Tuesday, April 28, 2009

Fumo di Londra

“What’s real, Paolo?”, mi dice Grania, lo sguardo pieno di malinconia. L’ amica che mi ha ospitato nella sua casa di Londra mi ha appena detto di avere 62 anni, io gliene dava al massimo 50 e qualcuno in più. Grania, che quando uscì Sgt. Pepper’s dei Beatles aveva vent’anni. Grania, che ha vissuto appieno la Swinging London e che dice era una “hippie” che andava al lavoro con “i fiori nei capelli”.
Qui, nella zona di Hammersmith, a pochi metri dalle rive del Tamigi, tra casette linde e alberi verdi, il tempo si è un po’ fermato. Grania vive con l’ex marito e il suo nuovo compagno, il mio amico Nigel. E la mamma di 93 anni. Ognuno si prende cura dell’altro. Qualcosa, allora, di quell’epoca “pace & amore” non era solo utopia. Le cose che contano davvero, volersi bene, possono sopravvivere anche in questa epoca di cinismo.

Pioggia fredda, cold rain out on my face. Mattina presto, molto presto, per le strade di Soho. I pub chiusi, poca gente in giro, per le stradine che erano il cuore di quella Swinging London. In Soho Square c’è la chiesetta cattolica dove mi ero imbattuto un paio di anni fa, mentre aspettavo di andare a intervistare Shawn Colvin. Mi ci infilo anche questa volta. Ci saranno dentro mezza dozzina di homeless che dormono indisturbati sulle panche. Il silenzio è tutto, qua dentro. Da qualche parte, Ralph McTell canta ancora le strade di Londra: “Have you seen the old man outside the seaman's mission… So how can you tell me you're lonely, and say for you that the sun don't shine?”.
Accendo una candela a Santa Teresa del Bambino e torno verso un piccolo bar che avevo intravisto poco prima, gestito da una coppia di ragazzi russi. Ma che sanno preparare un perfetto “full english breakfast”: “Have a nice day, boy”, mi dice lei dolcemente quando pago il mio conto e torno a prendere la fredda pioggia di Londra sulla faccia. Prego che la pioggia cancelli tutti i miei peccati, se possibile. Mi dispiace Ralph, ma oggi mi sento solo e il sole, no, non splende.

Ma splendeva ieri, in una giornata di primaverile tepore che i londinesi raramente vedono. Camden Town, alla domenica, pullula di centinaia di persone, tutte a spasso e tutte dirette verso il famoso mercatino locale. Noi, caracollando di pub in pub, ci stiamo invece dirigendo verso la leggendaria Roundhouse: qui, nel 1968, si esibì Jim Morrison con i suoi Doors. E poi tutti, dai Jefferson Airplane agli Who e Jimi Hendrix. Le mura lanciano vibrazioni immortali.
Molte birre dopo, mi avvio per entrarci anche io, a sfidare la storia del rock che qui ha vissuto la sua golden age, e che stasera tenta di offrire uno scampolo di ricordi, quando Bob Dylan vi salirà per la prima volta sul palco, di fronte a 1800 spettatori.
Che siamo in Inghilterra, si capisce dall’ordinatissima (e lunghissima) fila di persone che con naturalezza si mette in coda: quando uno fa il furbetto e si infila poco prima dell’ingresso, un tipo della security lo blocca immediatamente e lo rimanda in fondo a tutti. Un po’ come succede in Italia.
Ma che siamo in Inghilterra, e a Londra, lo capisco quando vado a prendere il mio posto numerato nel second circle, sopra alla platea che si accalca davanti al palco. Viene a sedersi nella fila davanti a me, due poltroncine più a destra, Bill Wyman, l’uomo che con Mick Jagger, Keith Richards e Brian Jones diede inizio all’avventura della più grande rock’n’roll band del mondo, nel lontano 1962. 70 anni, ma sempre uguale, immancabile frangetta sugli occhi e splendida ragazza bionda al suo fianco pure.
Qualche minuto dopo lo vedo agitarsi e chiamare “Hey thats Roger! Roger!”. Si alza e va a salutare un amico che si sta sedendo due file sotto di me, un po’ a sinistra. Roger Daltrey, cantante degli Who. Che sembra un californiano palestrato. E meno male che 40 anni fa cantava “spero di morire prima di diventare vecchio”.
I due parlottano qualche minuto, e nessuno che rompa loro le palle con richieste di autografi, foto o quant’altro. D’altro canto siamo a Londra, e queste cose succedono da quarant’anni.

