Wednesday, September 26, 2007

I'll work for your love

Odio quest’uomo. Non solo perché a quasi sessant’anni ha una forma fisica spettacolare, tanto da far girare ancora la testa alle donne (piace a mia figlia tredicenne e a mia moglie che di anni ne ha un po’ di più, ad esempio). Lo odio soprattutto perché a questa età dove tanti suoi illustri colleghi sanno solo vivere di rendita, limitandosi a riciclare all’infinito il loro glorioso passato, lui ha più vitalità artistica di un ventenne. Nel giro di tre anni o poco più è riuscito a passare dall’intimismo acustico di un bel disco di puro songwriting come Devils & Dust (e tour altrettanto bello ed emozionante in perfetta solitudine) alla rivisitazione eccitante del patrimonio popolare del suo Paese (anche se il tour era di gran lunga più riuscito del disco Seeger Sessions) per approdare adesso, con totale nonchalance, come a dire, questo l’ho fatto nel tempo libero, tra un impegno e l’altro, a un disco di muscoloso e romantico rock’n’roll in purissima chiave pop.
E per pop naturalmente intendiamo quello vero, l’unico che conta, quello geniale dei girls group degli anni 60, quello che aveva la produzione e il marchio di fabbrica di Phil Spector. Ma anche quello di Brian Wilson. Trent’anni fa, quando incideva Born To Run, Springsteen amava dire che voleva fare un disco “con il sound di Phil Spector”. C’era solo un vago rimando, allora, di quel formidabile wall of sound spectoriano, più che altro nella coda strumentale di Thunder Road. Magic invece ci affonda dentro, almeno in parte.

Il disco si apre con la dichiarazione di intenti di Radio Nowhere, un pezzo che nei suoi tre minuti-tre di durata è ovviamente un tributo al rock’n’roll radiofonico (quando le radio non erano le porcate di oggigiorno) ed è un pezzo alla Clash 100%, quelli che con This Is Radio Clash avevano per primi fatto un ponte tra passato e presente, così come oggi vuole fare Bruce. La radio di Springsteen è persa nel deserto mediatico che ci circonda, urla la voglia di un suono che è stato cancellato dall’ottusità (musicale) imperante e allora ecco che le trasmissioni partono con la magia (“magic”, ecco dove la cerca Bruce) spiazzante – perché tutto ci saremmo aspettati da un disco con la E Street Band tranne questo – della formidabile You’ll Be Comin’ Down, una musica poderosa ed echi di Be My Baby delle Ronettes ovunque. È un suono pastoso, dove i singoli strumenti non emergono, ma sono una struttura corale che sale e scende come un’onda. Ehi: questo è il wall of sound di Spector. Così sono Your Own Worst Enemy (che ha vagamente il passo di Santa Claus Is Coming To Town così come la fecero le Crystals con tanto di campane natalizie in sottofondo) e poi il capolavoro del disco, la strepitosa Girls In Their Summer Clothes che ci viene il dubbio il suo autore sia Brian Wilson.

Poi Springsteen gioca con il suo passato: Livin’ In The Future è la nuova Tenth Avenue Freeze Out, stesso passo da R&B sporco e deragliante (e il solo di Danny Federici, poi, è lo stesso di Hungry Heart), mentre la tenerissima ed emozionante I’ll Work For Your Love si inserisce di diritto tra le sue grandi ballate romantiche come Be True, quelle dei tempi di The River.

Springsteen non ha mai cantato così bene in un disco in studio in tutta la sua vita, le parole si fondono e rotolano con tale potenza melodica da lasciare interdetti.

E se Gypsy Biker regala gli unici rabbiosi assoli di chitarra di tutto il disco, la “magia” di questo cd si ferma però qui. Long Walk Home, già presentata dal vivo con la Seeger Sessions Band l’anno scorso, è un pezzo banalotto che si fa fatica a portare a termine; la title-track è una (bruttina) outtake del periodo di D&D, così come lo è, probabilmente, anche Devil’s Arcade e non ci azzeccano con il resto del disco. Last To Die, nel suo tentativo di ripetere i fasti di un brano come Roulette, assomiglia di più a uno dei Bon Jovi. Chiudendo con un colpo di coda, Terry’s Song, bel brano che ricorda certe cose dello Springsteen dei primissimi 70.

