Thursday, November 11, 2010

Il sale della terra

I see you walking, baby, down the street
Pushing that baby carriage at your feet
I see that lonely ribbon in your hair
Tell me am I the man for whom you put it there

You never smile girl, you never speak
You just walk on by, darlin', week after week
Raising two kids alone in this mixed up world
Must be a lonely life for a working girl

(Bruce Springsteen, I Wanna Marry You)



L’altra sera quel fesso di un tram ha saltato la fermata di casa mia. Erano quasi le undici di sera, la mia giornata era cominciata alle 7 e mi sono dovuto fare un pezzo di strada in più che già dormivo in piedi. Ma alla fine della fiera è stato meglio così. Nel fare il giro largo per andare a casa sono passato per dove non sarei dovuto passare. C’era una macchina, a un certo punto, con il bagagliaio aperto. Avvicinandomi, vedevo nell’oscurità qualcuno, poi ho sentito un tonfo. Ormai ero lì a due passi, e ho visto che il tonfo era causato da un passeggino su cui erano state caricate una mezza dozzina di borse e sacchetti vari. Mi è successo un milione di volte anche a me, quando per casa mia c’erano passeggini e carozzine, di fare l’errore di posare le borse sul retro passeggino che quindi si sbilancia e precipita all’indietro. Ma mai alle 11 passate di sera. Davanti al passeggino, sconsolata, una giovane mamma che scuoteva la testa, mi sembrava quasi che si mettesse a piangere e cominciava a raccogliere il tutto. Naturalmente da quel burino che sono non l’ho aiutata ma ho continuato a guardare la scena, un po’ commosso. Che ci fa una mamma in giro a quell’ora, sarà tornata da recuperare il bambino dai nonni dove lo ha lasciato tutto il giorno per poter andare al lavoro. Sarà stanca morta, come solo una mamma che lavora può esserlo. Accidenti. Io non credo ci sia cosa più grande al mondo di questa, una mamma, e una mamma che lavora. Magari non era il suo caso ma ho pensato a questo.

E mi è venuto in mente un mio amico che non vedo da una vita. Tanti anni fa quando ero un ragazzotto agli albori della mia vita di lavoro, quando lavoravo di giorno e la sera sbancavo tutte le discoteche ei club “in” di Milano, ero finito a cena a casa sua. Lui faceva l’operaio, turni di giorno e turni di notte. Eravamo a cena, c’era tutta la sua bella famiglia. A un certo punto si fermò dal mangiare e scuotendo la testa con un mezzo sorriso mormorò: “Accidenti, è bello essere a casa”. Non capii, ma provai un gran senso di tenerezza. Non c’è niente di più grande di un uomo che lavora duro per la propria famiglia. Adesso che torno a casa mediamente alle 10 di sera ogni giorno, quando mi siedo lì a tavola e vedo le mie figlie e mia moglie che si preparano ad andare a dormire, e ci salutiamo e ci scambiamo tre parole tutti quanti, penso anche io “accidente è bello essere a casa”. Avercela, una casa.

E poi l’altra sera c’era mia figlia grande, la mamma e la sorellina era già andate a letto. Io stramazzavo come sempre sul divano, con un bicchiere di gin in una mano e il telecomando nell’altra, gli occhi semichiusi dal sonno, ma non abbastanza per impedirmi di notare mia figlia che prendeva gli aghi da cucire e si sedeva al tavolo della sala. Che mia figlia grande prenda in mano degli aghi da cucire, una che mette via i suoi vestiti solo una volta al mese dopo che sono diventati una orrida catasta di stracci, è già un evento. Qualcosa di così casalingo e femminile non me lo aspetto mai da lei. Così ho aperto del tutto gli occhi e l’ho guardata fisso. E’ incredibilmente bella, ho pensato, come diavolo ho potuto mettere al mondo un essere così meraviglioso. Ovviamente è solo passata attraverso di me, lei c'era già nella mente e nel cuore di qualcun altro che l'ha voluta così bella, io sono stato solo il tramite. E mentre la guardavo la vedevo un giorno sposa, madre e quant’altro. La vedevo che non mi apparteneva manco un briciolo, è così evidente in quei momenti che i figli non sono tuoi. Ti vengono affidati per un po’ di anni, poi devono correre via, e lei a 16 sta già correndo via e va bene così. Allora l’ho chiamata sul divano, l’ho stretta un po’ che di solito non se lo fa mai fare, e le ho detto, “sei incazzata anche oggi?” che lei lo è praticamente sempre. Ha risposto: “Se sono arrabbiata sempre è per colpa tua che sei sempre arrabbiato”. Accidenti è vero, ho pensato. “Sono figlia tua, ho preso da te” Accidenti è vero anche questo. Allora cerchiamo di non essere più incazzati, figlia, le ho detto, anche se fa tanto rock’n’roll. Ma mi sono sentito padre veramente in quei minuti. Perché lei mi ha fatto da padre.