La visuale da qua è magnifica, il sound pure. Cerco sul palco il fantasma di Jimi Hendrix, invece arriva lo Zorro del rock’n’roll, Bob Dylan. Tutti ci aspettiamo almeno qualche brano del nuovo disco, o qualche sorpresina tipo quando a Londra due o tre anni fa intonò London Calling. Invece no, sarà solo uno dei tanti show del Never Ending Tour, uguale a ogni altro. Cominciato molto bene, devo dire, con una rovente Leopard skin pill box hat, memore di quei giorni del 1966 quando Bob Dylan metteva a ferro e fuoco l’Inghilterra con il più grande rock show di tutti i tempi. Seguita da un dolce e folk Don’ Think Twice, Its Alright.
Invece il concerto si trasforma (dopo una orripilante Tangled up in blue che casca a pezzi da ogni parte) in uno showcase di Love and Theft: forse Bob non si ricorda più qual è esattamente il disco che deve presentare e in che anno siamo: ben sei pezzi da quel disco, compresa una imbarazzante Tweedle Dee, una inutile Summer Days (ah, i giorni di Freddy Koella) e una soporifera Po’ Boy.

Inserto (scambio di ms con il mio amico Mike, che è volato apposta da Ottawa, Canada, per questo show, e che si trova giù in platea):
Mike: “Where are the new songs?”
Io: “In his ass”.
Mike: “Amen to that. Hey... TWEEDLE???... Po’ Boy? Jesus Christ make it stop!”.

Quando partono le note immortali della più grande canzone di tutti i tempi, vedo finalmente Bill Wyman avere un sussulto. Ce lo ho anche io, anche se l’esecuzione non è granché: ehi, sto ascoltando Like a Rolling Stone insieme a uno dei Rolling Stones. How cool is that (oh e Bob finalmente si ricorda di essere a Londra quando, presentando Stu Kimball, accenna alla nota Rehab di Amy Winehouse, canticchiando il "leggendario" ritornello "No no no"...).

C’era anche Grania, stasera, ed è felice perché ha passato un paio d’ore “insieme a Bob”. Il mio amico Mike invece ha già dimenticato la delusione per il concerto di Dylan. Lo vedo in mezzo alla strada che urla “I MET DALTREY! I SPOKE WITH ROGER FUCKIN DALTREY! WHO GIVES A SHIT ABOUT BOB DYLAN!” (se non si fosse capito, Mike è un grande fan degli Who).
Tornato dalla mia passeggiata nella pioggia di Soho, preparo le valigie, guardo un’ultima volta Magic, the London Cat che è stato sul mio letto negli ultimi tre giorni. Mi viene in mente una vecchia poesia di Cicely M. Baker, The song of the Rose Fairy: “Words can never tell half of the beauty of a Rose... what a delight to be Fairy of the Rose”. Sono fortunato, ne ho conosciute di rose nella mia vita.
What’s real, Grania?

26 comments:

Luca said...

«ehi, sto ascoltando Like a Rolling Stone insieme a uno dei Rolling Stones. How cool is that».

Ah ah ah!!! :-D)

antonio lillo said...

mi hai messo addosso una malinconia!!! ma che bel pezzo...

silvano said...

