Thursday, July 10, 2008

L'inno: c'è una crepa in ogni cosa

This blog for hire, come diceva il musicista rock più amato in questo blog... Così oggi lascio spazio all'amico Giorgio Natale, con cui spesso ci troviamo a discutere di quanto sia bella certa musica rock. E la riflessione questa volta è caduta su un uomo che sa riverberare questa bellezza più di ogni altro collega.

Anthem, Leonard Cohen
(da "The Future", 1992)

"Lascia perdere le offerte perfette, c'è una crepa in ogni cosa".

"C'è una crepa in ogni cosa" sospira anche il coro. Leggendo il testo a posteriori ho pensato che me lo sarei potuto aspettare. Ma al primo ascolto, pur riuscendo a seguire quasi completamente il testo, quando sono arrivato al ritornello ho avuto un colpo. L'ambientazione del disco ("The Future") vuole richiamare fin dalla copertina qualche tono leggermente apocalittico sulla situazione attuale e domande inquietanti sul futuro. Poi arriva "Anthem", che già poteva fare pensare a una nuova "Blowin' in the wind" o "Born in the Usa".
Invece inizia discreta, proprio con un grande senso di aspettativa: "Gli uccelli hanno cantato/ al sorgere del sole/ "Inizia di nuovo/ - li ho sentiti dire - / non indugiare su ciò che è stato/ o su ciò che non è ancora". Ed è da notare che questa è l'unica strofa (anzi, mezza strofa) in cui gli archi sostengono la voce con quei crescendo leggeri, aumentando il senso di attesa. Si passa dunque alla condizione drammatica in cui ci troviamo: "Ah, le guerre si combatteranno ancora / e la colomba non sarà mai libera". E forse è questo il motivo per cui il ritornello giunge così inaspettato.

Abituati come siamo ai cliche' del disfattismo, basta questa seconda metà della strofa e ci siamo già dimenticati della prima e della sua speranza."Suona le campane che ancora riescano a suonare"... E scusate ma devo confessare che una grande emozione coglie a questo punto un amante di Oh Mercy (Bob Dylan, 1989) dove si trova la commovente "Ring them bells":"Suona le campane che ancora riescano a suonare / Lascia perdere le offerte perfette / In tutto c'è una crepa / Ed è così che la luce può entrare".
Ma cosa puo' sostenere una persona a scrivere questo ultimo verso, così speranzoso?
"Abbiamo chiesto dei segni / e li abbiamo avuti: / nascite tradite /"(addirittura l'aborto!) "e matrimoni spezzati", i tradimenti della politica "mentre i killer 'lassù in alto' alzano preghiere a gran voce". C'e' anche questo, certo.

"Puoi mettere assieme le parti / ma non otterrai la somma". Lo stesso dicasi per questa canzone. Puoi esaminare la dizione praticamente perfetta, l'espressività che ha pochi termini di paragone, il senso di aspettativa unico, l'uso delle vocalist, il testo geniale e poetico... ma tutto assieme non dice appieno della esperienza che provo ogni volta che ascolto questa canzone.
Ho cercato in tutti i modi di non descrivere questa canzone in modo didascalico, con una analisi del testo. Perché odio quando si apostrofa un autore di canzoni come un poeta. Un poeta scrive poesie, qui la canzone si apre un varco da sola verso la crepa del tuo cuore e lì vi riposa. "Ogni cuore, ogni cuore / giungerà all'amore / ma come un rifugiato". Alla fine la crepa è tutta nostra, ne siamo ben
consapevoli. Ma la luce no, la luce la possiamo cercare come dei
rifugiati che cercano qualcuno in grado di accoglierli così come sono.
Chi l'ha provato lo sa: uno arriva addirittura ad affezionarsi alla
propria 'crepa' se trova qualcuno in grado di prendersene cura.
Giorgio Natale

6 comments:

Unknown said...

La luce attraverso la crepa... proprio come ho sentito dire una volta da Julian Carron: "La ferita del cuore, la ferita del cuore... ci affanniamo a chiuderla, ma è solo attraverso quella ferita che Cristo puo' entrare, altrimenti resta fuori, come un'idea, come un'astrazione".
Grazie Giorgio, grazie Paolo

Davide8 said...

"C'è una crepa in ogni cosa."

rivisitazione in chiave contemporanea (forse post-moderna) della gran massima Kantiana che recita: "da un legno così storto come quello di cui è fatto l'uomo non si può costruire nulla di perfettamente dritto".

bel post Paolo, a presto e un abbraccio
d

Paolo Vites said...

non l'ho scritto io, fratello - in due commenti, due visioni della vita agli antipodi... grazie entrambi

Anonymous said...

questa cosa mi ribalta la giornata, grande cohen, grazie giorgio

Fausto Leali said...

grazie ad entrambi,
di cuore.

un abbraccio

Anonymous said...

Alla fine l'hai messo su..
Sono estremamente onorato.

Yes, adoro queste rivelazioni del rock.

Deiv, l'uomo e' fatto di un legno storto, questo e' certo. al punto che quasi non sorprende.
E' stato proprio il finale del ritornallo, al contrario, a lasciarmi di stucco. Che proprio il limite dell'uomo (la crepa) sia la possibilita' attraverso cui passi la luce..

Devotedly,
Giorgio

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