A livello lirico è evidente in molti brani (ad esempio Gypsy Biker, Devil’s Arcade e Last To Die; il refrain di quest’ultima peraltro cita un estratto da un discorso degli anni 70 dell'ex candidato alla Presidenza Usa John Kerry a proposito della guerra in Vietnam) che Springsteen dia voce ai soldati americani in Iraq, ragazzi mandati a morire per una causa sbagliata e che tornano a casa come il motociclista di Gypsy Biker in una cassa da morto. Non fa nomi, però, non tira in causa scelte politiche: è uno sguardo compassionevole a una nazione piena di dubbi e divisa a metà che lui vorrebbe fosse quella di Long Walk Home, brano dove si augura un ritorno a quei valori semplici di famiglia e tradizione (con tanto di bandiera che sventola orgogliosa davanti al palazzo del Comune) che fanno tanto “all american boys”.

Altrove Springsteen riflette sulla sua età, e lo fa benissimo nel ritratto del surfer invecchiato di Girls… che con nostalgia ripercorre strade e volti della sua vita cercando di venire a patti con una realtà che gli sfugge di mano. Concludendo con quello che in fondo è sempre stato il manifesto etico di quest’uomo: “Lavorerò per (avere) il tuo amore, quello che altri vogliono gratis, io lavorerò per il tuo amore”. La redenzione si ottiene con il sudore della fronte, in una visione etica tipicamente cristiana, e sono le cose che danno senso alla vita. Che altri si dannino l’anima cercando di avere tutto gratis. C’è più gusto ad ottenere qualcosa, fosse anche l’amore di una donna, con la fatica.

16 comments:

skywalkerboh said...

Che dire, Maestro...
Anche a me questo album soddisfa solo in parte, ma ne riconosco il valore contestualizzandolo nel panorama musicale attuale, e leggendo le liriche (dopo i primi distratti ascolti tutti tesi ad assaporare le musiche) mi rendo conto che anche qui c'è tanta attenzione ai temi della vita e dell'anima, di cui Springsteen è stato come altri uno dei narratori miei prediletti.
La dote più evidente di questo artista oggi, oltre alla versatilità che tu hai richiamato, è la sincerità: in quello che racconta e nel voler dare alle stampe un prodotto con cui ha qualcosa da dire, e non solo per fare soldi (maledetti giapponesi della sony!!!).
Adesso la tournéé: non avremo certo le maratone rock di un tempo, l'età avanza per tutti, ma sicuramente delle gemme più concentrate, e sarà una festa, alla quale spero di incontrarti, giusto per stringerti la mano e... tranquillo: non mi porto i tuoi libri per avere l'autografo, non ho carriole!!!
:-)))

Paolo Vites said...

se riesco a trovare un biglietto per entrare... mi sa che adesso scrivo al mio amico jon landau... :-)

Fausto Leali said...

ma non c'era qualcuno che aveva detto che non si sentiva il bisogno di un nuovo disco con la E Street Band ?
He he, il Boss ci ha fregato ancora....

Comunque tua moglie e tua figlia hanno ragione, non sarà perché assomigli un po' troppo a Mark Knopfler ? :-))))

Ottima recensione, comunque, thanx !

marcello said...

Perbacco, domani corro a prendermi il cd, mi hai fatto venire l'adrenalina addosso, sinceramente mi aspettavo una porcata fatta solo per ubbidire ai voleri della casa discografica, spero solo che tra 6 mesi non esca una nuova edizione con 2 inediti...

Anonymous said...

gran recensione, paolo.
confesso, un po' controcorrente forse, che la tournee di D&Dust non e' che mi avesse conquistato.. come songwriter da solo sul palco non mi convinse al 100%..
ma gia' da The Rising la produzione recente del boss e' impressionante.. (anche senza fare paralleli imbarazzanti con il Nostro.. :-((
Magic ha degli 'alti' notevoli e un po' di punti piuttosto bassi (su tutte, o sotto tutte, devil's arcade).
ma --IMHO-- il tono dominante e' forte e molto sincero: una matura malinconia, di chi riconosce che, avanti nel tempo, tutte le cose cambiano forma e gusto, e tutte le cose che valgono portano con se fatica e dolore. ma non per questo si puo' rinunciare.
trovo non a caso la canzone 'magic' come un punto nodale del disco. e a me piace.
come nota finale, sono pero' d'accrdo con marcello.. esprimo da tempo parecchia amarezza per le ultime mosse discografiche del boss (3-4 ristampe per disco) e soprattuto per i costi dei biglietti.
keep the magic, rag

Paolo Vites said...

