Saturday, September 26, 2009

Ghosts upon the road

"I'm driftin' away
Down a long dark highway
I looked back once
I can't look anymore
And if you find me
On some lonesome shore
You wouldn't have to look for more"

(Driftin' Away, Eric Andersen)

Ehi Eric, ho ricevuto una e-mail l'altro giorno. Sai quelle robe che si usano oggi per dirsi le cose. Che se però non apri il computer non saprai mai cosa ti volevano dire. Magari era il messaggio che aspettavi da tutta la vita, ma lo scoprirai troppo tardi. Ehi, amico, dicono che verrai a suonare a Milano fra qualche giorno. E come potrei mancare con tutto quello che abbiamo passato insieme. E soprattutto come potrei rinunciare alle tue canzoni. L'ha detto il tuo amico Bob Dylan, in fondo, che sei uno dei migliori autori di ballate. E io amo le ballate, quelle tristi. E nessuno ti batte in questo.


Ehi amico, mi è venuta in mente quella notte che tornavamo da un concerto, a casa di Dio come al solito, ma con te si andava sempre in cerca della casa di Dio. C'era anche il tuo amico Bob Neuwirth: certo che sentirvi spettegolare di Joan Baez fu impagabile ("Ma a te è mai piaciuta Joan?". "A me no". "Neanche a me"). Era notte fonda e a un certo punto ti mettesti a gridare angosciato che dovevamo fermarci immediatamente. Vedevi fiori lungo il ciglio della strada. Fiori dappertutto. E' un segno, dicesti, qualcuno sta per morire.

E tu di amici che sono andati via per sempre ne hai avuti. Tanti. Anche io. E' il prezzo che si paga a vivere sulla strada, e di strada ne abbiamo fatta io e te. Come Townes Van Zandt. Mi ricordo ancora quando me lo presentasti. Ero entrato nel vostro camerino, c'erano bottiglie di grappa e vino dappertutto. Ti alzasti e gentilmente prendesti Townes per la mano, che da solo poverino faceva fatica a stare in piedi. Mi presentasti a lui in gran spolvero, "Questo è Paolo, scrive per importanti music magazines, sai del livello di Rolling Stone". E certo, on the fucking cover of the fucking Rolling Stone, come si diceva negli anni 70. Tu non ci sei mai finito, Eric, sulla copertina di Rolling Stone, quando ci finivano cialtroni che non se lo meritavano. E io, ma che giornalista, sono sempre stato solo una brutta imitazione di quelli veri.
Ehi Eric, ti ricordi quando stavamo alzati tutta la notte a casa mia, manco il computer usavamo. Una vecchia macchina da scrivere per buttare gù poesie e storie improbabili. Tu mi dicevi di leggerti la traduzione, dicevi che leggevo bene, che nella mia voce c'era il ritmo della musica. Dicevi continuamente, mentre accendevi una sigaretta, tiravi due boccate, l'appoggiavi al portacenere e senza neanche spegnerla ne accendevi subito un'altra: "Amo Milano, c'è la stessa energia che si respira a New York". Sarà, pensavo, ma se guardavo fuori dalla finestra non vedevo certo il panorama di downtown Manhattan. O del Village.

E quella volta che siamo andati in Duomo. A registrare un po'di spoken word. Che ridere. Ricordo che attaccasti a leggere la tua Sex with You, sesso con te, mentre il prete sull'altare alzava l'Eucarestia. Che tempismo pensai. Devo avere ancora quei nastri da qualche parte. Che meraviglia l'organo in sottofondo e la tua voce calda che declama. Ti ricordi quella notte, notte fonda, fuori del tuo albergo. Io, quindici anni fa, con gli stessi problemi che mi tiro addosso ancora oggi, che ti parlavo. Tu che rispondevi, come potete fare solo voi americani, perché sì, si possono anche fare le traduzioni, ma non è la stessa cosa. Per voi le canzoni sono davvero la vita. Tu che mi dicevi scrollando le spalle e guardando nel grande buio: "Strike another match, go start a-new". Mi sa che quel fiammifero non l'ho ancora acceso, Eric. Va bene lo stesso? It's life and life only, in fondo. And I'm bleeding.

