Tuesday, February 23, 2010

Photographs & memories

Quanti ragazzini hanno tenuto in mano una chitarra come possibilità, sogno di una vita diversa, affascinante possibilità di ingresso a un mondo diverso, un altro mondo. Quanti ragazzini l'hanno a un certo punto mollata lì, da qualche parte. George Harrison già sapeva, sebbene ragazzino come tanti, che quella chitarra non l'avrebbe mollata più, fino a farla piangere.

Altri, invece di stringere una chitarra, da ragazzini già stringevano fra le braccia una ragazza. Poi la chitarra l'avrebbero presa anche loro, per cantare con essa l'amore per quella ragazza, tante, troppe altre ragazze, poi donne. Come Bob Dylan, ragazzino
Quanti, diventati ormai vecchi, si sono fermati a ripensare a quella ragazzina, a quella chitarra. Tutte e due, la chitarra e la ragazza, per sempre nel cuore.
(Foto di Jeff Bridges)

22 comments:

antonio lillo said...

l'ultima foto di dylan è molto bella, molto bella e molto triste... ancora di più a confronto col ragazzo sorridente che era... sembra un reduce...
harrison invece è sempre rimasto lo stesso, un uomo timido e schivo, o almeno io lo vedo così...

stefano said...
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Paolo Vites said...

blues, dovresti aprire un blog. anzi, ti cedo il mio

anna said...

Precious memories, how they linger. How they ever flood my soul...

stefano said...
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stefano said...

Scusa, ho capito l'antifona rientrando a casa...

Laura said...

più dell'ultima, mi piacciono le prime due: hanno l'ingenuità della foto genuina. sono entrambe molto più 'in posa' della terza, ma quanto è più studiata questa...
le prime due non hanno nessun tocco né pretesa artistica, come invece la terza. ma quanta maggiore emozione mi comunicano...

Paolo Bassotti said...

Laura, non sono sicuro del fatto che la terza foto (bellissima) sia del tutto studiata. L'ha scattata Jeff Bridges, che forse si aggirava con la macchina fotografica nel dietro le quinte di Masked And Anonimous in cerca di immagini curiose. Non si può sapere con esattezza, visto che con Dylan ogni foto diviene documentazione del mito. Nel suo libro per Editori Riuniti "Bob Dylan - 40 anni di canzoni," il padrone di casa di questo blog trovava una metafora formidabile. Spiegava, nel capitolo su "Love And Theft," come il giovane Robert Zimmerman avesse indossato la maschera di Bob Dylan agli inizi della propria avventura nella musica, per poi togliersela nel 2001 e scoprire che il volto era diventato come la maschera.
Nella foto con la ragazza vediamo un giovane Robert, che non sospettava tutto quello che il suo viso avrebbe significato. Non immaginava nemmeno la maschera. Nell'ultima foto c'è invece tutto Bob Dylan, con il suo mistero, la sua grandezza e la sua umanità. Nello sguardo c'è il ricordo di quella ragazza e di quella chitarra, come dice Paolo. C'è il ricordo di un'ipotesi di vita nella quale non era stato messo in conto di cambiare il mondo.

Laura said...

paolo, credo che in questo caso abbia giocato la mia deformazione professionale. da sempre sono intrigata dagli sguardi dei ragazzi con cui lavoro. promesse, ci vedo tante promesse.
ed è emozionante vedere come, negli anni, le promesse si siano mantenute, o meno, quando li rivedo.

nel giovane bob ho visto tutte le promesse. fissa l'obbiettivo con sguardo fermo, eppure dolce.
il vecchio bob si perde lontano, e, davvero, è simile al suo ritratto.

i primi due sono il futuro. l'altro è il presente sul filo del passato. struggenti tutti. ma io sono (ancora? ancora per poco?) una che crede nel futuro, e lascia i rimpianti a quando non avrà più il tempo per pensarci...:-)

Paolo Bassotti said...

