(In cui si narrano tutti i concerti di His Bobness visti da colui che smaneggia questo blog, saltellando di qua e là negli anni, senza alcun filo logico, senso compiuto e soprattutto alcuna capacità critica)
Montreux, Svizzera, Casino de Montreux
9 luglio 1990
Oziosa calda estate sulla riviera. Che altro di meglio da fare se non prendere la quattro ruote e puntare a nord, oltre confine, specie se Bob Dylan quest'anno in Italia non ci verrà. Niente di meglio, se non che per qualche oscuro motivo la quattro ruote si decide di lasciarla a Milano e di proseguire in treno. Il motivo sfugge tutt'oggi: beata incoscienza da stupidità congenita, così come quella di non preoccuparsi di sapere quando ci sarà il primo treno per tornare a indietro ("ci sarà ci sarà" - "non non ce ne è manco uno fino a domani mattina") né preoccuparsi di aver cercato una locanda per dormire. Tantè. Ehi, questa è Montreux, si sente ancora il puzzo di smoke on the water. Bob Dylan in una piccola location, al casinò. Wow.
Dentro, tra i primi, ordinata fila svizzera. Dentro, un bel migliaio di persone. Dentro, un caldo porco. Prima, seduti uno sull'altro con le ginocchia in gola per quasi due ore: Ry Cooder, David Lindley e Flaco Jimemez. Che è un figo, l'ultimo dei tre, insopportabilmente noiosi gli altri due a fare il ripasso di come si suona bene la chitarra in tutte le sue declinazioni. Roba da università della musica, ma qua vogliamo tutti rock'n'roll, quella musica che come dice Lou Reed, "un accordo va bene, con due accordi stai già esagerando. Tre accordi, e stai suonando del jazz". Appunto. E noi vogliamo solo rock'n'roll. Che arriva, piove abbondante, attenua il caldo porco qua dentro non appena un pazzo in camicia bianca, gilet di pelle e colbacco dell'Armata Rossa di pelo si presenta sul palco. Sì, solo Bob Dylan può suonare per oltre due ore in questo caldo porco sotto a dei riflettori con un colbacco di pelle. Dell'Armata Rossa, comprato a Berlino due giorni prima davanti ai ruderi del Muro. Absolutely Sweet Marie 'spacca', e mi spacca ancora oggi che 19 anni dopo non glie l'ho mai pù sentita fare dal vivo. Ride, sorride, saltella e strimpella con foga la sua chitarra, mentre GE Smith, il biondo crinuto chitarrista alle ultime tappe del suo never ending tour, fa lo snob: suonicchia, si siede su di un amplificatore, fa capire che per lui la strada è agli sgoccioli. Mica sempre però, che durante Masters of War esplode riff come bombe al napalm. Il sound è approssimativo e sgangherato come vuole la visione che Dylan appicca al NET durante il 1990, un anno di transizione, di perduta concentrazione, anche di noia, ma di serate illuminanti - random - come questa. La voce gracchiante da Donald Duck del rock che segue itinerari tutti suoi, quasi sul palco intorno a lui non ci fosse nessuno ad accompagnarlo. Per non parlare dell'incredibile varietà della set list: praticamente ogni era dylaniana viene rappresentata, compresa quella "born again"(Gotta Serve Somebody, un treno sferragliante quella sera).
"You already heard this one before... But is soooo good we are going to play it once again". Io, addormentato, non mi ero manco accorto che Cooder e Lindley avessero già eseguito Across the Borderline. Chissefrega: Dylan invita sul palco Flaco e la sua fisarmonica e il caldo porco ora ha un senso, perché le note della immortale ballata portano lontano dalla Svizzera, lì sul border, tra Texas e Messico. Caldo, ma magia pura. All'inizio del concerto ero sulla destra del palco quasi sulle transenne: per quando finisce mi trovo dalla parte opposta trascinato da questo mare che è la folla in trance. Al mio amico quasi sequestrano la macchina fotografica, io devo sfuggire quasi dandogli un cazzotto un gay che mi fa delle avanche strusciandomi le mani addosso da più di mezz'ora. Can't help it if I'm lucky: non ci torno più a Montreux. C'è ancora tempo per una I Believe in You che, giurerei, Bob Dylan canta fra le lacrime, una Watchtower che rimanda Jimi Hendrix a casa (o all'inferno, non so) per sempre e un ennesimo bis rotolando sulla Highway 61. Questi erano i tempi d'oro del NET, dove ogni cosa poteva accadere.
Un'altra Across the Borderline, ma anche questa is soooo good...
Noi, una decina di birre dopo, aspettiamo l'alba seduti al freddo di una panchina della stazione in attesa del primo treno per Milano. Fa molto rock'n'roll. Ma anche no. Non mi muovo più se con il biglietto non c'è anche la prenotazione per un albergo.
Set list: Absolutely Sweet Marie, Ballad Of A Thin Man, Memphis Blues Again, I'll Remember You, Masters Of War, Gotta Serve Somebody, It's Alright Ma (I'm Only Bleeding), Don't Think Twice, Gates Of Eden, Mr. Tambourine Man, It Ain't Me Babe, Across The Borderline, Everything Is Broken, I Believe In You, All Along The Watchtower, I Shall Be Released, Like A Rolling Stone, Blowin' In The Wind, Highway 61 Revisited
Anno di grazia del Never Ending Tour: terzo.
Band: Tony Garnier (basso); Christopher Parker (batteria); GE Smith (chitarra).
Disponibilità: www.dylansconcerts.com/1990-07-09.htm
Vites rating: **** su *****
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9 comments:
Non vedo l'ora di leggere anche le puntate che seguiranno...
Evviva il good doctor che si appassiona di nuovo a Bob.
E il "Vites rating", poi....fantastico :-)
F.
PS Mi verrebbe voglia di sfidarti a duello a colpi di blog con la lista miei concerti, ma tu, fortunello, ne hai visti più di me :-)
spero di leggerne molti di questi post e soprattutto presto!
Potresti pubblicare un libricino con questi ricordi!
Una cosa: a me la versione di All Along the Watchtower di Hendrix non è MAI piaciuta, e troppa gente l'ha suonata.
Preferisco sempre la versione dello Zio Bob...
Buon Weekend, Paolo!
Luca da SS
ma certo, che lo pubblica, il libriccino
vero, che lo pubblichi?
;-)
(grazie)
laura rating: **** su *****
io li faccio i libriccini - poi voi però non li comprate....
Strepitoso!
questo racconto mi ha ricordato quando andavo on the road a seguire i miei artisti preferiti!
erano i tempi del rock, per me...
Adesso nn solo nn mi muovo senza prenotazione in albergo, nn mi muovo proprio per un concerto...
Infatti Il Boss lo aspetto in Calabria, prima o poi, piccoli o grandi (dylan, reed, smith, knopfler, deep purple, burke, sting, vega, simon) passano tutti dalla terra del Mito e del peperoncino!
e qui merita la stampa. che poi leggo come si deve, carta in mano.
al cesso? ihihi
Cioa Paolo, la tua passione è sempre contagiosa, un abbraccio, Marcello
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