Wednesday, December 17, 2008

The ballad of Jacksie James

La prima volta che lo vidi, era seduto a un tavolo di ristorante, tra Eric Andersen e Rick Danko. Non parlava mai, mi faceva venire in mente il Phil Spector che si vede per pochi minuti nel film Easy Rider. Un personaggio misterioso e alquanto sinistro. Avrei giurato che nella tasca della giacca tenesse nascosta una calibro 45.
Poi ho imparato a conoscerlo. Un uomo, un mito. Uno dei pochi music fan che ha anche il dono dell’umorismo, che non passa il tempo a catalogare le b-side di dischi rari, ma preferisce una buona bottiglia di vino e la compagnia di qualche bella ragazza a noiose discussioni se sia più importante un disco di Dirk Hamilton o uno di Tom Russell. Anche se oggi l’alcol non è che lo regga più così tanto: una volta ho dovuto anche metterlo a letto, non riusciva neanche a togliersi i pantaloni. E dire che non avevamo mica esagerato così tanto.

In tempi impossibili, quando il mestiere di music promoter in Italia non esisteva neanche, parlo della fine degli anni 70, lui volò fino a Woodstock per fare conoscenza con una delle più grandi leggende della musica d’autore, quell’Eric Andersen che se il mondo girasse per il verso giusto oggi dovrebbe avere un posto a fianco, dal punto di vista del successo commerciale, dei vari James Taylor e Jackson Browne. Per quanto riguarda il posto artistico, quello di Andersen è ben al di sopra di Taylor o Browne. Nel 1980 lo portò a suonare in Italia. Che coraggio. Ma erano altri tempi, c’era talmente tanta fame di musica americana che, con una chitarra acustica e accompagnato da un bassista e basta, Andersen si trovò a suonare davanti a più di 3mila persone a un festival dell’Unità.
Le loro avventure on the road le racconterò un’altra volta, citerò soltanto che il buon Eric si spese quasi tutto l’ingaggio per comprarsi un vestito di Armani che poi dimenticò in albergo, mentre una delle sue girlfriend lo buttava fuori della camera pesto e sanguinante. Rock stars…

Con lui ho passato momenti indimenticabili, ad esempio guidando per le strade della Svizzera con a bordo Eric Andersen e Bob Neuwirth: ci mancava solo Bob Dylan e poi avremmo ricostruito esattamente una scena al Greenwich Village metà anni 60. Al ritorno da uno splendido concerto, riuscimmo anche a perdere la strada.
Devo dire che è anche un po’ bastardo: quando Andersen lo invitò a casa sua in Norvegia, dove alloggiava anche Lou Reed e a cui lui insegnò a cucinare gli spaghetti con sugo di pomodoro mentre questi canticchiava “walk on the wild side…”, venne anche portato a fare la conoscenza di Bob Dylan prima di un concerto di questi a Oslo. A me non mi invitò. Ma l’ho perdonato: in fondo, io non l’ho invitato quando Joni Mitchell mi ha invitato a casa sua. Me la sono anche fatta, questa non te l’aveva ancora raccontata, Jacksie.

Ecco, quello è il nome con cui lo chiamano gli amici e le leggende del rock che lui frequenta abitualmente, in quel di Carpi, tra Modena e Correggio: Jacksie. Da anni mi manda quello che è il regalo di Natale che più apprezzo: una compilation cd a tema. Ne ha fatte di tutti i colori: canzoni sulla guerra, sui fiumi o sugli outlaws del vecchio west. Ci trovo sempre pezzi rarissimi di cantautori formidabili di cu non avevo mai sentito parlare. Per non parlare della bonus track che quasi sempre ci infila dentro, un pezzo dove canta lui e suonano i suoi amici. Meglio degli Squallor.
Quest’anno ha festeggiato il decimo anniversario dell’iniziativa addirittura con un doppio cd, anche se devo dirti, caro Jacksie, che con tutti i grandi pezzi di Willy DeVille, perché mai hai pensato di infilarci una delle sue poche ma evidenti porcate, con quel synth e batteria elettronica?

Comunque io voglio bene a quest’uomo. È un amico, un grande amico. L’ultimo romantico, l’ultimo vero fuorilegge tra la via Emilia e il west. God bless you, Jacksie.
Ps: siccome è una star, non vuole essere ripreso dalle macchine fotografiche. Ecco perché una foto di Brad Pitt nei panni di Jesse James, ma in realtà lui è ancora più figo di Brad.

17 comments:

silvano said...

Bellissimo racconto, talmente letterario che credo sia vero (se non lo fosse sarebbe comunque bellissimo).
Grazie e su Andersen sfondi una porta aperta, un gran talento sempre, sin dai suoi dischi Vanguard.
ciao, silvano.

Paolo Vites said...

vero vero tutto vero!

a parte joni mitchell...

silvano said...