Un'altra grossa differenza sta nel fatto che nella prima foto possiamo immedesimarci, possiamo entrarci tutti. Nella seconda non ci può entrare nessuno. E Dylan resta solo.

anna said...

grazie Paolo B! anche d'aver ricordato Bob Dylan - 40 anni di canzoni!
: )

Paolo Vites said...

blues: che succede? mi sono perso qualche cosa?

io apprezzo i tuoi commenti

stefano said...

Ah! Evidentemente ho frainteso. Come spesso capita mi è sembrato di eccedere nella verbosità. Meglio così, in caso contrario avrei perso il 30% dei blog che seguo in un colpo solo.

stefano said...

C'è qualche anima pia che per caso si trova nelle mail il mio intervento 'removed by the author' delle 12:43 e se la sente di mandarmelo via mail che lo verrei rivedere e rielaborare? Grazie molte.

Paolo Bassotti said...

Anna, è un libro che mi fa piacere ricordare, in quanto è stato fondamentale, insieme a "La voce di Bob Dylan" di Alessandro Carrera, nell'accrescere la mia passione per Dylan e la mia comprensione della sua opera.

stefano said...

La foto di Dylan sembra un’ istantanea Polaroid, ed è datata Agosto '57. Ho spulciato tra le charts di quell'anno: 'Great balls of fire', 'Lucille', 'Whole lotta shakin' going on', 'Jailhouse rock'. Ho sempre ritenuto estremamente difficile capire, da qui, cosa mai avesse mosso - anzi, scatenato - il Rock and Roll nello spirito di quella generazione. Invece sembra sia tutto lì, in quella foto, in quello sguardo poco intimorito dall’obbiettivo della macchina fotografica e poco intimidito, per quegli anni, nello stringere a sè la ragazza che ama; in quel ciuffo di capelli così simile a quello del suo idolo, James Dean, ma anche a quello di Little Richard, altrettanto amato e ugualmente sovversivo. A parte questo, appare come un ragazzo normale, ben nutrito (a differenza di poi), medio borghese, figlio del suo tempo e della sua generazione, nulla più. Eppure diventerà un leader - non ufficiale - di quella generazione e molto più influente di tutti coloro che invece troveranno spazio nei libri di Storia Moderna degli Stati Uniti d'America. E di molti altri paesi. Quel ragazzo normale avrebbe da lì a poco deciso di mollare tutto nel nome di un sogno, con una innaturale ('sovrannaturale' per i più arditi)consapevolezza di avere il successo a portata di mano (non in quella che stringe la ragazza a sé ma nell'altra, quella che costruisce gli accordi sulla tastiera della sua chitarra). Consapevolezza che, incredibilmente, finì per coincidere con il suo destino.
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Un mese prima di questa istantanea John Lennon incontra Paul mcCartney: il Jackpot più alto mai vinto sulla ruota del Rock and Roll. La foto di Harrison sembra già un addio a chi in quel momento, sull'uscio di casa, lo sta fotografando. Forse aveva già conosciuto quei due e forse aveva già intuito con chi avesse a che fare. E' sereno, sembra anche sorridente. Ma l'espressione di George è sempre stata un 'sembra', uno sguardo lontano e sfuggente. Nulla di cui stupirsi nè da meravigliarsi da parte di uno che si rivolgeva a Dio, pregandolo con un insopprimibile 'I really want to know you'.

Paolo Vites said...

bellissimo, grazie

Il Bramba said...

Blues..ma da chi sono guidate le tue mani mentre batti la tastiera per scrivere cio' che posti ?
Bellissimi interventi, grazie.

Grazie in egual misura a te Paolo per i post che ci regali e per il modo in cui li scrivi.

Emiliano

Fausto Leali said...

chapeau, Mr. Blues

Maurizio Pratelli said...

avevo pensato a jim croce dal titolo. bella quella di jeff!

stefano said...