27 comments:

Anonymous said...

Anche tu non ami che ti venga servito tutto su di un piatto e preferisci immedesimarti, eh?
Leggerle le cose è una cosa, viverle un'altra...


Francesca

Paolo Vites said...

francesca, perdonami ma qs volta non ti seguo.

qua da parte mia c'è solo vita vissuta: la donna con il passeggino caduto, il mio amico seduto a tavola, l'abbraccio di mia figlia. è tutto accaduto, io l'ho visto e l'ho toccato.

non mi immedesimo, io vivo -

Anonymous said...

grazie

f

Anonymous said...

Mi sono espressa male, scusa tu:

hai il dono dell' empatia, chiamata impropriamente "immedesimazione" da me,ovvero sai vivere anche le vite degli altri.

Mi riferivo a ciò anche parlando con Blues in merito alla letteratura, ma sono di poche parole e posso venir fraintesa:
non sono un orso che se ne frega della psicologia altrui, cerco di usare l' "arma" dell' empatia, non forzo nessuno a parlare di sè.

Certo che è vita vissuta...

Francesca

Paolo Vites said...

scusa te francesca

sì l'empatia può essere un dono ma anche una maledizione

grazie

mod said...

...a parte l'empatia...bel pezzo melancolico-sentimentale. lo ho letto tutto con gli occhi ancora metà chiusi.
you should have helped the lady with the buggy.
watching and do nothing is so italian nowadays.

;-)love, mod

RagmanDrawcircles said...

woa..
tutto questo e' molto rock'n'roll!
hugs
rag

anna said...

un imprevisto! a me piace tantissimo prendere stradine alternative a volte mi perdo ma scopro sempre qualcosa o qualcuno che mi spiazza e raggiungo casa da un altro punto (anche di vista)...
grazie

ciao Rag!

RagmanDrawcircles said...

anna, non prendere troppe stradine alternative tu..
ciao!

Anonymous said...

@Francesca:

Psicologia? L'ho sempre considerata una scienza irrimediabilmente orfana e se ho dato l'impressione di trattarla in qualche modo significa che mi sono espresso male. Anzi, malissimo. : )
Chiedo venia.

@Paolo:

Bel post. Se mi passa la malinconia, dopo scrivo qualcosa.

Blues

Paolo Vites said...

I think you're right, mod but I was afraid she thought I was a stalker :-)

wilma said...

Il tuo momento con tua figlia è spiazzante. c’è dentro tutto. Come un momento di quotidianità a volte ci possa inondare di una coscienza spesso negligente. Negligenza che ci distrae e ci discosta dalla grandezza di una figlia che si fa abbracciare e che ti dice sono figlia tua! Poi magari domani si torna incazzati come e più di prima. Ma quella consapevolezza oramai è detta. E meravigliosa tua figlia che te l’ha detta. E quando vi guarderete, torvi magari, sarà sempre in mezzo a voi.

Paolo Vites said...

grazie wilma, mi hai fatto capire quello che avevo solo intuito

Anonymous said...

