettata in periferia, in un brutto tendone in un ancor più brutto avanzo di speculazione edilizia dimenticata. Sono tempi duri se la musica viene cacciata dai teatri del centro cittadino di quella che è - dovrebbe essere? - la capitale morale d'Italia, una delle capitali d'Europa, fra poco la capitale del mondo con il suo Expo - per metterci al suo posto i supermarket del cibo e della ristorazione trendy. Sono tempi duri per chi preferisce nutrire il cuore che lo stomaco, ma noi di questa musica non sappiamo farne a meno, ne abbiamo bisogno per sopravvivere a tanta bruttezza e ci spostiamo come un popolo di nomadi ovunque essa faccia capolino.
Sia anche un orribile tendone alle periferie esistenziali, come dice qualcuno, perché evidentemente noi siamo i nomadi del desiderio esistenziale. Sappiamo che ci aspetta qualcuno che il cuore ce lo riempirà di buon grado, anche se l'ultima offesa che ci aspetta è mettere a fianco di un evento rigorosamente acustico, solitario e intimo, un circo che fa da sottofondo con il suo vociare insistente.
Ci aspetta Damien Rice, forse il più affascinante ultimo erede della grande canzone d'autore. Ci aspetta da solo sul palco dove ci resterà per circa due ore usando tutta la sera una sola chitarra acustica e, per un pezzo soltanto, un pianoforte. Ci vuole una capacità straordinaria per fare questo senza mai annoiare e senza mai cadute di tensione. La sua attitudine, anche se davanti a quasi 5mila spettatori entusiasti, è quella del busker, il cantante di strada. Spontaneità, nessuna ricerca di estetismi tecnici, nessuno snobismo, anti divismo totale: Damien Rice è uno di noi, solo che lui sa raccontare le inquietudine del cuore meglio di noi.
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Sia anche un orribile tendone alle periferie esistenziali, come dice qualcuno, perché evidentemente noi siamo i nomadi del desiderio esistenziale. Sappiamo che ci aspetta qualcuno che il cuore ce lo riempirà di buon grado, anche se l'ultima offesa che ci aspetta è mettere a fianco di un evento rigorosamente acustico, solitario e intimo, un circo che fa da sottofondo con il suo vociare insistente.
Ci aspetta Damien Rice, forse il più affascinante ultimo erede della grande canzone d'autore. Ci aspetta da solo sul palco dove ci resterà per circa due ore usando tutta la sera una sola chitarra acustica e, per un pezzo soltanto, un pianoforte. Ci vuole una capacità straordinaria per fare questo senza mai annoiare e senza mai cadute di tensione. La sua attitudine, anche se davanti a quasi 5mila spettatori entusiasti, è quella del busker, il cantante di strada. Spontaneità, nessuna ricerca di estetismi tecnici, nessuno snobismo, anti divismo totale: Damien Rice è uno di noi, solo che lui sa raccontare le inquietudine del cuore meglio di noi.
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Friday, October 03, 2014
Gli angeli sopra Berlino
Che cosa hai? Mancanza. Dialogo breve, essenziale, ma che dice tutto quello che c’è da dire. Wim Wenders è uno dei grandi geni dell’epoca moderna. Ieri era la festa degli angeli custodi, una festa di cui si sono accorti in pochi. Il suo “Il cielo sopra Berlino” è il film per antonomasia dedicato agli angeli custodi. Angeli che vivono una mancanza talmente insopportabile da voler diventare uomini. Wenders ha ribaltato le carte sul tavolo per qualche motivo che sa solo lui: siamo noi essere umani infatti che viviamo una mancanza talmente lacerante che ci fa desiderare in modo inesprimibile ma non per questo meno doloroso qualcosa di intangibile, di ineffabile, di così grande che sia capace di comprendere tutto quello che portiamo nel cuore. I nostri desideri, anzi il nostro desiderio: di felicità, di bellezza, di amore senza date di scadenza, ma eterno. Tutto quello che nella vita ci appare sfuggente come acqua di mare tra le dita di una mano.
Nel film di Wim Wenders invece gli angeli desiderano così tanto la nostra carnalità, la nostra umanità, il nostro essere fallaci e minuscoli che se ne innamorano al punto di voler diventare uomini e donne. Perché? Perché è in questa mancanza che emerge la bellezzadolorosa dell’umana esistenza. Gli angeli di Wim Wenders vogliono essere così.
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Nel film di Wim Wenders invece gli angeli desiderano così tanto la nostra carnalità, la nostra umanità, il nostro essere fallaci e minuscoli che se ne innamorano al punto di voler diventare uomini e donne. Perché? Perché è in questa mancanza che emerge la bellezzadolorosa dell’umana esistenza. Gli angeli di Wim Wenders vogliono essere così.
