Sunday, September 26, 2010

Solid air in Leeds


Correre in autostrada nell'ultima domenica di settembre, quando manca poco all'ora legale, all'inverno, all'oscurità incombente dei prossimi mesi, sotto il cielo di Lombardia sfavillante della luce che solo il cielo di Lombardia può - a volte - avere, tornando da una casa di matti - veri - può dar luogo a delle epifanie. Un cielo che sembra fatto di aria solida. Solid air. Mmmm. Musicali queste epifanie, ovviamente, ma come ben sappiamo noi, che siamo brutti ma abbiamo la musica, L. Cohen docet (a proposito devo ricordarmi di cattare su il suo nuovo dvd), vita e musica sono una cosa sola. E allora l'epifania musicale e quella esistenziale diventano una cosa sola.

Succede infilando nel lettore la versione deluxe di Live at Leeds, di John Martyn, originariamente uscito nel 1975 (anno in cui uscirono - uh - Blood on the Tracks di Dylan, Horses di Patti Smith e Born to Run di Springsteen fra gli altri) e adesso ristampato con un cd in più di altri brani live o tratti dalle prove del concerto.

Mi è capitato di conoscere Danny Thompson una sera ("DT, the original DT!" come lo presenta Martyn in questo disco), qualche anno fa. Un elegante signore over 60 accompagnato da elegante signora. A volte penso ai musicisti rock come ai sopravvissuti di una delle Guerre mondiali. Alcuni ce l'hanno fatta, molti altri no. John Martyn ad esempio no, Danny Thompson sì. Perché la musica rock, per chi l'ha vissuta a fondo, è stata una guerra, combattuta in quella golden age che curiosamente qualche tempo fa ho definito essere durata dal 1965 al 1975, l'anno in cui fu registrato e pubblicato questo Live at Leeds. Dieci anni per una guerra sono fin troppi, e tanto è durata la guerra del rock. La seconda guerra del rock perché ovviamente ci fu anche la prima Guerra mondiale del rock: quella durò dal 1954 al 1960. La terza Guerra mondiale, checché ne dicano alcuni, in realtà non venne mai combattuta.



Danny Thompson dicevo, c'era anche Danny Thompson in quella sera di delirio puro e di musica formidabile che fu la sera del 13 febbraio 1975 a Leeds. La sera in cui fu registrato questo disco. A Leeds cinque anni prima e un giorno dopo, il 14 febbraio 1970, avevano registrato uno dei più grandi dischi del rock anche gli Who, nello stesso luogo (la mensa della locale università che alla sera diventava sala da concerti). Ci doveva essere qualcosa di magico a Leeds, negli anni 70. Io manco so in che punto dell'Inghilterra si trovi Leeds. Ma ho il disco degli Who e adesso anche quello di John Martyn.


John Martyn e Danny Thompson

In molti conoscono di cosa era capace John Martyn negli anni 70, l'autore di uno dei dischi più belli di quel decennio, Solid Air, dedicato all'amico Nick Drake. Solo l'idea che John Martyn e Nick Drake si frequentassero mi fa uscire di testa. Tantè. Chitarrista acustico sopraffino, un piede nel folk e uno nel blues ed entrambi più che volentieri nel jazz, John Martyn. Ma dal vivo. Ah! Pazzia pura che invece ritrova sempre la strada per una musicalità formidabile. Ecco quello che susccedeva quella sera a Leeds. Ascoltarlo delirare a volte anche per lunghi minuti fra un brano e l'altro non è solo uno spasso, fa anche un po' paura: sembra di assistere alle liti fra ubriachi fuori di un pub, piuttosto che a battute fra musicisti su di un palco. Liti che in realt' succedevano davvero, finivano in risse con gi occhi neri e il naso sanguinante tra i due, ubriachi persi. E le sue gag,le sue imitazioni di personaggi dei cartoon o di chissà chi sono sconvolgenti. Le risate folli, una follia che avrebbe sempre più preso piede aiutata dalle bottiglie di whiskey. Delirio, appunto. Con la più lunga sequenza di "fuckin'" mai sentita su disco. Sid Vicious può andare a mangiare il gelatino. Che il vero punk era John Martyn e non i Sex Pistols.

