Tuesday, November 11, 2008

This is the story of Glen Sherley

There are men here that don't ever worship
There are men here who scoff at the ones who pray
But I've got down on my knees in that greystone chapel
And I thank the Lord for helpin' me each day
Now there's greystone chapel here at Folsom
It has a touch of God's hand on ever stone
It's a flower of light in a field of darkness and it's givin' me the strenght to carry on
Inside the walls of prison my body may be but my Lord has set my soul free

(Greystone Chapel, Glen Sherley)

L'altra sera ho messo su distrattamente, per dovere di recensione, il dvd allegato alla nuova edizione di Folsom Prison Blues, il live di Johnny Cash registrato nel 1968 nella prigione di Folsom, uno dei grandi dischi della storia del rock. La nuova edizione ha un cd in più con il secondo concerto - inedito - e un dvd. Ok, figo, ma già sapevo che di quella leggendaria esibizione non esistevano filmati. Così comincio a vedere il dvd, la storia dei fatti, interviste, una - ennesima - storia di Cash... a un certo punto mi sono anche addormentato.

Mi sono risvegliato chissà perché quando si cominciava a parlare di Glen Sherley. Ricordavo vagamente che quella volta Cash eseguì una canzone scritta da un detenuto. Da quel momento non ho più potuto staccare gli occhi dal televisore, per seguire la drammatica storia di Glen Sherley, un detenuto per motivi poco chiari ("rapina a mano armata" dirà lui a un certo punto) che fece avere al cappellano di Folsom una sua composizione da dare a Cash. Questi, ascoltatala, la imparò la sera prima, colpito dalla sua bellezza; verso la fine del concerto, l'uomo in nero si avvicina al microfono: "Questa è la tua canzone, Glen" e attacca la sua Greystone Chapel. Sherley, all'oscuro, fa un balzo in piedi; Cash gli porge la mano, i due si incontrano e idealmente comincia una amicizia che avrà conseguenze profonde. La canzone è comunque un brano di un realismo terrificante: scritta da un prigioniero in uno dei peggiori carceri americani, è una preghiera di un uomo che solo nei mattoni grigi della cappella penitenziaria riesce a vedere uno straccio di salvezza.

Tre anni dopo,ancora in prigione, Sherley ha un altro suo brano portato al successo da un'altra country star, Eddie Arnold, con Portrait of a Woman. Cash, che nel frattempo è diventato un paladino della lotta per la riforma delle prigioni americane, lo ha preso a cuore, riconosce il suo talento e lo aiuta a registrare un intero disco, dal vivo, in prigione. Riesce anche a farlo uscire di galera, nel 1971: formidabili le immagini, nel dvd, di Cash che lo aspetta fuori di prigione.

La storia viene poi raccontata dai figli di Sherley, con immagini di concerti di un uomo che sembra aver ritrovato la redenzione. Partecipa a diversi tour con Cash, è un uomo nuovo. Ma il music business si rivela troppo duro per uno che in prigione ha visto chissà quale inferno. Il demonio torna a bussare alla sua porta, riesplode il suo lato violento, la droga è l'unico modo per lenire l'angoscia che lo assedia e si allontana da tutti, anche i figli lo sfuggono. Sparisce, nel mistero. L'11 maggio 1978 la figlia riceve una telefonata. "Mio padre è morto, vero?" dice lei. "Sì, si è ucciso".
Nel dvd si vede la donna, per ironia della sorte oggi poliziotto, aprire per la prima volta il certificato di morte del padre "Morto per colpo di pistola alla testa". Aveva solo 42 anni, ma già nelle immagini di dieci anni prima con Johnny Cash a Folsom, nel 1968, sembra un uomo molto più vecchio. Negli ultimi tempi per vivere dava da mangiare alle vacche, dicono che ne nutriva anche diecimila al giorno. Ma quel demonio che aveva segnato la sua vita lo aveva seguito da Folsom fino a là,senza lasciargli scampo.

Cash avrebbe accusato il colpo. Non avrebbe più fatto concerti nei carceri. Come dice il chitarrista Marty Stuart nel dvd a proposito dello stesso Cash, di Elvis, Jerry Lee, Carl Perkins, "questi uomini erano una sorta di predicatori mancati. Avrebbero salvato molte vite se non avessero preso la strada del rock'n'roll". O magari ne hanno salvate altre lo stesso.
Ci sono due lati per ogni storia, e questa era quella di Glen Sherley, che scrisse Greystone Chapel.

8 comments:

Anonymous said...

sapevo la storia dei concerti nelle prigioni di Cash, e del suo impegno per le stesse.
non conoscevo invece la storia di quest'uomo: mi ha colpito, ora approfondisco

Scrivi [Cash, di Elvis, Jerry Lee, Carl Perkins, "questi uomini erano una sorta di predicatori mancati. Avrebbero salvato molte vite se non avessero preso la strada del rock'n'roll". O magari ne hanno salvate altre lo stesso.]

e rifletto: non tanto lontano il concetto di fondo dal tuo post sull'impegno politico degli artisti, ci sarebbe da parlare per ore e o milioni di righe

intanto approfondisco, grazie, come al solito risvegli qualcosa in chi legge

Luca Skywalker (col violino in mano!)

Maurizio Pratelli said...

Ho visto il dvd e apprezzo molto il tuo post. Ora è usito anche il dvd Cash for Kenya. Un concerto, in questo caso, con cui appoggia proprio un predicatore, reverendo Jack Shaw che voleva costruire un ospedale.

The Boogie Ramblers said...

Bella storia Paolo,
questo blog è una bella area di servizio.

ciocco72 said...

Procurati il fumetto:
Cash :I see a darkness di Reinhard Kleist della Black velvet 2007

ottimo per lo stile narrativo(http://www.blackvelveteditrice.com/) e ben piu' profondo del film.

Fausto Leali said...

"ci sono due lati per ogni storia e questa era quella di Glen Shirley..."
e il tuo racconto l'ha resa affascinante, come solo tu sei capace di fare.
Thanks once again.

Emanuele said...

...quanto mi piacciono i tuoi interventi Paolo! Concordo che il fumetto su Johnny Cash è di gran lunga superiore al film, da avere sicuramente.
Emanuele

Anonymous said...

good start

Anonymous said...

Si, probabilmente lo e

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