Bello ci hai fatto respirare l'aria di Londra, le sue atmosfere.
Gli Who, Bill Wyman, non frequentassi il tuo blog con assiduità penserei che hai scritto una sceneggiatura per il cinema, per "when we were young". Fantastica l'atmosfera. Il concerto mi par di capire un po' meno. Io l'ho visto una decina di giorni di fa a Firenze, ma non faccio testo era il mio primo Dylan dal vivo...un po' mi vergogno di fronte ad un esperto come te.
Comunque ancora grazie per il bel post. Stay Rock Paolo.
ciao.

Fausto Leali said...

La poesia di una foggy London sempre affascinante addolcisce la delusione per un Dylan misteriosamente sempre più deludente....
Sei stato anche troppo generoso.

Stefano said...

Solo ieri ho ascoltato il nuovo disco di Bob.Ok! non disco ma cd (e' che io classe anni 60 ci sono nato con il vinile)volevo riportarvi alcune mie considerazioni:
**
Ho ascoltato il nuovo album di Bob.
Mentre scrivo sto ascoltando It's All Good. In poche parole i fans di Dylan secondo me potevano farne a meno di questo disco compreso il sottoscritto.
Nell'insieme suona tutto bene ma manca Bob Dylan , e' come se ci fosse un fantasma al suo posto, c'e' la sua voce arrochita ma non c'e colui che ha scritto cio' che ha scritto e cantato cio' che ha cantato,manca il verbo dylaniano, non quello del messia ma quello musicale, manca la novita'.
Ho letto da qualche parte che il disco Time out of Mind e' stato l'ultimo ruggito del leone Dylan e io aggiungo dopo di che dal 1997 ad ora il fantasma di Dylan si aggira in modo misterioso e oscuro, in modo indecifrabile sulla testa dei fan dylaniani.
Mi sono piaciute due o tre song dell'album.
La title track Beyond here lies Nothin', la Forgetful Heart che sembra figlia di Man in a Long Black Coat o Ain't Talkin ma che comunque rimane una perla nell'intero ultimo lavoro e per ultima It's all Good.
Spero che si chiuda con questo cd la solita triologia e se ne apra un altra. Ma ho l'impressione che il cerchio si stia chiudendo.
Not dark Yet recita in una song Mr. Dylan forse ci siamo quasi?

Interessante l'intervista nel dvd di Roy Silver anche se non ho capito cosa c'entra con il tutto!
Interessante perche' mentre Dylan nell'intervista parla di Roy come di uno "scroccone" pronto a guadagnare.....(perche' Grossman?....) dicendolo con un mezzo sorriso da presa in giro,Roy parla di Dylan da fan di Dylan , da uno che ammira Dylan e che ama Dylan e che dice di scoppiare a piangere all'ascolto di Blowin' in the Wind.Tanto che dopo pochi versi che legge la song e' costretto a fermarsi per l'emozione e non prosegue.

Skywalkerboh said...

beh,
l'altro concerto ti aveva deluso, ma sei andato di nuovo: hai fatto bene :)


Luca Skywalker sognante

anna said...

bentornato ramblin gambler!
cold rain, rain, rain...

(anche a me sarebbe piaciuto scoprire che queste figure non sono di cartoncino, guardarle negli occhi... vederci qualcosa, che si portano dietro, dei loro anni di vita, di storia, di cose che han visto... sicuro ci sono dei tesori nascosti...)

silvano said...