E la musica naturalmente. Da paura anche quella: paura che aumenta per la presenza in quel concerto di Leeds del chitarrista Paul Kossoff, ex Free, che sarebbe morto un anno dopo, di infarto mentre volava verso New York, eroinomane perso. Ascoltare ad esempio gli oltre dodici minuti di trip cosmico nella psiche più perversa che è Outside In, l-epifania di cui parlavo prima: caos primordiale, ma invece tutto ricondotto a un ordine superiore, quello della musica straordinariamente comunicativa di questi musicisti sul palco. Che si gettano nel caos alla ricerca della strada, della nota perfetta, la trovano, la perdono e di nuovo si mettono a cercarla per arrivare ala fine della sarabanda cosmica sfiniti ma felici Wow. Anche l'ascoltatore deve tirare il fiato. E se pensate che Kossoff fosse gia sul palco con la sua Gibson elettrica, durante questo pezzo, invece no. Perche il genialmente folle Martyn suonava una acustica che poteva tramutarsi improvvisamente in elettrica e suonare contemporaneamente come se una chitarra acustica e una elettrica fossero suonate da due persone. E come cantava John Martyn, mica solo suonava l'acustica da dio. Ascoltarlo nel traditional Spencer The Rover: la sofferenza per la ricerca di una melodia totale nella sua voce è sconvolgente. Un po' come il David Crosby dei giorni migliori, la melodia perfetta, purissima, totale. Inarrivabile, ovviamente. O anche nella sempre dolcissima May You Never che apre il disco.Musica totale, music acosmica, musica dell'anima. Soul music.


E l'epifania, direte voi a questo punto. Non lo so esattamente. Ascoltando questo disco però mi è venuta in mente una frase di Albert Camus: "Non si ha bisogno di essere felici per ricominciare". Ecco la mia epifania di questa ultima domenica di settembre.

Ps: Live at Leeds in realtà non venne mai pubblicato ufficialmente. La Island, la casa discografica di John Martyn, si rifiutò. Martyn allora se lo pubblicò da solo e lo mise in vendita via posta, spedendo personalmente ogni singola copia da casa sua. In pochi mesi ne vendette 10.000 copie, un autentico successo. Live at Leeds fece così di John Martyn ilprimo artista indipendente della storia, decenni prima che nascessero le etichette "indie".

11 comments:

antonio lillo said...

questo è uno dei tuoi post più belli, si sente l'autunno fra le righe, quell'aria strana di certi pomeriggi d'autunno, come sospesa, e poi c'è questo senso della morte che da un pò (solo un pò?) aleggia nelle cose che scrivi, e quella foto di dylan in alto, caspita, è davvero diabolica, sembra venuto fuori dall'inferno... insomma mi hai messo i brividi, oggi, mr. vites. so cool, so blues.

Unknown said...

Un post di inebriante fulgore, per dirla a la Pirandello..
magnifico! sei un maestro!
un autentico limousine socialist, un faro assoluto per noialtri..

In Vites We Trust

Unknown said...
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Unknown said...
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Laura said...

Che il vero punk era John Martyn e non i Sex Pistols.

ossignur
ha detto più o meno la stessa cosa morgan durante l'intervista con dvds...:-)

andrea said...

Il 25 Novembre del '74 sul comodino di Nick Drake c'era "Il mito di Sisifo" di Camus...strane relazioni.
Ciao
Andrea

Paolo Vites said...

wow

kaapi carla said...

Ehi Vités !
La foto (qui sopra) e quella del template sconfinano di Blu Celeste, del Cielo e degli Occhi di Bobby...
Entrambi assolutamente iresistibili, luminosi, epifanici. Da batticuore. Come il post... ;-)

Ciaus
kc

Skywalkerboh said...

Splendido post, Paolo, l'ho letto almeno 3 volte

Luca

alexdoc said...

Anch'io curiosamente amo dividere le decadi del rock in base ai decenni della sua "età" a partire dalla sua nascita. E come te penso che la vera "golden age" sia il decennio 1965-75.

alexdoc said...

"La terza Guerra mondiale, checché ne dicano alcuni, in realtà non venne mai combattuta."

Bravissimo, Paolo.

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