Anche secondo me hai intravisto qualcosa di sorprendente. Uso 'intravisto' perché oggi, la dedizione di una madre per il proprio figlio, è una cosa che salta agli occhi, ed è traccia di qualcosa di ancor più eclatante. Rinuncia e sacrificio a favore di chi si trova al proprio fianco - comprese le persone care, non sempre trattate come tali - mi meravigliano sempre. E mi mettono spesso malinconia, perché sono storie che narrano qualcosa di cui non sono capace e che non posso, in alcun modo, controllare: ogni giorno faccio i conti con questa realtà e ne sento il peso. Odio la mia mediocrità interiore, il mio egoismo, e mi avvilisco di fronte a chi so o vedo capace di soffrire con il sorriso sulle labbra, con una disumana speranza; mi sconforta l’abisso che separa la mia pochezza dalla luce di queste persone: non sono così capace e faccio fatica a sopportarlo. Vorrei volare e invece mi ritrovo sotto una zolla di terra, malgrado i miei – forse patetici – tentativi. Eppure, sono certo che tutto questo ha un senso, e un giorno, forse, lo capirò.

Blues

barbara said...

silvia, silvietta...ogni volta che ascolto i mumford,cioè tutte le mattine ore 7,20...the cave...mi vengono in mente i suoi occhi scuri...dolcissimi! l'ho guardata spesso quella sera chè era vicino a me, l'ho guardata con una tenerezza che solo una mamma può avere. Una volta uno mi ha detto: siate padri e madri.

DiamondDog said...

Bello scritto, complimenti.
Vado a riascoltarmi Father and son di Cat Stevens che il mio bimbo è maschio e ogni tanto ho "bisogno" (mica potrò affontare la cosa di botto eh) di sentirmi dire che un giorno se ne andrà.
Così, per attutire il colpo che arriverà, dopo questo bel post mi vado anche a sentire Cat.

allelimo said...
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hazel said...

SIA QUESTO IL VERSO (di Philip Larkin)
Mamma e papà ti fottono.
Magari non lo fanno apposta, ma lo fanno.
Ti riempiono di tutte le colpe che hanno
e ne aggiungono qualcuna in più, giusto per te.
Ma sono stati fottuti a loro volta
da imbecilli con cappello e cappotto all’antica,
che per metà del tempo facevano moine
e per l’altra metà si prendevano alla gola.
L’uomo passa all’uomo la pena.
Che si fa sempre più profonda, come una piega costiera.
Togliti dai piedi, dunque, prima che puoi
e non avere bambini tuoi

Anonymous said...

@allelimo:

Quei termini (rinuncia e sacrificio) li ho detti io, per cui reputo che il messaggio sia - almeno in parte - diretto a me.
Rileggendo il mio messaggio, in effetti, il senso che gli hai dato è corretto, ma non era quello che intendevo. Morale: mi sono spiegato male. Vediamo se riesco a fare un passo avanti nella mutua comprensione. Fermo restando tutto quello che ho detto, apro una parentesi per quanto riguarda i figli. Strano a dirsi sono genitore anch'io. Forse de-genitore, ma questo lo potranno dire i miei figli e non prima di averne avuti a loro volta. Anche ora potrebbero criticarmi (ad oggi non l'hanno ancora fatto... n.d.r.) ma nel qual caso li avviserei dell'opinabilità delle loro conclusioni a causa della limitata esperienza diretta nel ruolo. Per quanto mi riguarda, il grosso del 'salto' è stato passare dall'essere una coppia di novelli sposi a coppia di novelli sposi con un figlio (dopo dieci mesi scarsi). Il secondo è stato più impegnativo (dopo altri 15 mesi), ma per motivi estranei alla nascita. La terza è stata (dopo altri tre anni), al confronto dei primi due, una passeggiata. Rinunce? Certo, e non potrebbe essere diversamente, altrimenti significherebbe che sono andato avanti con la mia vita infischiandomene di tutto. Nessun trauma, comunque, malgrado il mio egoismo. Sacrifici? Qualcuno, ma niente di tale. Anzi, a questo proposito mi (perdonami) auto cito: "mi avvilisco di fronte a chi so o vedo capace di soffrire con il sorriso sulle labbra, con una disumana speranza". Ecco: ho
visto persone affrontare dei sacrifici (non scendo in particolari) con una dignità tale da farmi arrossire dalla vergogna al solo pensiero, vista la mia inettitudine. Alla fine, quando guardo i miei figli, non posso nemmeno ipotizzare una vita senza
di loro e un rammarico, se c'è, è quello di non aver avuto abbastanza fegato - causa meschine valutazioni pratiche - da cercarne degli altri, di figli (qui sarebbe da aprire un altro capitolo). Sarei anche fondamentalmente falso se dicessi che sono state solo rose e fiori e che sono vissuto fino ad ora in una favola stile Walt Disney.
Spero di aver, almeno un pò, chiarito; 'rinuncia e sacrificio' erano riferiti in particolare ai rapporti con il 'prossimo', su un piano più generale.

