Tuesday, February 05, 2008

"Io" è un altro


"La felicità non è reale se non è condivisa"

Into the Wild è stato una affascinante sorpresa. Mi capita di rado, con i film: in questo caso, non solo per gli splendidi scenari naturali che lo costituiscono in gran parte. Dopo aver visto sui titoli di coda che la storia era ispirata a un fatto vero, ho fatto alcune ricerche. Il film di Sean Penn (uno che deve avere una particolare ossessione per le storie che hanno a tema la perdita dei figli e il conseguente dramma dei genitori – questo ne è parzialmente ispirato, 3 giorni per la verità di cui anche era regista ne faceva il tema, ma anche 21 grammi di cui era il protagonista aveva questo terribile soggetto) è una libera adattazione della storia (vera) di Chris McCandless, giovane laureato che abbandona la società per ricercar se stesso nella natura selvaggia, ponendosi limiti estremi di sopravvivenza. Morirà di fame, senza neanche sapere che a pochi chilometri da dove si trovava c’era una autostrada perché non aveva con sé alcuna mappa (“Many Alaskans react with rage to his stupidity. You'd have to be a complete idiot, they say, to die of starvation in summer 20 miles off the Park's Highway” scriverà il giornale Anchorage Daily News all’indomani del ritrovamento del suo corpo).
Se a tratti il film (e le canzoni, peraltro musicalmente molto belle, di Eddie Vedder; una in particolare, Society, neppure scritta Vedder, delle altre piace il rimando al mistero insito nella natura - Society e Guaranteed sono state aggiunte al player in fondo al blog) sembrerebbe sottolineare soltanto la scelta “alternativa” di ribellione contro genitori malvagi e società consumistica, sottolineatura anarco-no global alquanto banale e scontata, altresì il regista è bravissimo a lasciar trasparire altri concetti.

Di fatto, nella sua fuga dalla realtà, il giovane protagonista è continuamente costretto a fare i conti con la realtà stessa, ad esempio la natura ostile (peraltro magistralmente descritta, in altri momenti, come la voce possente di "un altro", quella che più delle altre incontrate nella storia sembra suggerire al giovane che la vita non è una fuga, la voce più possente e la più inquietante, allo stesso tempo affascinante e spaventosa). Ma soprattutto gli incontri che fa di continuo, incontri in cui lui si lascia abbracciare con grande libertà, tranne sfuggirne all’ultimo momento. Ma saranno incontri che lasceranno un segno. Prima il simpatico agricoltore che gli offre lavoro, che si dimostra un affettuoso confidente; poi la coppia di hippie, che ammette candidamente che “essere un hippie non è tutto pace & amore”. Anzi. E che, perso loro stessi un figlio, rivedono in lui il figlio perduto, cercando di fargli capire quanto importante sia il rapporto figli-genitori. Quindi la ragazzina hippie che si innamora di lui e che gli si offre; con un atteggiamento quasi “monastico” (la figura stessa del protagonista ricorda in un certo modo gli antichi eremiti che fuggivano i rapporti carnali e la società) lui la rifiuta perché solo 16enne. Le propone in cambio di fare qualcosa d’altro insieme: cantare una canzone (Angel of Montgomery, di John Prine) durante le serate di festa della comune hippie dove si trovano. Come dire: costruiamo qualcosa insieme, invece di sciupare tutto.

Infine l’anziano ex ufficiale dei marines, che ha perso anch’egli la moglie e il figlio, e che commosso dal ragazzo gli chiede se possa adottarlo, non prima di avergli ricordato che “potrai avere dei problemi con la chiesa, ma ricordati che Dio ci ama tutti, così come siamo” (aggiungo con un po' di ritardo questo bellissimo passaggio, che Federico mi ha ricordato nei commenti a questo post, nella medesima scena: "Quando si perdona si ama, e quando si ama si é illuminati dalla luce di Dio." L'anziano Ron Franz (Hal Holbrook) al giovane Chrstopher McCandless (Emile Hirsch), in quel momento il cielo nuvoloso si apre e un raggio di sole li illumina).

