Friday, March 19, 2010

Rock'n'Roll is here to stay

Won’t you let me walk you home from school
Won’t you let me meet you at the pool
Maybe Friday I can
get tickets for the dance
and I’ll take you
Won’t you tell your dad, “Get off my back”
Tell him what we said ‘bout ‘Paint It Black’
Rock ‘n Roll is here to stay
Come inside where it’s okay
And I’ll shake you.
Won’t you tell me what you’re thinking of
Would you be an outlaw for my love
If it’s so, well, let me know
If it’s “no”, well, I can go
I won’t make you

(Thirteen, Big Star)



"The great Alex Chilton is gone — folk troubadour, blues shouter, master singer, songwriter and guitarist. Someone should write a tune about him. Then again, nah, that would be impossible. Or just plain stupid"
(Paul Westerberg)

Sono stato abbastanza fortunato da vederlo, almeno una volta, seppur per una sola canzone. Alex Chilton era parte di quel gran bel cast (Marianne Faithfull, Beth Orton, Jarvis Cocker, Badly Drawn Boy, Russel Mael degli Sparks, Peter Murphy, Robyn Hitchcock e i Residents) che tre anni fa, nell'orrida cornice della Fiera di Rho a Milano, pagò tributo a Sgt Peppers dei Beatles nel quarantennale della sua pubblicazione. Non fu un gran concerto, a parte la divina Beth - ma io sono di parte - e anche Alex Chilton fu appena passabile, nel tentativo di far sua Fixing a Hole.
Che è un titolo, adesso che Alex Chilton se n'è andato, stroncato due giorni fa da un infarto a New Orleans dove viveva, inquietante e indicativo. Erano anni che il geniale leader dei Box Tops e poi degli straordinari Big Star si stava preparando un buco nero. Quello del suo mal di vivere. Adesso Alex Chilton è davvero quella "big star" che splende nel firmamento del rock'n'roll, dove ambiva di essere con la sua musica. Eh no, rock ‘n Roll is here to stay non l'ha inventato Neil Young.



Tre dischi, con quella band, di cui uno uscito praticamente a gruppo già disciolto. Tre dischi ai tempi passati inosservati, un po' come quelli dei Velvet Underground, ma che come i dischi dei Velvet Underground nei decenni a seguire hanno influenzato quasi ogni gruppo rock che è andato a formarsi. Basti pensare ai primi R.E.M. o ai Replacements o anche Jesus and Mary Chain.
I Big Star stessi erano un anello di congiunzione fra band gloriose come i Byrds, i Beatles e il rock delgi anni 70. Canzoni che ti fanno veramente chiedere "do you believe in magic?" e a cui puoi rispondere, mentre le ascolti, "hell yes, I believe in magic". Una magia che era tutta nella mente geniale di Alex Chilton, eppure dolcissima e incantevole. Una volta che ero a Londra, tempo fa, un amico mi fece ascoltare un disco solista di Chilton dei primi anni 80. Pazzia pura. Come se Syd Barrett si fosse rimesso a fare canzoni. Fixing a hole.

Adesso, se solo riuscissi a trovare dove sono i miei dischi dei Big Star. Li impilerei di corsa nel mio ipod che perché diavolo non l'ho fatto prima. Ma forse si stanno nascondendo apposta.

Addio Big Star. Come cantavi tu, thank you, friend. Keep shinin' in the bright blue sky. Now stop fixin' a hole.

6 comments:

kaapi carla said...

Già.
A volte ci sforziamo di distinguere e dividere. prima, dopo, questo e quello. Invece l'essenziale ad orecchio/occhi/cuore, è proprio insieme, indiviso.
Che meraviglia!

Ancora, grazie e :-)
kc

Paolo Vites said...

che cosa straordinaria hai scritto. non so come ringraziarti

chiara said...

"Alex Chilton is the Thelonius Monk of the rhythm guitar” Tom Waits.

Paolo Vites said...

Tom is da man

hazel said...

Years go my heart was set to live,
But i've been trying hard against odds
It gets so hard at times like now to hold on
Well,i'll fall if i don't fight
And at my side is God..

The ballad of El Goodo

Maurizio Pratelli said...

adam duritz li adaorava, inevitabilmente. http://www.youtube.com/watch?v=hkOVji-qT2o

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