Quella scogliera che si intravvede nella foto qua sopra ce l'ho appesa proprio sopra il computer da cui sto scrivendo in questo momento. Ce l'ho incorniciata in un quadro da quando tornai dagli Stati Uniti, nell'ottobre del 1991. La scattai nella zona di Big Sur, a sud di San Francisco, in una fredda e ventosa giornata. Sapevo di essere nella zona celebrata da Jack Kerouac nel suo splendido omonimo romanzo, ma solo la mia fantasia, quando mi affacciai dalla strada la sopra dopo aver osservato decine di altre spiagge simili, mi fece dire: questa deve essere la spiaggia su cui si recava di notte Kerouac a sbronzarsi e a prendere ispirazione per la magnifica ode a Big Sur che conludeva il libro. Me lo sentivo dentro, senza averne alcuna certezza. Probabilmente, 40 anni dopo, avvertivo ancora le vibrazioni dell'uomo solo di fronte all'immensità dell'oceano. A sinistra della statale, in direzione delle montagne là dietro, ricordo partiva una stradina sterrata e guardandola pensavo, quella deve proprio essere la direzione che Jack prese quel giorno, zaino in spalla, per dirigersi al rifugio che gli aveva prestato il suo amico per fare meditazione e ovviamente ubriacarsi.
Diciotto anni dopo ritrovo la mia identica fotografia in questa pubblicità che avvisa dell'uscita di un bellissimo disco (che ho potuto ascoltare grazie al consiglio dell'amico Raffaele) inciso da Jay Farrar (ancora lui... questa è il nostro autunno, amico triste...) insieme al cantante dei Death Cab for Cutie, Ben Gibbard, come commento a un documentario su Kerouac e su Big Sur intitolato One Fast Move or I'm Gone: Kerouac's Big Sur. La foto scelta per il progetto conferma le mie intuizioni di 18 anni fa: quella era la spiaggia di Jack. Quello era il suo mare. E per mezz'ora ho respirato la stessa violenta brezza dell'oceano Pacifico che respirò lui. Meglio di una intervista con Bob Dylan. Prima di morire, tornerò a Big Sur e cercherò di nuovo quella spiaggia. Allora la mia corsa sarà davvero finita.
O potrebbe finire a sud di quella stessa California. In quella Guadalupe dei misteri di cui canta, in un altro, bellissimo disco nuovo, il grande Tom Russell, forse l'ultima voce poetica della canzone d'autore americana. Sangue e fume di candela (Blood and Candle Smoke) contiene fra le altre splendide composizioni un pezzo che si chiama Guadalupe, dedicato alla cittadina messicana dove apparve a un contadino indio Maria. E' la Madonna più amata e invocata dei messicani, ce l'hanno anche dipinta sulla grancassa della loro batteria i Los Lobos. "Chi sono io per dubitare di questi misteri?" si chiede Russell. "Sono l'ultimo dei tuoi figli ma sono quello che ha più bisogno di speranza. Lei apparve a Juan Diego, lei lasciò la sua immagine sul suo mantello, 500 anni di dolore non possono distruggere la fede più profonda". Proprio così: non c'è dolore che possa toglierci questa speranza. Lasciateci almeno accendere ancora una candela. "Eccomi qua stanotte, il tuo miscredente straccione. Il vecchio Thomas pieno di dubbi e ridotto in lacrime che guarda la tua chiesa annegare nella terra come un cuore ferito dalla paura".
Il cuore. Ferito. Lasciamo sanguinare le ferite del cuore che nessuno può guarire: è da lì che passa la luce.
Vecchio Thomas miscredente come lo sono io, come lo siamo tutti, in questa notte di vento freddo d'autunno. Che guardiamo a Big Sur e a Guadalupe perché non ci restano altri luoghi a cui guardare.
Tom Russell, l'uomo che scrisse dei misteri dell'angelo di Lione. L'uomo che canta adesso il mistero di Guadalupe.
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5 comments:
perché quando lo sperdimento non ci fa respirare
solo tre cose ci permettono di vivere in apnea:
l'amore
la musica
la scommessa di un altrove.
La stessa icona di Maria è su una delle chitarre che Springsteen ha usato con la Seeger Session Band, se non ricordo male.
big sur...... uno dei posti più belli che abbia mai visto.
Così.... rileggevo un po' a ritroso i tuoi post....
Quando scrivi che magari non hai voglia di andare a sentire Springsteen ci sono 400 commenti e quando invece metti un post bello come questo solo 3.... non é giusto.
un abbraccio, bro'
a breve parlerò del disco e del film sul mio blog:
http://beatblog2.blogspot.com/
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