Nella solitudine totale dei boschi dell’Alaska che lui aveva sognato lungamente, convinto di trovare l’autentica libertà, libero da ogni rapporto, libero da ogni regola e costrizione, ispirato dalle letture anarco-libertarie di Henry David Thoreau, e del suo scrittore favorito, Jack London, Chris capisce alla fine l’unica verità che conta: è attraverso i rapporti con “un altro” che ci definiamo come persone. La bellissima frase che scrive sul suo diario è il momento di ritrovata unità con il mondo: “La felicità non è reale se non è condivisa”. Troppo tardi, però. La natura lo ha imprigionato in quel finto mondo perfetto e non ne uscirà più.
I cacciatori che lo troveranno un paio di settimane dopo la morte, leggeranno questo drammatico biglietto fuori del bus in cui viveva (quello che si vede nel film è proprio quello dove McCandless aveva vissuto per mesi e trovato la morte, oggi meta di pellegrinaggio di molti giovani): "S.O.S. I need your help. I am injured, near death, and too weak to hike out of here. I am all alone, this is no joke. In the name of God, please remain to save me. I am out collecting berries close by and shall return this evening. Thank you, Chris McCandless. August?".

Non importa: le sue ultime parole saranno colme di gratitudine nei confronti della vita:
"I HAVE HAD A HAPPY LIFE AND THANK THE LORD. GOODBYE AND MAY GOD BLESS ALL!".

(Due immagini prese conl'autoscatto del vero Chris McCandless, vicino al "Magic Bus" dove venne trovato morto)

11 comments:

Spino said...

sono felice ti sia piaciuto.
Film immenso, personalmente ha acquistato ancora più spessore nei giorni successivi alla visione.
Ovviamente è stato quasi del tutto snobbato dall'academy...

Paolo Vites said...

sean penn come regista non mi delude mai - mi fa un po' ridere quando fa l'attore perché mi sembra una imitazione di al pacino, oppure un robert de niro de' noiartri...

Anonymous said...

Volevo andare a vederlo la settimana scorsa ma non ci sono riuscito, mi riprongo di andarci il prossimo week-end.
E sono estramamente contento di aver trovato questo blog (ti leggo ogni tanto sulla carta stampata)
Ciao!

Anonymous said...

scusa, ma non dovevamo andare insieme a vederlo?
mi hai lasciata a casa???
sempre gentile... :)))
claire

Anonymous said...

Claire, se vuoi ti accompagno volentieri io....

Anonymous said...

Scusa Paolo, ma ti devo correggere la citazione.
Hal Holbrook dice al protagonista (nella versione doppiata):
"C'è qualcosa di più grande, che tu non hai paura a chiamare Dio.
Ebbene figliolo, ricorda:
perdonare è amare, e quando noi amiamo la luce di Dio scende su di noi."
All'incirca, perchè l'ho visto ieri sera e cito a memoria.
Un abbraccio a un grande giornalista.
Federico

Anonymous said...

Ho trovato la citazione esatta:
"Quando si perdona si ama, e quando si ama si é illuminati dalla luce di Dio."


"When you forgive, you love. And when you love, God's light shines upon you."

L'anziano Ron Franz (Hal Holbrook) al giovane Chrstopher McCandless (Emile Hirsch), in quel momento il cielo nuvoloso si apre e un raggio di sole li illumina
INTO THE WILD (Into The Wild) di Sean Penn, 2007
Ciao Paolo.
Federico

Paolo Vites said...

grazie federico - quel pezzo che citi è bellissimo e lo ricordo anch'io - però anche quella frase che ho postato ("hai dei problemi con la chiesa etc ") è stata detta, tanto vero che quando ho sentito dire la parola "chiesa" in quel contesto ho fatto un salto così sulla poltrona...

grazie comunque dell'importante osservazione, adesso la aggiungo al post

Anonymous said...

chi sei, urbock? ci conosciamo???
claire

Anonymous said...

mi sa che vado con Davide una sera di sett prossima!
"io", è un altro... e in 'sti giorni pensavo che "io" è un dialogo! grazie a te
anna

ignazioserra said...

Visto, rivisto. C'è sempre da attingere da in to the wild. Come un albero che ogni anno offre di nuovo i suoi frutti, senza esaurirli mai.

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