:)) Pecà, non bella ma donna estremamente interessante.

Anonymous said...

Eric Andersen...Mi impressionò una sera a Sesto Calende, insiemo con Danko e Fjeld...

Senti ma questo racconto va in Do You Believe in Magic 2? :P

Paolo Vites said...

ma c'eri a sesto calende???

Anonymous said...

vorrei aggiungere che il LEGGENDARIO Jacksie , alla fine degli anni 70 , era il programmatore numero 1 della radio oggi piu' ascoltata dell'emilia romagna.
questo signore si permetteva di programmare i vari Eric Andersen , Phil Ochs , Tom Paxton ,i Texani , i californiani ..., il tutto in tempi di night fever.
penso che molti 40/50enni di oggi (tra cui il sottoscritto )abbiano un grosso debito di riconoscenza nei confronti di questo scopritore di tesori musicali nascosti ai piu'.
god bless you jacksie
boom boom Albertone

Anonymous said...

E dài...ditemi di chi si tratta...io sono di Modena e probabilmente l'ho pure conosciuto radiofonicamente parlando....almeno un indizio....

Maurizio Pratelli said...

Anche il mitico Carlo Carlini mi ha fatto vivere cose memorabili, compreso Eric Andersen.....

Paolo Vites said...

per carlini non basterebbe un libro

Anonymous said...

tu inizia a scrivere, poi vediamo


Luca Skywalker

Anonymous said...

Rieccomi...giornata intensa.

Certo che c'ero a Sesto Calende! Una delle serate più incredibili della mia vita, dal punto di vista musicale. C'era anche quel fenomeno di Townes Van Zandt...Che roba...Tornai anche l'anno dopo. Ero un giovanotto affamato di buona musica, uno spirito libero :-)

Anonymous said...

Ho la fortuna di essere amico di Jacksie da 20 anni. Ho la sfortuna ;-) di essere uno dei suoi 4 consiglieri del cd che da dieci anni accompagna il nostro Natale e che ci tiene impegnati da settembre fino ai primi di dicembre tra scelte di temi e canzoni, liti con pugni sui tavoli perché questa canzone non va e un altra non sta bene dopo quella che la precede e via così con ribaltoni, contro ribaltoni, governi ombra e dispetti vari… Quest’anno, Jacksie, ha chiesto di tirare fuori le nostre 4-5 canzoni della vita. Credetemi, è impossibile. Per questo, ognuno, ha indicato alcune preferenze, con canzoni che non necessariamente sono le migliori di un artista ma sono state fondamentali in un certo periodo della nostra vita. Tutta questa tiritera per assumermi la responsabilità della canzone di Willy Deville. Chi, come me lo ha seguito fin dai primi passi, custodisce Cabretta, Return to Magenta e Coupe de Grace tre le cose che ha più care. Each words a beat of my heart non è nemmeno lontanamente vicina ad una delle 20 cose migliori del buon Willy quando era Mink. Ma quella canzone è importante; minore e con suoni oggi inascoltabili… ma per me importante… fa parte del “viaggio”.
Chi ha letto 31 canzoni di Nick Hornby ha capito di cosa parlo.
p.s. ho già chiaro il tema del cd di Natale 2009 ma non posso dirvelo, è una grande idea, svelarla adesso sarebbe come bruciarla…
C

Paolo Vites said...

ma perché anche gli amici di jacksie rimangono anonimi? :-)

scherzavo a proposito di willy deville eh..........

Anonymous said...

...è "il capo" che vuole il basso profilo...
ciao!
Claudio

Anonymous said...

piu di trenta anni sono passati da quando ,presentato da un amico comune,l'ho visto scendere dalla sua fiat 600 con quell'aria di chi "voleva essere dylan a tutti i costi".trasmetteva in una radio carpigiana,poche parole e ci ci siamo ritrovati a cena a parlare di zevon e tecniche di pesca.da allora tante mirabolanti vacanze,e ricordi strepitosi vuoi in riva a fiumi o davanti a fumanti carbonare.poi io e tanti altri siamo cambiati....piu "vecchi" temo,lui no e si presenta sempre con quell'aria di chi "vorrebbe essere dylan a tutti i costi".
p.s. tu con jacksie al massimo ti sarai perso in una nebbiosa pianura lombarda...io mi sono risvegliato per gli scossoni in una strada sterrata nel mezzo di di una foresta svedese e tomtom e cellulari non erano ancora stati inventati.e lui probabilmente pensando di essere ancora sulla superstrada canticchiava beato...
god bless you jacksie...forever young
walter

hazel said...

Solo Tom Waits poteva raccontare una storia del genere.

Paolo Vites said...

eh già dimenticavo che jacksie è anche campione del mondo di pesca nei fiumi... lo sport più noioso dopo il golf...

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