Così stasera son venuto a sentirti ancora una volta. Quando è stata la prima volta, qundici o più anni fa? Ricordo quando ci incontrammo. Entrasti nel salotto di quegli amici senza avviso. Dio come è alto pensai. I lunghi capelli sul viso e sulle spalle. Ci credo che le donne lo chiamavano handsome devil, da giovane. E' meglio di Brad Pitt anche adesso che ha 50 anni. Adesso di anni ne hai 66 e sei proprio il ritratto di Dorian Gray, cazzo. Ti odio. No, è solo invidia. Sul palco con te a cantare c'è la tua nuova mogliettina. Ho perso il conto: è la numero cinque o la numero sei? Ma perché ti devi risposare ogni volta Eric, tanto lo sai come va a finire. No non lo sai come andrà a finire ogni volta, dici.
Ti sento cantare Moonchild River Song, Sheila, e tutto ha un senso. Mi hai sempre detto, l'importante è combattere fino in fondo la buona battaglia, il resto non conta. Non lo so Eric. Io non ho più voglia di combattere battaglie. "Stai andando in pensione dalla vita?" mi chiedi. Uh hai ragione. Dalla vita non ci si può astenere. Forse la buona battaglia è la vita stessa. Ma vederti ancora una volta sul palco è la cosa più sensata del mondo, stanotte.
Questa notte che torno a casa appena prima che scoppi un'acquazzone bastardo. Mi affaccio alla finestra per l'ultima sigaretta e no, neanche stanotte lì fuori ci sono le luci di Manhattan. Per metà del concerto hai continuato a fare il mio nome, ringraziando. Non dovevi, non importava, ma grazie a te. Ricordo quella notte, anzi era già l'alba, anni fa. Nell'unico bar aperto in centro a Milano poche ore prima di portarti in aeroporto. "Back to the real life", dicesti. Si torna alla vita reale. Forse è questo il problema. Ci ubriachiamo di sogni e canzoni per vivere una vita che poi non è la realtà. Ma poi la vita stessa ci costringe sempre a tornare alla realtà, back to the real life, che ci piaccia o no.
Guardo fuori della finestra e vedo fantasmi. Ghosts upon the road. Forse stanotte un di loro verrà a prendermi e portarmi via. Ci sarà un altro a combattere la battaglia al posto mio. Io torno alla vita reale. Qualunque essa sia. Ma tu non smettere di cantare le tue ballate, Eric: "I love to sing my ballads but they want me to rock'n'roll". Sei il migliore, in quello. E non solo.

(La foto in concerto è di Mariella Scarpelli; quella mia con Eric di Clara Zambetti)

7 comments:

Maurizio Pratelli said...

questo è un signore vero. come vero, nell'accezione più nobile del termine, è il tuo racconto, caro paolo. Eric l'ho visto suonare in posti in cui tanti nostri cialtroni, come li chiami tu, non sarebbero nemmeno entrati. Lui chiedeva solo di essere ascoltato.
E adesso non posso fare a meno di riascoltare almeno ghost upon the road.

ciciuxs said...

ho avuto la fortuna di incontrarlo la prima volta allo Speakeasy al Village, 1992. La sera dopo nello stesso locale c'era Townes Van Zandt non ancora completamente disfatto come quando venne in Italia. Spettatori una decina per sera ma entrambi fecero due set per me indimenticabili ed accolsero gli italiani come se fossimo noi le stars. Era il mio primo viaggio negli States, i miei primi concerti a NY ed incontravo due dei cantautori più amati della mia adolescenza, due serate indimenticabili. Beh dopo everti letto ora 'devo' mettere sul piatto Be True To You giusto perchè Blue River già lo ascolto un giorno si ed uno no.

Paolo Vites said...

Io invece vado di Memory of the Future. Vediamo se riusciamo a fare la top ten dei suoi dischi migliori

anna said...

ciao Paolo, l'ho conosciuto? gli ho solo stretto la mano e gli ho guardato dentro gli occhi: c'era un fiume profondo... poi ho cono sciuto le sue bellate.
sempre, sempre grazie a te

p.s. Clara sei la migliore

Frank the mule. said...

MITICO. MITICO. MITICO.

Anonymous said...

scusa l'OT ma questa l'hai vista?

http://www.rockol.it/news-103151/Bruce-Springsteen-esegue-tre-album-per-intero-ai-concerti-al-Giants-Stadium

saluti. Giova

Laura said...

visto e sentito ieri
e sono tornata qui, a gustarmi di nuovo le tue emozioni
così diverse per esperienze, ma così simili per intensità alle mie.

ieri ti cercava, e quando gli abbiamo detto che eri raffreddato è parso sinceramente deluso.
bello, ho pensato, che ci sia gente come lui a prendersene cura.

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