Non ho ancora comprato l'ultimo album di Dylan, quindi su quello me ne sto zitto. Se posso vorrei invece farei un' osservazione sul mare di critiche e stroncature che si prende Dylan ultimamente: lo trovo ingeneroso ed ingiusto. Ma come si fa a pretendere che uno che suona da quasi 50 anni faccia ancora degli album freschi come quando di anni ne aveva 20? L'uomo è cambiato e gli è cambiato il mondo attorno. Sarebbe un mostro riuscisse ancora a produrre capolavori o a scrivere oggi Like a Rolling Stones (fisiologicamente mancano vigore e rabbia). Quando sento queste critiche mi sembra di sentire gli sprigsteeniani che si lamentano perchè il Boss non riesce più a scrivere un nuovo Born To Run. Che senso avrebbe? Di cosa ci si meraviglia? Al concerto di Firenze Dylan ha chiuso con "Blowin' in the Wind", in una versione valzerino e organetto da barbone che chiede la carità per strada (mancava giusto la scimmietta che passava tra il pubblico a riscuotere), eppure personalmente, me ne intenderò anche poco, ma l'ho trovata notevole se non geniale e comunque scioccante. Scioccante perchè dopo averla cantata per più di 40 anni, quasi 50, in che altro modo potrebbe proporla? Può in onestà credere ancora che con una canzone si possa cambiare il mondo? Ovviamente no, eppure la canzone ha ancora le sue domande tutte attuali e tutte inevase, cambia solo il tono in cui la canta, perchè ormai non può constatare altro che quelle domande rimarranno senza risposta. Il pubblico al concerto l'ha percepito questo, ha percepito che quello era l'unico modo per ricantarla per darle ancora attualità. Ripeto, non sono un esperto di Dylan ma l'ho trovato ancora grande e, contemporaneamente, dimesso...volutamente dimesso (scelta estetica o necesità?).
Se così non fosse che risposta c'è alla domanda: "Ma perchè ancora suona? Perchè fa concerti?", non credo sia per i soldi, nè per la gloria o la fama, credo sia perchè ha ancora delle cose da dire. Chissà forse lo apprezzeremo col tempo, di solito i geni precorrono i tempi e non vengono capiti dai loro contemporanei.
ciao, silvano.

Maurizio Pratelli said...

chettifrega di dylan, durante il concerto potevi metterti anche in cuffia con il suo ultimo disco, che poi non è nemmeno male. però contava tutto il resto e per tutto il resto che voglia, caro amico, di mandarti.... l'invidia.....

Stefano said...

Vorrei aggiungere.
Il fatto e' che Bob Dylan e' un mistero!Ci scommetto che e' un mistero anche per Paolo (ti do' del tu Paolo ma ci conosciamo dai tempi della Rolling Thunder fanzine)che se gli poni esattamente la domanda perche' ancora suona e perche' suona in quel modo non e' dato a saperlo,non ci e' dato saperlo,si pensa all'eta',si pensa all'artrite ma non c'e' nessun giornalista fino ora che gli fa' queste domande.Perche'?
Perche' questa uscita con un disco in cui i testi non sono suoi e nemmeno la voce e' piu' la sua? Perche'?
Dylan e' sempre stato un mistero dai tempi di Hammond "la follia di Hammond" e ancora continua ad essere un mistero secondo me.
A volte sul palco sembra un dilettante quando invece non lo e'.A volte dico possibile?

Laura said...

di tutto il pezzo ti ringrazio soprattutto per aver ricordato ralph mc tell
'quella' canzone mi ha toccato il cuore, tanti anni fa

Anonymous said...

Londra, Roger, Bill e Bob....e io a preparare panini!! T'invidio veramente, con affetto, Marcello

laritorna said...

Ho visto qualche anno fa un Chuck Berry al Primo maggio. MI venne da piangere, pensando ai bei tempi di quel grande manipolatore del r'n'r. Una figura vecchia, imbolsita, incapace di cambiare accordi sulla sua chitarra. Pnso che arrivi per tutti il momento del dignitoso silenzio, un momento nel quale, quaranta anni di carriera possono dare l'incipit ad una meditazione sul proprio operato , tanto lunga da durare, fino al giorno della propria morte. Non possiamo pretendere da Dylan una vena creativa infinita. Probabilmente non ha più niente da dire, perchè "the times are changed". Non mi piace invecchiare insieme agli artisti che amo, ma non amo stare sempre lì a farmi le pippe sui bei tempi andati. Gli Who nella loro ultima tournè senza Entwistle erano penosi e demolivano tutto quello che avevano costruito in anni di carriera ( Non avevano più niente da dire dai tempi di "It's Hard" e forse di "Who are you". Teniamoli nei nostri più cari ricordi senza farci male questi "vecchi". Wyman è un grande perchè ha lasciato ( e forse lo ha fatto anche troppo tardi). Adesso dovrebbe toccare a Van Morrison...