allelimo said...
This comment has been removed by the author.
Paolo Vites said...

wow che bellezza e ricchezza di commenti, grazie a tutti...

per quanto riguarda i sacrifici, be'.. ci sono state notti (silvia non ci ha fatti dormire per i primi tre anni, e intendo NON DORMIRE) in cui ho avuto la tentazione di sfracellarla contro un muro, seriamente, tentazione che pssava nel giro di 10 secondi grazie a Dio... ma lì ho capito certe dinamiche orribili di cui si sente spesso sui tiggì... ciò detto, non rinuncerei alle mie figlie manco per una itnervista esclusiva mondial edi sei ore con bob dylan nella sua villa di malibu

e ho detto bob dylan!

la cosa più bella poi me la disse un'amica il giorno in cui le dissi che alla bella età (nonnifera) di 40 anni stavo diventando padre per la seconda volta. io depresso, lei: "che coraggio che hai! ti ammiro, nessuno fa più figli e tu a 40 anni ricominci"

e lì ho ricapito cosa vuol dire diventare padri

:-))

Anonymous said...

@allelimo: tutto a posto, ho voluto solo chiarire dei punti, e non c'era niente di inappropriato nel tuo intervento. E confermo quanto hai detto sullo scritto di Larkin. Tra l'altro non so chi sia Larkin, e nemmeno lo chiederò in giro.

Blues

Skywalkerboh said...

con gli occhi umidi, ti mando un sorriso

Laura said...

per l'ottantacinquesimo compleanno di mio padre, i suoi nipoti lo intervistarono.
- qual è stato il momento più emozionante?
- assisi (il suo matrimonio, alla tomba del santo, ndr)
-e quello più difficile?
- quando mi hanno licenziato senza motivo, la prima volta
-e la cosa più bella?
-VOI!! siete le frecce del mio arco...con voi so che non morirò del tutto...

la saggezza di mio padre. un gentiluomo che ha sempre trattato la vita con amore. e qualche volta non è stato ricambiato con uguale cura.

essere figlia sua è stato meno difficile di quanto non sia stato essere mio padre. ma ora, che lui è così indifeso, e bisognoso, sento di potergli rendere almeno una piccola parte del bene che mi ha voluto, che mi vuole.
e la cosa più bella è che lui lo sa.

grazie.

andrea said...

Voi siete gli archi da cui I vostri figli come frecce vive sono scoccate.
Kahlil Gibran

Ho sempre amato queste parole come figlio ed ho imparato ad amarle anche come padre.

P.S.
questo è un blog che parla al cuore delle persone.
GRAZIE.

Paolo Vites said...

grazie a te andrea

Anonymous said...

"Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza." Salmo 126

Suona proprio simile al verso sopra citato di Kahlil Gibran. Le similitudini tra diverse religioni mi portano sempre a pensare allo stesso Spirito che si manifesta ovunque, in tutti i figli dello stesso Padre. Un pò come se un maestro parlasse ai propri alunni e facesse poi ripetere a tutti la stessa lezione: il contenuto risulterebbe lo stesso, nella sostanza, mentre la forma cambierebbe da alunno ad alunno. A conti fatti, l'incontro tra le differenti religioni non è proprio un'utopia.

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