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Wednesday, October 01, 2014
Sorella Morfina
E' la Marlene Dietrich del rock. E' nostra sorella morfina, è l'inglese spezzata in due, la meravigliosa regina della Swingin' London, finita a vivere sotto a un muro a elemosinare spiccioli per pagare la sua tossicodipendenza. Quello che il suo ex amante, Mick Jagger, declamava senza vivere, lei l'ha preso sulle sue spalle e all'inferno ci è andata davvero, fortunatamente con un biglietto di ritorno. E' morta, rinata ed è tornata a testimoniare.
"Give My Love to London", insieme al suo storico disco del 1979 "Broken English", che segnava appunto la resurrezione di una persona data per morta dopo un decennio di abusi, è il suo capolavoro. Di una onestà disarmante. E' il disco che Nick Cave, che qui collabora scrivendo per lei la trascendentale Late Victorian Holocaust, non riesce più a fare da molti anni. Così Marianne ha preso il suo posto e ha fatto il disco che tutti sognavamo. Non solo Nick Cave: alcune delle menti migliori della sua e della più recente generazione sono accorsi da lei, come è giusto che sia quando Marianne entra in studio: Roger Waters, che ha scritto per lei la splendida Sparrow Will Sing; Anna Calvi, con Falling Back. E ancora: Brian Eno, Ed Harcourt, Steve Earle, tutti accorsi alla sua corte per dare un contributo.
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"Give My Love to London", insieme al suo storico disco del 1979 "Broken English", che segnava appunto la resurrezione di una persona data per morta dopo un decennio di abusi, è il suo capolavoro. Di una onestà disarmante. E' il disco che Nick Cave, che qui collabora scrivendo per lei la trascendentale Late Victorian Holocaust, non riesce più a fare da molti anni. Così Marianne ha preso il suo posto e ha fatto il disco che tutti sognavamo. Non solo Nick Cave: alcune delle menti migliori della sua e della più recente generazione sono accorsi da lei, come è giusto che sia quando Marianne entra in studio: Roger Waters, che ha scritto per lei la splendida Sparrow Will Sing; Anna Calvi, con Falling Back. E ancora: Brian Eno, Ed Harcourt, Steve Earle, tutti accorsi alla sua corte per dare un contributo.
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Thursday, September 25, 2014
Piccole voci
Piccole voci le senti ogni tanto che sbucano da una radio mal sintonizzata. Sono piccole voci che hai conosciuto e amato tanto tempo fa. Poi le hai dimenticate. Tutto nella vita si dimentica, tranne il dolore. Quello che era il tuo miglior amico un anno fa oggi non è nessuno. Le piccole voci ti sussurrano di un tempo felice, se mai hai conosciuto per davvero la felicità. Le piccole voci si intrufolano nel tuo cuore ormai di pietra dura e ti chiedono di ascoltarle. Per favore. Sono le piccole voci che hai amato, dimenticate negli scaffali dei dischi, sepolte giorno dopo giorno mese dopo mese anno dopo anno da incombenze e da altre voci. Ma quelle venute dopo ti hanno tradito. Le piccole voci no, chissà perché. Ti cantano ancora la loro gioia e ricordano quelle lacrime d'amore che versavi chiuso in macchina nel parcheggio del supermercato, oggi che piangere non riesci più. Le piccole voci si alzano cristalline e sorridenti ma poi discrete scompaiono di nuovo. Non vogliono imporsi, solo dire: ecco io ci sono. Non dimenticarti di me. Non dimenticare la mia piccola voce. Per favore.
Monday, September 22, 2014
Dacci oggi il nostro problema popolare
E' bello diventare vecchi. Ce lo dice Leonard Cohen, 80 anni appena compiuti e un disco nuovo nuovo che esce in questi giorni, "Popular Problems". Un disco che fa venir voglia di ridere. Non un riso beota come quello a cui siamo abituati, ma un riso di gioia, come quello di un bambino. Vecchio e bambino in fondo è la stessa cosa, entrambi hanno una innocenza che si perde nella strada di mezzo, anche se questo nostro mondo moderno ci fa credere che essere anziani è una cosa brutta e allora meglio soluzioni facili come l'eutanasia legalizzata per evitare il problema.
No, c'è un modo di diventare vecchi, che è davvero bello. Certo, dipende da come si è vissuta la vita. Se la si è sprecata in sogni, ideologie, simboli fasulli, superficialità, quelli di cui ci inondano le pubblicità televisive, diventare vecchi sarà un incubo. Se la vita la si è spesa alla ricerca della Bellezza, essere vecchi porterà al disvelarsi di questa ricerca.