Il Grillo Cantante said...

Bentornato, pure con l'hang-fuckin-over!!! full london experience...
a presto!

I see my light come shining
From the west unto the east.
Any day now, any day now,
I shall be released.

antonio lillo said...

qui c'è una bella diatriba in corso... anch'io sono d'accordo, come silvano, che dopo tanti anni sia impossibile (e inutile) per dylan ripetersi... il punto è se debba dignitosamente ritirarsi per lasciarci il bel ricordo di ciò che è stato (l'opera d'arte perfetta! e un concetto molto molto europeo!) o continuare a vivere e fare l'unica cosa che a quanto pare gli piace fare, cioè andare in giro e suonare (come qualsiasi anonimo bluesman, anche se lui anonimo purtroppo non lo è, che poi è una cosa molto più americana)... insomma è una lotta fra egoismi, quello nostro di fan, che vorremmo l'opera d'arte perfetta per crogiolarci sempre nella sua Perfezione, oppure l'egoismo di dylan che per fare quello che gli piace ci impone la sua decrepitudine (parola cara a montale)... chi ha ragione? boh?

l'unica cosa certa è che dylan ha scelto già molto tempo fa, anche per noi:

"but me, i'm still on the road, headin' for another joint..."

e in fondo anche questa è arte! diciamo una forma di performance che va oltre la musica e passa direttamente per la vita...

Paolo Vites said...

il problema è di facilissima soluzione: fai quello che vuoi, ma fallo bene

se dylan domani decide di darsi all'hip hop e farsi accompagnare da un gruppo di rapper, benissimo. però devi fare della buona musica hip hop

quella che bob dylan dal vivo fa oggi è musica brutta e suonata malissimo

tutto qua

silvano said...

Ehehehe, la passione ed i grandi amori più o meno traditi o finiti fan discutere alla grande. Bello vedere ancora oggi tutta questa passione per la musica, sembra di essere nei settanta a litigare sul gruppo migliore, sul miglior assolo, su meglio i Led Zeppelin o i Deep Purple?. Mi fa essere meno pessimista.
ciao.

Paolo Vites said...

o se è meglio l'inter o la juve

silvano said...

Già...cmq l''inter se è per quello.

;))

Stefano said...

La butto li' da ex-juventino.:)
..
Meglio la Juve di "e ancora mi ricordo la squadra a memoria":
Zoff, Gentile, Cuccureddu o Cabrini, Furino, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Boninsegna, Benetti, Bettega.
Ma anche quella con il Francese Platini' e il Polacco Zibgnew Boniek era grande!
Ora non saprei....un po' come Bobby!

:)

Francis the talking mule said...

WOW. ThanX.

antonio lillo said...

meglio i beatles (quelli sì che erano dubbi amletici!), i led zeppelin e l'inter!

e per dylan, ma in fondo che ne sappiamo che fra due giorni non ci tira fuori un nuovo coniglio dal cilindro? (se non l'ha già tirato fuori e noi magari nemmeno lo sappiamo! vi ricordate cosa scrivevano di lui i giornali negli anni '80? e intanto quello fesso fesso scriveva blid willie mctell, dignity e bronswille girl!!! porca paletta!)

Fausto Leali said...

meglio il milan di van basten, gullit e rijkaard

:-))

laritorna said...

Meglio la figa...

Skywalkerboh said...

meglio la buona musica: e Dylan è quello che ne ha fatto di più di tutti, come quantità e qualità

Luca Skywalker

SOAVE ALLEGRO RISOLUTO said...

bellooooooooooooooooooooooooooooooo

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“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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