Qualche giorno fa, quando vennero pubblicate queste storiche foto (che in una famiglia normale si ritroverebbero a marcire di umidità in un baule della soffitta o della cantina, sotto montagne di altri insignificanti ritratti e paesaggi mal inquadrati) osservai la ragazza a fianco del giovane Robert: non per disdegnare i due grandi personaggi ritratti ma perché ero maggiormente incuriosito da un viso mai notato e un po’, forse, perché mi sono già trovato a vagheggiare sullo svolgersi delle esistenze che corrono a fianco di quelle comunemente conosciute come ‘straordinarie’. Per quanto l’immagine non sia limpidissima trovai molto bello il suo aspetto: pulito, candido come la sua camicetta e così simile a quello che le sue coetanee consideravano un mito: Audrey Hepburn. La bellezza di una vita nel pieno della sua primavera. Mi chiesi, fantasticando non poco, come il suo cammino avrebbe potuto svolgersi da quel momento in poi, a partire dall’agosto del 1957. Le possibilità erano ovviamente infinite, ma volli credere che l’incontro con quel ragazzo di sedici anni, figlio di un commerciante ebreo di Hibbing – tra l’altro presumibilmente abbastanza noto in una cittadina di poche migliaia di abitanti - avesse fatto la differenza, sospingendola per un breve, magico attimo dal vagone merci a quello di prima classe e segnando così la sua vita, per sempre, in maniera profonda. Magari 'Robert' è stato il suo Primo Vero Amore e forse il più grande della sua vita. Non che l’avesse conosciuto o amato molto più di quelli precedenti o di quelli che seguirono ma lui sembrava ‘speciale’, e passioni, sogni e ‘prospettive’ vissuti negli anni della scuola scavano un solco profondo in cui alla memoria degli adulti capita di abbandonarsi o di usare come salvagente nei momenti di maggiore sconforto. (continua)

stefano said...

Credevo di rintracciare il suo nome in qualcuna dalle biografie più o meno ufficiali ma sembra che la vita sentimentale di Robert sia iniziata appena l’anno successivo (il 1958) con quella che poi, immortalata nella musica popolare, divenne la ‘Girl From The North Country’: Echo Helstrom. Le loro vite, quindi, si separarono da lì a poco, per quanto, osservando oggi i loro fianchi così vicini e i loro profili che sembrano coincidere come i pezzi di un puzzle, non sembri affatto un’ipotesi verosimile. La ragazza senza nome ha magari cercato di non incrociare più la strada di Robert, il ‘figlio del commerciante di elettrodomestici’, per non vederlo vicino a quell’altra, la bionda, o ha cambiato strada per non vederla stretta a lui appena sentiva il rombo di una moto quando, più tardi, Robert se ne era comprata una. E quando ha saputo o, peggio, lo ha visto partire per New York ha semplicemente pianto, chiusa nella sua stanza con il viso sprofondato e nascosto nel suo cuscino, in una disperazione proporzionata alla sua giovane e sincera passione, consapevole della portata definitiva e irrevocabile di quell’evento. Il suo vagone merci si staccava definitivamente da quello della prima classe del suo amato, anche se ancora non lo sapeva, benché velatamente lo intuisse. Lo ha visto diventare una star. Magari lo ha visto su una rivista scandalistica tra le braccia di un'altra, e poi di tante altre. Lo ha visto giocare con i figli, in campagna. Come stava facendo lei, con i suoi. Ha seguito puntualmente le sue infinite avventure amorose e ha ascoltato le sue malinconiche canzoni d'amore rammaricandosi di non essere lì, a consolarlo. Lo ha visto invecchiare, cantare le sue vecchie canzoni alla Casa Bianca, davanti al Presidente. Lei, sempre lì, sempre attenta a lui, pronta ancora oggi ad accoglierlo come un vecchio, caro amico, nello stesso piccolo paese di provincia di mezzo secolo fa. Forse è segretamente, in fondo al suo cuore, ancora innamorata di lui, di un amore ideale arricchito da una carriera musicale senza grossi paragoni; innamorata come la prima volta che lo ha visto passeggiare lungo i marciapiedi di Hibbing, riconoscente di averla proiettata in un sogno lungo una vita. Magari 'Robert' aveva il Grande Amore a portata di mano ma non se n'è accorto e ora, anche se volesse, non può più tornare indietro perchè è Dylan. Chissà dove sei ora, ragazza senza nome.

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