Non che il nuovo disco del poeta canadese sia così gioioso, almeno per quanto riguarda le liriche, che tratteggiano invece un mondo infernale dove la violenza, lo stupro, la guerra, le ingiustizie sono cibo quotidiano (Ho visto gente morire di fame / Eccidi, stupri / I villaggi bruciati / E loro in fuga / Non potevo incontrare i loro sguardi / Fissavo le mie scarpe / Era acido, era tragico / Quasi come il blues). Ma è il modo con cui Cohen affronta questi "problemi popolari", perché ce li hanno tutti anche se fanno finta di non vedere, che è illuminante e rasserenante.
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No, c'è un modo di diventare vecchi, che è davvero bello. Certo, dipende da come si è vissuta la vita. Se la si è sprecata in sogni, ideologie, simboli fasulli, superficialità, quelli di cui ci inondano le pubblicità televisive, diventare vecchi sarà un incubo. Se la vita la si è spesa alla ricerca della Bellezza, essere vecchi porterà al disvelarsi di questa ricerca.
Non che il nuovo disco del poeta canadese sia così gioioso, almeno per quanto riguarda le liriche, che tratteggiano invece un mondo infernale dove la violenza, lo stupro, la guerra, le ingiustizie sono cibo quotidiano (Ho visto gente morire di fame / Eccidi, stupri / I villaggi bruciati / E loro in fuga / Non potevo incontrare i loro sguardi / Fissavo le mie scarpe / Era acido, era tragico / Quasi come il blues). Ma è il modo con cui Cohen affronta questi "problemi popolari", perché ce li hanno tutti anche se fanno finta di non vedere, che è illuminante e rasserenante.
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Thursday, September 11, 2014
Mele marce, telefoni a gettoni e canzoni rock
"Corporation sucks" era solo uno dei tanti slogan di quando la musica rock urlava orgogliosa la sua indipendenza. Fantasie da hippie fuori tempo massimo o da punkettari sognatori si dirà, in un mondo dove anche la musica rock non può fare a meno del motore propulsore del capitalismo e dove star come David Bowie si quotano a Wall Street. Se poi uno come Paul McCartney sia arrivato a fatturare più della British Airways si capirà come certi discorsi siano contradditori o ipocriti davanti alla realtà in cui ci muoviamo ed esistiamo.
La Apple poi è la creatura di un ex hippie, uno che è stato fidanzato con Joan Baez che era stata fidanzata di Bob Dylan, che dello stesso Dylan faceva collezione di registrazioni pirata e si faceva anche un sacco di spinelli. Che questo ex hippie secondo certe notizie piuttosto attendibili poi abbia instaurato un sistema aziendale basato sullo sfruttamento del lavoro nel terzo mondo, lo spionaggio industriale, il licenziamento coatto di chi lo contraddiceva, ci fa scandalo? Un po' sì, in effetti. La Apple non ha in realtà niente di diverso oggi dalle grandi corporazioni industriali che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo, più spesso il cattivo tempo in realtà.
Ma non è questo il punto. Il punto è che la presenza degli U2, una band nata in piena etica punk, quella del "do it yourself" (fattelo da solo, in sostanza), in tempi non sospetti sia apparsa sul palco della Apple al termine della presentazione del nuovo prodotto, l'iPhone 6, questa volta in coppia anche con un orologio, suscita scompensi emotivi e sta aprendo dibattiti e discussioni nel mondo della Rete.
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La Apple poi è la creatura di un ex hippie, uno che è stato fidanzato con Joan Baez che era stata fidanzata di Bob Dylan, che dello stesso Dylan faceva collezione di registrazioni pirata e si faceva anche un sacco di spinelli. Che questo ex hippie secondo certe notizie piuttosto attendibili poi abbia instaurato un sistema aziendale basato sullo sfruttamento del lavoro nel terzo mondo, lo spionaggio industriale, il licenziamento coatto di chi lo contraddiceva, ci fa scandalo? Un po' sì, in effetti. La Apple non ha in realtà niente di diverso oggi dalle grandi corporazioni industriali che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo, più spesso il cattivo tempo in realtà.
Ma non è questo il punto. Il punto è che la presenza degli U2, una band nata in piena etica punk, quella del "do it yourself" (fattelo da solo, in sostanza), in tempi non sospetti sia apparsa sul palco della Apple al termine della presentazione del nuovo prodotto, l'iPhone 6, questa volta in coppia anche con un orologio, suscita scompensi emotivi e sta aprendo dibattiti e discussioni nel mondo della Rete.
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