Quel posto non è più stato lo stesso. Dopo che la banda dei fratelli Felice passò di lì, Corso Ripamonti, estrema periferia devastata di Milano, era come la strada che porta alle Catskill Mountains, e la piccola Casa 139 era Big Pink.
Amo The Felice Brothers, e chi non fa lo stesso? Solo chi non li conosce e non li ha visti dal vivo. I dischi sono belli, ma non abbastanza come le loro esibizioni live.
Simone, il batterista-cantante-scrittore, in piedi sullo sgabello che con le bacchette della batteria inneggia ai fantasmi della repubblica invisibile mentre i fratelli saltano, urlano, si dimenano cantando storie di morte e resurrezione. È tutto qua, e io non ho davvero bisogno di altro.
Yonder Is The Clock, il loro nuovo disco, è bello assai. Ma non come un loro concerto e chissà quando li rivedremo dal vivo. Intanto Simone mi scrive alcune righe via mail, mentre il medicine show dei Felice Bros gira l’America:
“Chiunque pensi di essere migliore o più figo degli altri solo perché si mette vestiti bizzarri e corre in giro per un palcoscenico come un deficiente per alcune ore ogni sera è un idiota. Il solo motivo per cui mangio, guido e bevo whisky è perché c’è gente che viene ai nostri concerti e compra i nostri dischi. Non stiamo diventando ricchi, ma almeno non dobbiamo andare a lavorare. Dobbiamo tutto ai fan, per cui diamo loro tutto quello che possiamo ogni volta che ci esibiamo. Quando la musica comincia, si forma una comunità, la gente si ubriaca un po’ e comincia a ballare e a divertirsi. Improvvisamente, tutti i presenti hanno qualcosa in comune e questo include anche noi. È una cosa meravigliosa farne parte”.
“Alla fine dobbiamo tutti morire. Ogni nostra canzone, direttamente o meno, ha a che fare con la nostra mortalità. La morte è una cosa triste e spaventosa quando ci pensi e quando ne parli. Quando ti guardi allo specchio al mattino, stai guardando una persona che sta morendo e alcuni sono più vicini alla morte di altri. Ma la morte è anche una cosa meravigliosa e il viaggio dalla vita alla morte è una cosa misteriosa, bellissima e interessante. Ecco cosa sono le nostre canzoni: qualcosa di gioioso nel loro mistero”.
(Intervista completa sul prossimo Jam)
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5 comments:
son quelle corde che legano il cuore al cielo
un po' tutte, Sailor song, Katie Dear fanno venire una nostalgia... sarà per il mare... forse per questo li ho sentiti fratelli miei dalla prima volta
fa sapere quando torneranno
li cercherò in concerto. che sono a corto.
devi prendere un jet
io c'ero alla casa 139 quella sera!!
li ho ascoltati, li ho salutati, ne ho parlato in giro, ho persino scritto di loro... ma adesso che vado a ny non è che li becco in giro?
speriamo!
ah, grazie ancora paul
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