Magic, la canzone, ha un gran bel testo - i testi di tutto il disco, che inizialmente avevo sottovalutato, sono davvero ricchi di punti da esplorare - musicalmente, I'll work for your love mi è entrata del tutto nel sangue... la sento anche mentre dormo :-)

Kyle William said...

Paolo, sei ancora in contatto con Musicco (mi sembrava si chiamasse cosi) ? Era il mio prof. di Educazione Fisica alle superiori.
Era un grande, con lui si parlava principalmente di Dylan. Mi piacerebbe mandargli un saluto se hai occasione di passare l'info.
Nel '91 ci siamo ritrovati fuori dal palalido alla fine del concerto Dylan/Morrison.

Per quanto riguarda Magic io prediligo di gran lunga la seconda parte del disco, quindi c'e' speranza per entrambi che prima o poi anche l'altra meta' ci convinca.

Paolo Vites said...

ciao! il buon Musicco nel frattempo ha fatto di tutto, da presentatore televisivo a giornalista a critico cinematografico... te lo saluto certamente anche se ci vediamo di rado... intanto ho scoperto il tuo blog... very cool! domani lo link al mio e me lo leggo bene... poi ti mando anche una mail... grazie per esser passato di qui

Kyle William said...

ottimo, spero se la passi bene.

grazie a te e a presto.

Anonymous said...

Bella recensione Paolo, in particolare il paragrafo finale è davvero il succo di tutto! Non condivido solo una cosa: a me "Long walk home" non sembra affatto un brano "banalotto", anzi penso che sia l'apice del disco, e musicalmente adoro l'assolo sporco di chitarra (alla 41shots) seguito da un grande Clarence! Inoltre Devil's Arcade,seppur ripetitiva, è un capolavoro dal punto di vista lirico!
Ciao

CARLO

carlomotta.blogspot.com

Anonymous said...

L'ho trovata per caso, link dopo link, ma devo dire che è davvero un'ottima recensione: le due cose che condivido maggiormente sono il colpo di fulmine per I'll work for your love e la profondità dei testi in generale.

Sempre per caso, penso di essere stato nella stessa scuola di kyle william (they called him ...), visto che dell'ottimo Musicco ho un gran ricordo ... :D

salutalo anche a me e complimenti!
Ciao
Eu

Kyle William said...

Anonimo EU, piccolo il mondo.
Ettore Majorana '87-'92.
Saremo stati mica in classe insieme ? Passa dai miei blog se hai piacere.
Paolo, grazie per ospitare questo siparietto.

Paolo Vites said...

adesso però vado a chiamare il professore così vi mette in riga :-)))

siete i benvenuti, of course

Anonymous said...

ciao gente, qui walter...
un veloce commento, dopodiché qualcosa di più "strutturato" lo trovate su www.risonanza.net (sempreccHè ve ne importi). Anyway: non so, non mi entusiasma. Un po' è quel che diceva una volta DeGregori: "non vorrete mica mettere springsteen con dylan?" Appunto. Che Bruce sia onesto, che si sia fatto un kulo così, non ci piove. Si è tirato fuori dalle secche paurose degli anni 90 a furia di darci dentro con l'acustica, ma.... Insomma, il disco c'è, ma per me è da 6.50.... Sarà....

jesus's inferno said...

ciao,

sono per caso arrivato sul tuo blog, e poi cliccando in giro ho trovato un tuo articolo con foto. Se non sbaglio per un periodo l'anno scorso siamo stati vicini di casa, io ero il ragazzo con il cane (benjamin). Sono come te appassionato di musica e mi dispiace che non ci siamo mai fermati a fare due chiacchere (magari su dylan).

Paolo Vites said...

ha! incredibile. da qualche parte su questo blog ho anche parlato di te, mi aveva inquietato che ascoltavi i miei stessi dischi, robe come the tallest man on earth. sul blog trovi la mia mail, fatti sentire che ci parliamo

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